22. Spezzati una gamba!

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«Dove mi stai portando?» e da più o meno dieci minuti che sta guidando la moto. «Abbiamo una meta?»

«No.» lo sento ridere e gli colpisco piano la schiena. «Anche se non si ha un posto dove andare, non significa che non ci si può divertire, no?»

«Lo sapevo, sei un maniaco sessuale!»

«Certo che no, Grace.» dice con aria annoiata, ma subito dopo lo sento ridacchiare. «Conosci la barzelletta del maniaco sessuale e della bambina?» gli rispondo di no e lui inizia a raccontarla.

«C'è un maniaco sessuale e una bambina che entrano in un bosco. È tutto buio e si sentono suini strani. Il maniaco sessuale e la bambina entrano sempre di più nel bosco, ad un certo punto la bambina dice al maniaco: "Signore, ho paura."» scimmiotta la voce e dopo una piccola pausa riprende la barzelletta. «Il maniaco a sua volta gli risponde: "Immaginati io, che dopo devo ritornare da solo".»

«Ma dove le trovi certe barzellette? C'è ne sono molto che fanno davvero ridere.» dico e smette di ridacchiare.

«Ah si? Allora dimmene una.» mi sfida e inizio a pensarne una.

«Al momento non mi viene in mente niente.» cerco di giustificarmi perché le mie barzellette fanno davvero pena, quindi meglio non dire niente. «Quando ne avrò una, sarai il primo ad ascoltarla.» gli dico e vedo che sta rallentando e dopo un po' parcheggia in mezzo al nulla. Fantastico.

«Le mie battute lasciano tutti senza parole. Ho vinto, mia cara Jane.» dice e scende dalla moto ed io faccio la stessa cosa.

Alzo gli occhi al cielo e sospiro. «Certo, Jeff.» dico in tono ironico e poi mi osservo intorno. A parte la strada, sia a destra che a sinistra, ci sono solo colline e pianura. Vedo che lui inizia a camminare verso una collina, lasciando la sua moto lì, incustodita. «Hai intenzione di lasciare la tua moto lì? Tu sei pazzo!» lui si gira per osservarmi e fa un sorrisetto.

«È solo una moto, rilassati.» apro la bocca, ma sono senza parole. Che ci posso fare io; le macchine, ma soprattutto le moto sono il mio punto debole. Ok, forse sto esagerando, ma è un insensibile.

«Dai, vieni, non gli succederà niente.» va bene, forse ha ragione; sono un po' paranoica. Lui continua a camminare ed io lo seguo, ma prima mi sono tolta i tacchi. Non ho proprio voglia di cadere.

«Qua è perfetto!» perfetto per cosa? Lo osservo, mentre si sdraia e inizia a guardare il cielo ormai blu scuro, quasi nero, pieno di stelle; un mare di stelle.

Mi sdraio vicino a lui e appoggio i tacchi al mio lato. Credo che avrei fatto meglio a portare una giacca o una felpa perché, nonostante sia estate, questo vento è abbastanza freddo.

«Come mai eri alla cena di beneficenza?» gli chiedo visto che durante tutto il viaggio ci ho pensato.

«Avevano invitato la mia famiglia. Sono arrivato dopo, ma ti ho vista lì in preda al panico e ti ho rapida.» si gira verso di me e ci guardiamo negli occhi. Non ci ho mai fatto molto caso, ma i suoi occhi sono davvero belli; sono verdi scuri e man mano che l'iride si avvicina alla pupilla diventano chiari e poi si mischia con un tocco di arancione. Durante questo tipo di sguardi non riesci a pensare a cosa potrebbe succedere, a quello che sta intorno oppure perché sta succedendo, ma invece mi sto domandando cosa sta pensando lui in questo momento. Il suo sguardo sembra triste, forse nostalgico. Rimaniamo così senza dire niente per vari secondo, forse minuti, ma non mi stanco di questa situazione, anzi mi vengono solo tante domande che forse non avrò mai una risposta.

Lui si gira e si rimette ad osservare le stelle. «Ho bisogno di bere.» si alza e mi aiuta ad alzarmi. «A volte non pensare fa bene.» arriviamo alla moto e saliamo.

Cosa stava pensando mentre mi guardava?

