E così l'estate dopo la festa di fine anno continuò, purtroppo non ci organizzammo più per andare al mare. La sera capitava che zia Marisa o zia Grazia quando la sostituiva, concedesse alle ragazze della sesta casa di vederci e stare sulle scale di casa loro in compagnia per passare un po' di tempo insieme prima di andare a dormire. A volte ci fumavamo una sigaretta insieme oppure chiamavano i ragazzi della settima e della seconda, che segretamente a volte si giravano tra di loro.
Il pensiero unico di tutti quanti al villaggio ormai era solo Caldonazzo: per tutta la mia permanenza al villaggio già da quando arrivammo, i ragazzi non fecero altro che parlare di questo posto, di quanto fosse orribile il cibo tedesco in cui in ogni cosa mettevano la cipolla, del lago, i bagnini, degli altri villaggi, sia stranieri che di quello di Roma, o quelli tedeschi, delle feste, e degli educatori che li accompagnavano e di quanto in se fosse un'esperienza orribile. Ci raccontavano alcune esperienze, aneddoti e cose accadute negli anni passati. C'era un'atmosfera particolare attorno a noi di questa attesa per la partenza, tutti erano nel pieno dei preparativi per l'occorrente. Anche io e i miei fratelli dovevamo partire e vivere la nostra prima esperienza in Trentino, e con le nostre educatrici eravamo impegnati nel comprare tutto ciò che ci servisse e che non avevamo. Anna prima di partire mi comprò un cellulare con i tasti che poteva chiamare e mandare i messaggi, così da potermi sentire con mia madre e lei durante la nostra "vacanza". Comprò anche a me e ai miei fratelli due macchine fotografiche usa e getta dal fotografo, così che potessimo scattare delle foto se ne avessimo voluto.
Il raduno per la partenza era fissato alle otto di sera meno un quarto giù davanti alla direzione, la sera del 17 luglio 2014. Verso le sette e mezza di quella sera, si incominciarono a sentire rulli di valigie per tutto il villaggio. Mi affacciai dalle scale e vidi giù sul parco le ragazze della sesta casa trascinare i loro trolley verso la discesa, e i ragazzi della settima portare anche loro le proprie valigie giù. Anche io e i miei fratelli allora decidemmo di scendere. Non stavo più nella pelle, ma ero allo stesso tempo preoccupata. A casa eravamo rimasti solo io e i miei fratelli con zia Daniela, che doveva chiuderla. Presi il mio enorme borsone e con calma e tutta la forza che avevo con me lo portai giù fino davanti alla direzione, accompagnata dai miei fratelli che portavano con se i loro borsoni anche loro. Una volta tutti radunati, cominciammo a salutare chi non dovesse venire con noi, e finalmente tutti salimmo sul pullman GT pronti a partire verso una nuova avventura. Salutammo anche mia madre, che riuscì a risentirsi con mia nonna, così anziché rimanere al villaggio con Marta, partì anche lei la sera stessa dopo di noi con un pullman che partiva da Brindisi per andare a Palermo dai parenti siciliani dopo essere stata accompagnata dalla zia alla fermata del pullman che avrebbe dovuto prendere.
Gli educatori che ci accompagnarono furono Michela, la responsabile del nostro Villaggio in trasferta, zia Annarita, e conoscemmo Carlo, un volontario veterano che doveva essere il responsabile dei ragazzi. Mi misi seduta il più comoda possibile al lato del finestrino per osservare il paesaggio mentre lentamente ci allontanavamo dalla nostra casa. Zia Annarita con la sua macchina fotografica ci scattava delle foto, mentre Michela non ci mise due volte vedendoci con i cellulari, a ordinarci che alle 22 tutti dovevano essere spenti, intanto io nel tragitto mi messaggiavo con Mariangela. Diverse volte i ragazzi infondo si fanno riprendere da Michela perchè parlavano e scherzavano ad alta voce, ma dopo un po' finalmente arriva la tregua e finalmente si gode nel Pullman un momento di silenzio. Presto vicino a me si sedette Fatima, una delle due gemelle della seconda casa, una bambina intelligente, dal cuore tenero, di sette anni, che mi tenne in compagnia durante il tragitto. Intorno alle 21, ci fermammo in una stazione di servizio,un autogrill a Trani, per fare una sosta e cenare con qualche pezzo di focaccia e dei succhi che vennero distribuiti a tutti noi. Prima di ripartire aspettammo che tutti avessero fatto i propri bisogni fisiologici, risalendo poi ci venne distribuita una bottiglietta in caso di sete durante il viaggio e ripartimmo.In quel silenzio riuscii a sonnecchiare un po' stringendomi nella mia copertina provando tutte le posizioni possibili per addormentarmi in qualche modo e riposarmi il più possibile. La mattina seguente fummo svegliati tutti nonostante le tendine, per fermarci a fare colazione con una merendina, alle sette eravamo già a Verona, e presto saremmo arrivati a Trento,mancava poco alla destinazione, a quel punto ne approfittai e accesi il telefono e trovai dei messaggi da parte di mia madre a cui non persi tempo a rispondere. I monti attorno a noi si ergevano verdi e maestosi e indicavano che eravamo vicini alla nostra destinazione. Pian piano dopo tante lunghe gallerie per la strada del Brennero, si scorse alla nostra destra un vasto lago, insegno che eravamo arrivati: era il lago di Caldonazzo. Man mano che ci avvicinavamo sempre di più, tutti cominciarono a fare il conto alla rovescia su quanti secondi mancassero all'arrivo e finalmente alle 10 del mattino varcammo il cancello del Campeggio, pronti a scendere giù dal mezzo dopo 12 ore di viaggio. Eravamo arrivati in anticipo e chi c'era prima di noi al bungalow a noi destinato se ne stava andando. Quando Michela tornò dal capo campo e ci diede il via libera, siamo scesi tutti giù e cominciammo a svuotare il bagagliaio da tutti I nostri bagagli e le nostre forniture come i fusti di bottigliette d'acqua e li portammo al bungalow aiutandoci con il trattore. Una volta sistemate tutte le valigie davanti alla nostra postazione cominciammo a fare grandi pulizie, anche nelle tende. Spolverammo tutti gli armadietti e i davanzali, lavammo tutti i lavandini, le docce e i sanitari esterni e interni e rimuovemmo qualsiasi tipo di insetto. Quando finalmente terminammo di fare le pulizie di primavera e il nostro ambiente fu pronto, entrammo nei locali: le due tende con quattro letti a castello in ognuna di esse, in cui c'erano i ragazzi più grandi, mentre i ragazzi più piccoli avrebbero avuto i posti nel bungalow piccolo: appena si entrava nella porta a sinistra c'era un piccolo salottino con una cucina e il corridoio portava alla zona notte e al bagno di cui ne usufruiva solo Michela e due camere, una sua e una dei ragazzi più piccoli, dove c'erano sei letti a castello e in cui avrebbe dormito mio fratello in uno di essi. La porta a destra dava accesso al bungalow grande: appena si entrava c'era una piccolo camera con un letto a castello destinato alle educatrici, mentre continuandosi trovava una camerata con 14 letti a castello, destinati alle ragazze e alle bambine, eravamo di più e per questo motivo fummo sistemate nella struttura.Infondo, una porta dava accesso ai lavandini e un'altra al bagno con la doccia. Dietro la casetta c'erano gli stendini e i fili per stendere, una scarpiera, e ai lati c'erano la doccia e il bagno esterno. Tutti i bungalow erano collegati a due a due ed erano strutturati in modo simmetrico: con i nostri vicini tedeschi condividevamo i lavandini con cui potevamo lavare i nostri vestiti o le stoviglie. Quando ci portarono le lenzuola e le coperte potemmo cominciare a prendere posto e decidere i nostri posti letto,così da poter cominciare a disfare le nostre valigie e sistemarci.
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SCREAM. (IN REVISIONE)
Non-FictionCosa vuol dire rimanere in silenzio ed essere spettatori della propria vita? E mantenere gli urli disperati nella propria gola, senza mai reagire? Tratta da una storia VERA. Questa è la mia storia. Tutto ciò che è scritto è accaduto realmente. Ed...