Capitolo undici

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Tra l'appartamento di Stefano e casa mia ci sono una ventina di chilometri, che vuol dire che in condizioni favorevoli è una strada che si riesce a fare in un quarto d'ora se premi un po' sull'acceleratore, ma la nebbia che c'è questa sera mi impedisce di superare i quaranta chilometri orari e questo significa aggiungere altri venti minuti al tragitto, la qual cosa comporta che il viaggio duri un totale di almeno quarantacinque minuti e in queso momento quarantacinque minuti mi sembrano un'eternità, perché la testa ha iniziato a farmi male e mi sento molto stanca, accendo la radio per cercare di tenermi sveglia e le note di una cover di Space Oddity "tutta al femminile" ,come ci tiene a far sapere il DJ Radiofonico, riempiono la macchina. Sento brividi di freddo anche se il riscaldamento è accesso e dalle bocchette esce aria rovente. < Se devi ascoltare della musica almeno che sia decente >. Il volante mi scivola via dalle mani e riesco a riafferrarlo giusto in tempo per evitare di finire fuori strada. La voce che ho sentito era familiare e proveniva da uno dei sedili posteriori, so che se solo spostassi gli occhi sullo specchietto retrovisore dell'auto, potrei vedere chi è entrato nella mia macchina, ma non ho il coraggio, così continuo a guidare tenendo gli occhi fissi sulla nebbia che ho davanti e anche se vorrei premere sull'acceleratore, mi obbligo a mantenere la velocità a quaranta chilometri orari. La persona che è dietro di me e di cui credo di conoscere l'identità, anche se continuo a ripetermi che è impossibile e che tutto questo è solo un brutto scherzo, si sta schiarendo la voce rumorosamente, io invece ho iniziato a sudare freddo e le mani sono così scivolose che ad ogni curva, per quanto leggera, rischio di perdere la presa sul volante. Decido che se dovessi andare fuori strada non sarebbe così brutto e così inizio a spingere sull'acceleratore, fino a che la macchina, che è una vecchia panda rossa, non inizia a vibrare tutta e ora sono a quasi centodieci chilometri orari e mi aspetto da un momento all'altro di sbattere contro qualcosa, il tizio dietro di me ha iniziato ad agitarsi, lo sento muoversi sul sedile e adesso ha smesso di schiarirsi la voce, < rallenta > dice poi e io non rispondo e continuo ad accelerare, adesso siamo a centoventi, < così ti ammazzi > continua, e poi la macchina inizia a rallentare da sola e io sono completamente in preda al panico e continuo a spingere sull'acceleratore anche quando ormai è ovvio che la macchina non mi risponde più. La panda adesso si è fermata in mezzo alla strada e io rimango immobile, seduta, col volante ancora stretto tra le mani, senza sapere cosa fare. Penso che forse sarebbe il caso di mettere le quattro frecce, per avvisare gli altri automobilisti che ho un problema e che sono ferma, ma poi penso che se qualcuno mi tamponasse in questo momento sarei solo contenta perché non sarei più sola e ci sarebbe qualcuno che potrebbe aiutarmi a capire che cosa sta succedendo. < Andiamo a fare due passi? > mi dice la voce che adesso sento a fianco a me, < non posso lasciare la macchina in mezzo alla strada > rispondo io, continuando a guardare davanti a me, qualcosa mi sfiora la gamba e io mi irrigidisco, < andiamo a fare due passi > ripete la voce, < no > dico io, < cosa vuol dire no? > mi chiede sibilando, < non vengo con te > dico e poi decido di girarmi verso di lui perché la situazione stava iniziando a diventare ridicola e, seduto di fianco a me, con uno sguardo che è leggermente stralunato, c'è il ragazzo che già avevo visto in treno e che ormai sono sicura avevo già conosciuto da qualche altra parte, < mi stai facendo innervosire > mi dice lui a labbra strette, scuoto la testa, < da questa macchina non esco > aggiungo con la voce che ha iniziato a tremare. Lui fa una smorfia, poi inclina la testa, prima a destra, poi a sinistra, facendosi scrocchiate il collo, < davvero? > mi dice poi con un sorriso che mi fa rabbrividire e poi sento il sedile che inizia a diventare bollente, come se non fosse più fatto di stoffa, ma di fuoco puro, il mio respiro si fa irregolare, mentre il calore si infiltra nel giubbotto e poi nei pantaloni e poi sulla pelle e brucia così tanto che l'unica cosa che voglio fare adesso è scappare dalla macchina e da questo sedile e quindi è col il fiatone che mi slaccio la cintura e la paura è talmente tanta che quasi non mi accorgo della linguetta bollente che mi ustiona la mano, apro la portiera e mi getto sulla strada. Dovranno essere passati sì e no cinque secondi da quando il sedile ha iniziato a bruciare e sono sicura che il ragazzo fosse seduto di fianco a me, ma adesso lui è in piedi, fuori dalla macchina, ha le mani infilate nelle tasche del suo lungo cappotto scuro e mi sta guardando divertito, < finalmente > dice muovendo un passo verso di me, < mi stavo iniziando ad annoiare > continua, vorrei rispondergli, ma la mia testa è vuota e so che se