L'aria fresca di questa sera aumenta con la velocità, e visto che non ho neanche una felpa o una giacca sto morendo di freddo. Aggancio le mie mani alla sua vita e poi mi appoggio alla schiena per cercare di ripararmi dall'aria. «Ho freddo, non male interpretare.» gli dico e lo sento ridacchiare.

«Certo, Jane.» dopo vari minuti inizio a vedere le luci di una città un po' familiare.

«Dove siamo?» gli chiedo mentre si ferma davanti un semaforo.

«Siamo usciti da Nashville, infatti ora ci troviamo in una piccola cittadina nei dintorni.» mi risponde. In pochi secondi realizzo che siamo in una cittadina vicino alla quale Moon è la superstar. Spero che nessuno sappia chi sia quella demente di Moon.

Scendo dalla moto dopo che Nathan l'abbia parcheggiato. «Sei mai stata da queste parti?» mi chiede mentre mi guarda con la coda dell'occhio.

«No.» dico e mi avvicino a lui. Si, ci sono stata, soprattutto in questo bar, con Colen un paio di volte, dopo una festa di Sett. Ci sediamo al bancone e lui ordina qualcosa per lui e una cosa per me.

Una Coca-Cola?

Prima che lui ingerisca il suo shot, lo intercambio con il mio bicchiere di Coca-Cola. Lui deve guidare, io no. In un sorso lo bevo e ci guardiamo.

«Tu devi guidare quindi non ci pensare neanche.» gli dico puntandogli il dito. Lui mi guarda male e schiocca le dita e il barista gli appoggia un altro shot sul bancone. «Azzardati.» gli dico serie mentre lo guardo con sfida.

«Mi minacci, Jane?» mi dice mentre sta per prendere il bicchiere.

Con un movimento rapido prendo il bicchierino. «Ti sto dando un consiglio indiretto, Jeff.» bevo il liquido e appoggio il bicchierino.

«Reggi l'alcol? Lo fai spesso?» mi chiede con un sorrisino sulle labbra. Vorrei prenderlo a pugni in questo momento.

«Qual'è il tuo obbiettivo, Jeff?» chiedo avendo in mente già una idea. Nathan, eri tu in quella macchina rossa, la targa non mente mai. Non mi farò sgamare da te.

Sento qualcuno entrare e inizia a salutare tutti. Non ci faccio caso, ma appena Nathan prende un altro bicchierino ed io glielo tolgo per una terza volta, qualcuno mi chiama, ma non dal mio nome. Ti prego non girarti, Grace.

Guardo Nathan e non faccio caso a quella persona. «Bevi la tua Coca-Cola e zitto Jeff.» qualcuno appoggia la sua mano sulla mia spalla e di colpo mi irrigidisco. Mi giro e riconosco subito chi è: Colen.

Lo guardo come se gli volessi dire: ti prego, non farlo. «Scusa, ti ho confuso per un'altra persona. Buona serata.» faccio le spallucce e in tutto questo Nathan non ha smesso di osservare sia me, sia lui. Ci sono sei bicchierini vuoti sul bancone e prima c'era la metà.

«Andiamo?» lo guardo per spiegazioni, ma so che non le otterrò. Annuisco e usciamo da lì.

«Tu, invece, reggi l'alcol? Sai non voglio morire per colpa di un idiota.»

«Sotto la mia responsabilità, non ti succederà mai niente, Jane. Fidati un po' di me.» si mette il casco e accende la moto. Salgo anch'io e inizia a percorrere la strada per tornare a casa.

Mi stringo a lui e chiudo gli occhi mentre penso a cosa dovrò fare domani. Dovrò parlare con Trevor e con Colen. Dovrò cercare di risolvere questa cosa di Nathan e poi devo portare i soldi in banca perché nel mio armadio per sempre non possono restare.

Finalmente arriviamo a casa e parcheggia nel suo garage. «Devo entrare dalla mia finestra, spero di non spezzarmi una gamba.»

«Hey, buona fortuna! Anzi...» mi giro verso di lui e lo guardo confusa. «Spezzati una gamba!»

«Era un incoraggiamento o lo dicevi sul serio?» gli chiedo, ma lui sorride e chiude la porta. Mi incammino verso casa mia e prima di arrapicarmi mi tolgo i tacchi. Entro in camera mia e dalla finestra vedo Nathan per un secondo... Stava sorridendo?

•••

Non so quando aggiornerò, ma intanto c'è questo nuovo capitolo❣

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