Capitolo 11

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Il viaggio in treno non dura molto, ed io e Peeta non parliamo per niente. Forse ci è rimasto male per quello che gli ho detto ieri sera, ma è la verità. Non voglio figli ora. Però non voglio iniziare a parlare di quest'argomento con lui, così per sciogliere la tensione gli stringo la mano. "Ehi che c'è?" mi chiede. "Niente. Hai visto che bel paesaggio?" dico indicando il finestrino. "Si, avevo intenzione di memorizzare tutte le sfumature per crare un quadro." mi dice sorridendo. "Fantastico. Così potremmo appenderlo in salotto. Sono sicura che sarà perfetto"  dico. Lui mi bacia. Sono felice che ci siamo chiariti e che siamo tornati come prima. "Appena arrivo al 12 devo correre in panetteria" mi dice. "Oh perchè?" chiedo. "Devo svolgere un lavoro urgente. Torta di compleanno. Devo finirla entro domani" risponde. "Va bene. Sarai a casa entro l'ora di cena vero?" domando. "Si si certo" dice lui. Come previsto appena arriviamo nel 12 lui corre in panetteria. Non so se fidarmi di quello che mi ha detto, però ci eravamo promessi di non mentirci più quindi gli credo. Passo l'intero pomeriggio a leggere il libro delle piante di mio padre, quello che abbiamo completato io e Peeta, poi verso sera incomincio a preparare da mangiare. Appena finisco mi metto seduta e aspetto il mio ragazzo del pane. Dopo mezz'ora lui non è ancora tornato, così lo chiamo al telefono del negozio. Ma niente, non risponde. Decido di andare a cercarlo. Attraverso le strade del 12. Sta sera fa un pò freddo, segno che sta arrivando l'autunno. Per fortuna ho portato una giacca, sia per me, che per Peeta. Le luci della panetteria sono accese. Appena entro nel negozio non c'è nessuno, così decido di andare sul retro. Peeta è sul divano, che dorme beatamente. Ha le mani sporche di verde e i capelli tutti arruffati, penso che ci sia del colore anche tra le sue ciocche bionde. Mi avvicino molto lentamente e mi inginocchio accanto a lui. "Peeta" chiamo dolcemente. Ma lui non si sveglia, così inizio a scuoterlo piano. "Si sono sveglio, che c'è?" dice alzandosi di scatto. "Non sembra" dico ridendo. "Oddio ma che ora è?" dice stropicciandosi gli occhi. "E' tardi e tu dovresti essere a casa" dico. "Casa?" dice guardandosi attorno "Ma siamo sul retro della panetteria". "Meno male che eri sveglio" dico. "Mi ero poggiato un attimo sul divano" dice "E tu non m'insultare". "Si va bene" dico ridendo "Ho provato a chiamarti, ma naturalmente eri qui che dormivi come un bambino, mentre io ero a casa a preoccuparmi per te". "Scusami davvero. Dovevo riposarmi due minuti, finire la torta e tornare a casa. No...la torta! Non l'ho finita" dice "Dovrò tornare qui domani mattina per finirla". "Allora andiamo a casa, hai bisogno di dormire" dico. "Scusa. Non volevo farti preoccupare. Senti, per farmi perdonare, ti invito a cena domani sera. Che ne dici?" chiede porgendomi la mano. "Daccordo" dico poggiando la giacca sulla sua mano. "Non volevo la giacca. Volevo la tua mano." "E se io non volessi darti la mia mano?" domando. "Allora io farei così" dice Peeta avvicinandosi e baciandomi. "Lo sai che di amo?" mi chiede. "Certo che lo so" dico appoggiando la mia fronte sulla sua "E tu lo sai che io ti amo di più?". "Mmm...non credo. Però so che tu ami me ed io amo te, e questo mi basta" dice porgendomi di nuovo la mano. Questa volta la prendo, ed usciamo dalla panetteria dirigendoci verso casa.

Il dente di leone che fiorisce a primaveraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora