Capitolo 30

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"Peeta!" urlo appena mi sveglio. Sono seduta su una sedia al centro di una stanza tutta bianca. Di fronte a me c'è una porta. Cerco di alzarmi, ma mi accorgo di essere incatenata. Mentre cerco di liberarmi la porta si apre. Entra una donna di mezza età. Ha capelli scuri, con alcune ciocche grigie, e gli occhi...quegl'occhi, gli ho già visti. Accanto a lei c'è l'uomo che ha stordito Peeta. "Finalmente si è svegliata signorina Everdeen" dice. "Chi siete? Cosa volete da me? Dov'è Peeta?" chiedo tutto d'un fiato. "Stia calma" dice. "Voglio sapere cosa volete?" chiedo ancora. "Cosa vogliamo? Semplice...potere" dice. "Cosa?!" domando. "Si, ha capito bene...potere" ripete. "Chi è lei?" chiedo impaurita. "Sono Rosalin Snow" dice. "C-come?!" chiedo scioccata. "Si tesoro, sono la sorella del nostro caro e defunto presidente Snow" risponde. "E cosa vuole da me?" domando. "Ecco, come ben tu sai, da quando mio fratello non c'è più, il potere è passato nelle mani della presidente Paylor e quindi nelle mani dei distretti. E noi siamo diventati invisibili. Non abbiamo più tutto il lusso che c'era prima, non abbiamo più il nostro passatempo preferito, ovvero gli Hunger Games, ma soprattutto non abbiamo più il potere" si ferma per scrutare Katniss e poi continua "e secondo lei di chi è la colpa? Oh, ma guarda un pò...sua. Non posso tollerare che una ragazzina mi tolga tutto ciò a cui voglio davvero bene. Però, lei mi può essere d'aiuto". "In che modo?" chiedo. "Lei ed il suo amato ragazzo del pane siete i miei ostaggi. Tra qualche giorno andrete in diretta nazionale, e direte a tutti che se non riavremo il potere...morirete". "Non lo farò MAI" urlo. "Davvero, tesoro, ne sei sicura" dice mentre l'uomo mi da uno schiaffo "vuoi davvero aumetare la tua dose giornaliera di tornure?". "Cosa?" chiedo. "Tu farai quello che ti dico" dice. "E se io non volessi?" domando. "Ti uccideremo" risponde. "Non m'importa" dico. "Allora uccideremo Peeta" dice. Il mio cuore si ferma per un secondo appena sento quella frase. "Vedo che hai capito" dice. "N-non toccate Peeta" dico. "Mi dispiace ghiandaia imitatrice, abbiamo già iniziato" dice mentre si avvia verso la porta "ed ora inizieremo anche con te". Appena Rosalin esce dalla stanza l'uomo mi slega e mi butta a terra. "Togliti la maglia" urla. "NO!" dico. Lui mi tira per i capelli e mi sbatte contro il muro. "Togliti quella schifosissima maglia, ORA!" dice. Io lo spingo. "NO!" urlo di nuovo. Lui si scaraventa addosso a me ed inizia a togliermi la maglietta. Io cerco di liberarmi dalla sua presa, ma invano. Riesce a togliermela e mi butta a terra. Inizia a frustarmi senza pietà. Lo imploro di fermarsi, ma lui non mi ascolta. Dopo 10 frustate svengo per il dolore atroce. Quando mi sveglio non sono più nella stanza bianca. Sono sul pavimento di cella, buia e grigia. Addosso ho un camice bianco, simile a quello che usano i malati negli ospedali. Cerco di alzarmi, ma non ci riesco. Mi tocco leggermente la pelle nuda della schiena e sobbalzo. 10? 20? 30? Quante frustate mi ha dato? Non lo so. So solo che il dolore è atroce. Fuori dalla cella, seduto su una sedia c'è un'altro uomo. "Quanto ho dormito?" gli chiedo. "Niente domande" dice. "Ti prego" dico. "Quasi un giorno...ora basta domande" dice. "Dov'è Peeta?" domando. "Sei per caso sorda ragazza di fuoco? Ho detto niente domande" urla. "Ti prego, ti supplico. Dimmi almeno se sta bene" chiedo. Lui rimane in silenzio per qualche minuto, poi mi parla. "Di certo non è messo meglio di te".

Il dente di leone che fiorisce a primaveraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora