CAPITOLO 17

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Apro gli occhi, sono rannicchiata in un angolino di quella che é una piccola stanza buia a me familiare. É la stanza dei miei incubi.

Sento dei passi, il pavimento di legno marcio cigola.
"Cazzo, che cazzo ho fatto!? Sono nella merda! Ma quella puttana se lo meritava..."
Ethan. Sembra disperato, chissá cos'ha combinato.
Mi alzo e mi guardo intorno aspettando di vedere la sua folta chioma bionda.
"Ethan!" Lo vedo rannicchiato all'angolo opposto, mi avvicino sedendomi affianco a lui, ma lui sembra non accorgersi della mia presenza.
Gli passo la mano davanti agli occhi un paio di volte ma non reagisce.
I suoi capelli biondi sono sporchi di rosso, sangue.
Che cazzo hai fatto, Ethan?!

Continua a parlare tra sé e sé:
"Non avrei dovuto farlo.
Ma non l'ho fatto di proposito... non del tutto.
Ma che cazzo dici Ethan, hai fatto bene, quella troia andava con tutti." Scoppia a piangere, segue qualche secondo di silenzio poi sbotta:
"Ma era pur sempre mia madre!".
La mia curiositá e inquietudine aumentano ogni minuto che passa.
"Ethan! Ethan ascoltami, ti prego ascoltami!" Urlo ma é tutto inutile.

Il ragazzo si alza di scatto mettendosi le mani fra i capelli, poi si fionda fuori dalla porta. Lo seguo.
Questa é casa sua, me la ricordo dalle foto che mi ha mostrato.
Arrivato in cucina si ferma e io faccio lo stesso.
"Mamma." Sussurra piangendo.
Abbasso lo sguardo e rimango impietrita e terrorizzata dalla terrificante visione che ho davanti: quella che pare essere la madre di Ethan, una donna dai capelli biondi, di mezz'etá, é stesa sul pavimento della cucina, ha un coltello conficcato nel cuore. C'é sangue ovunque.

"Mamma scusa! Sono stato io? Cazzo, si! Sono un assassino!" Grida il ragazzo inginocchiandosi.
Tutto questo sangue mi da i brividi, appoggio la schiena al bancone dei fornelli.

Apro gli occhi di scatto, qualcuno sta bussando alla porta.
Sono ancora terrorizzata dal sogno di poco fa.
"Era solo un sogno." Sussurro a me stessa.

Mi alzo e infilo la maglia di Ethan, che mi funge da vestito, per poi andare a controllare chi sia visitatore notturno.
Bussa un'altra volta e io apro la porta.
Sono felicemente sorpresa di vedere Kit:
"Hey, che ci fai qui?" Chiedo.
"Sono venuto a chiedere se stessi bene. Ero passato prima ma... eri impegnata."
Arrossisco al pensiero di ció che potrebbe aver visto ed esco sotto al porticato del motel insieme a lui.
Mi siedo sugli scalini, mi accendo una sigaretta e mi concentro su Kit.
"Hai guarito la spalla?" Chiede.
"Eh? Si, si certo. Ethan ha studiato medicina." Mento. Faccio veramente pena a dire bugie.
"Come va con Grace? Sai, non sembrate molto... affiatati. Ma lei é una bravissima donna, non c'é che dire." Abbasso la voce cambaindo argomento.
"É tutto abbastanza tranquillo, ma sto avendo dei dubbi. Sai, l'ho conosciuta in un manicomio, é stata l'unica persona a starmi accanto e mi fido di lei."
"E cosa c'é che non va?" Chiedo.
"Ho paura che sia diventata solo un'abitudine." Si accende anche lui una sigaretta.
"Sei stata la mia salvezza, May; e ringrazio anche Ethan, senza di voi saremmo marciti in quell'inferno."
Rivolge lo sguardo al cielo stellato e una lacrima gli riga il viso.
"Ho sbagliato tutto nella mia vita, poco alla volta mi stai aiutando a riordinare questo cazzo di caos nella mia testa." Continua.
Sorrido: "Kit, sei una brava persona e un amico leale, sono contenta di averti trovato. Sei troppo severo con te stesso."
Ha un'aria malinconica, vorrei davvero aiutarlo. Non ha ancora trovato la sua strada e lo capisco, nemmeno io ho ancora trovato la mia.
Un'altra lacrima gli decora il viso, é bellissimo sotto la luce lunare. Probabilmente lo siamo tutti, la luna ci rende cosí misteriosi.
Si volta verso di me: "sono talmente pentito, May. Pentito di non aver aspettato di piú, pentito di essermi costruito una famiglia cosí in fretta. Sono pentito di essermi lasciato trasportare da quella puttana della disperazione.
Cazzo, se avessi aspettato ancora un pó, se avessi resistito un pochino di piú probabilmente a quest'ora ti starei confessando che mi piaci da morire. Ma no, sono intrappolato in una gabbia. La mia vita é una gabbia, un imbroglio e non posso uscirne, ma ti ringrazio di avermi fatto provare un minimo di libertá, grazie di averci almeno provato." Conclude.
Non so cosa rispondere, mi ha praticamente appena confessato che ha una cotta per me, che si pente di essersi messo con Grace.
Arrossisco.
"Kit, c'é sempre tempo per tornare indietro, questa é la tua vita, sono le tue scelte e le tue vittorie.
Se non stai bene con Grace, dovresti dirglielo, sono sicura che capirebbe." Faccio l'ultimo tiro e spengo la sigaretta per terra.

"Credo che ora come ora sia troppo tardi." Kit si alza e io faccio lo stesso, si avvicina piano, so cosa vuole fare ma non posso. Mi avvicino a lui, gli do un bacio sulla guancia e sussurro: "andrá tutto bene. Buonanotte Kit."
"Buonanotte May."
Apro la porta della camera e rientro, un caldo confortevole mi accoglie e mi fiondo sotto le coperte stando attenta a non svegliare Ethan, poi poso una gamba sulle sue cercando il calore del suo corpo.

Amo questa parte delle relazioni, amo stringermi al corpo caldo del mio uomo quando dorme, amo dargli fastidio coi miei piedi gelidi.
Lo amo.
Chiudo piano gli occhi e mi addormento all'istante, cullata dall'amore del mio Ethan.

"May." Sento una mano toccarmi la spalla e poi di nuovo "May, svegliati." É Ethan.
"Oi." Sussurro con voce ancora assonnata.
Quando apro gli occhi lo vedo, é giá vestito e in piedi di fianco a me.
"Che ore sono?" Chiedo.
"Le undici. Devi alzarti, Kit e le altre ti aspettano fuori, insistono per dirti una cosa." Si gratta il capo come se fosse nervoso.

Mi alzo dal letto e mi metto in fretta i vestiti di ieri, dopodiché faccio per aprire la porta ma Ethan mi prende il braccio tirandomi a sé, sbatto quasi contro il suo petto, lui mi solleva il mento e mi bacia delicatamente.
"Dio, quanto cazzo vorrei levarti quei vestiti di dosso." Sussurra e io arrossisco.
"Avrai un'altra occasione per dimostrarmi quanto lo vorresti." Gli faccio l'occhiolino ed esco dalla stanza.

"May!" Kit si avvicina accompagnato da Grace. Lana sta fumando una sigaretta sulle scale di legno del porticato, proprio dove eravamo io e Kit stanotte.
"Cambio di programma... almeno per noi." Annuncia Grace sorridendo e toccandosi la pancia.

No, non é possibile. É davvero quello che credo?
"Sono incinta!" Conclude lei spazzando via tutti i dubbi.
"Non potevate scegliere momento peggiore, eh?" S'immischia Lana.
Kit si gratta il capo e cinge la spalla di Grace con un braccio.

Non posso crederci, ecco a cosa si riferiva Kit quando parlava della famiglia che si é costruito. Tutto coincide, non si sente pronto, non é davvero ció che vuole.
Merda, Kit, in che guaio ti sei cacciato.

"Sono contenta per voi... ma cosa avreste intenzione di fare adesso?" Chiedo.
"Pensavamo di raggiungere i genitori di Grace, perció andremo verso sud." Risponde Kit col tono basso tanto quanto il suo sguardo.
La porta della mia camera si apre:
"É la direzione opposta alla nostra." Aggiunge Ethan.
"Quando partite?" Chiedo.
"Fra dieci minuti dovrebbe passare una navetta che ci porterá esattamente al paese natale di Grace." Dice Lana calpestando la sigaretta per spegnerla.

Kit spezza l'imbarazzante silenzio:
"Prima di partire volevamo ringraziarvi, vi dobbiamo la vita."
Stringe la mano a Ethan, poi si dirige verso di me e mi abbraccia sussurrandomi all'orecchio parole che non mi dimenticheró mai: "Sarai sempre nella mia mente e nel mio cuore. Grazie."
Lo stringo forte per poi lasciarlo andare.
Grace mi sorride e Lana ci prova, accetto lo sforzo.

Li vedo allontanarsi, Kit si gira un'ultima volta.
Qualcosa mi dice che questo non é un addio.

Insane || Evan PetersDove le storie prendono vita. Scoprilo ora