aprissi la bocca sarebbe solo per urlare, quindi rimango in silenzio a guardare con occhi sgranati il ragazzo che passo passo mi si avvicina, < muoviti > mi dice poi girandosi verso la strada, < non ho voglia di stare fermo >, io mi guardo intorno chiedendomi se abbia senso provare a scappare, la strada è libera e la nebbia potrebbe aiutarmi a nascondermi, ma poi penso a come il ragazzo sembri riuscire a smaterializzarsi e riapparire ovunque e la voglia di correre mi passa. Lo seguo perché non so cos'altro fare. < Appartieni a me > mi dice lui mentre guarda la strada davanti a se, una macchina ci passa a fianco e inizia a protestare con colpi di clacson e allora io inizio ad agitare le braccia nella speranza che mi veda e si fermi, ma lui mi alza il dito medio mentre tiene premuta la mano sul clacson e ci urla qualcosa del tipo: parolaccia "levatevi dalla strada" parolaccia parolaccia e poi scompare nella nebbia, < bel tentativo > si mette a ridere il ragazzo, < magari la prossima volta andrà meglio >, io abbasso la testa e non rispondo, continuiamo a camminare per una decina di minuti, vedo che lui vorrebbe dirmi qualcosa, ma non capisco perché non inizia a parlare e basta, si tortura le mani che adesso sono fuori dalle tasche del cappotto e gli occhi sono fissi sulla strada, poi sbuffa < adesso appartieni a me > mi dice di botto, < cosa scusa? > gli chiedo io perché per quanto sia terrorizzata, quella frase era davvero troppo ridicola per prenderla sul serio, < appartieni a me > ripete con meno sicurezza, < non capisco cosa vuoi dire > gli faccio io e lui si gira verso di me e mi ringhia di non renderlo più difficile di quanto già non sia, < sei mia, devi ubbidirmi, dovrai fare tutto quello che ti dico. La tua vita non ti appartiene > , io annuisco come se tutto quello che ha detto fosse chiaro, < non credevo sarebbe successo a me > dico dopo un po', < oddio > faccio poi, < qualche premessa c'era, ma non credevo sarebbe stato tutto così veloce >, lui si gira verso di me e sul suo volto leggo un'espressione che non avevo ancora visto, non che per il momento mi avesse fornito una ricca tavolozza di emozioni, ma questa era particolare, non credo che avrei mai avuto la possibilità di vedere una così totale confusione sul suo volto, < la pazzia > gli spiego e quando gli parlo sento una calma che mi stupisce, < credevo che si manifestasse in maniera più graduale >. Lui adesso si è fermato e mi guarda come se fossi io il mostro e si porta la mano bianchissima tra i capelli e mi chiede che cazzo sto dicendo, ma non mi lascia il tempo di rispondere che riattacca a parlare e mi dice che adesso si aspettava una reazione un po' più eclatante, si aspettava che iniziassi ad urlare e a scappare e che cercassi di inseguire le macchine che ci passavano di fianco in cerca di aiuto, < volevo scappare > gli faccio io, < ma non credo sarebbe servito >, < no che non sarebbe servito > mi fai lui, < ma una persona normale ci avrebbe provato comunque >, < dici che ci devo provare? > mi accorgo solo alla fine della frase che probabilmente questa è una delle domande più stupide che io abbia mai fatto, < lascia stare > mi risponde lui esasperato, poi inizia a camminare e io mi metto a seguirlo, < non so se voglio vivere il resto della mia vita da pazza > gli confido e lui sbuffa, < non sei pazza > mi dice, < e poi tutti i manicomi sono chiusi >, < non sei pazza >, < dovrei tornare dai miei genitori, dovrebbero lasciare il loro lavoro per prendersi cura di me >, < non sei pazza > noto distrattamente che la sua voce è aumentata di tono, < che vita farebbero? >, < non sei pazza > urla lui e io mi giro a guardarlo e il suo volto è deformato dalla frustrazione, credo di averlo fatto incazzare, ma non mi interessa, < non è che se urli ci credo di più > gli dico e lui sbuffa e inizia a borbottare qualcosa su quanto sia sfigato e se tra tutte le persone che esistono proprio io gli dovevo capitare e che avrebbe fatto bene ad uccidermi quando gli era venuto il dubbio che fossi una deficiente; inizia a toccarsi il mento con fare nervoso e poi si gira verso di me < il tuo amico mi ha visto > mi dice, < quello sul treno > e io annuisco, < è vero > dico, < che strano. Quanto è probabile che anche lui sia impazzito? >, < molto poco >, < molto poco non vuol dire impossibile >, lui sospira < se anche fosse impazzito anche lui avrebbe avuto le sue visioni, non le tue >, io rimango in silenzio mentre cerco di elaborare le nuove informazioni, < non c'è la faccio più > sbotta lui dopo un po' , < ti sei decisa? >, < non del tutto > confesso io, < se mi vedessi interagire con qualcuno che non sei tu, se mi vedessi parlare con qualcuno, se fossi in mezzo ad altra gente, ti convinceresti? >, < forse > gli rispondo io, < forse non mi basta >, < non posso costringermi a credere a una cosa di cui non sono convinta > frigno io, < proviamoci comunque > risponde lui, < ho fame >.

Nascita dell'Anticristo #wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora