diciotto

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Ore 21.15

Mancava poco all'inizio della partita, alle 21.30 ci sarebbe stato il calcio d'inizio e avremmo dovuto battere il milan femminile.
Una squadra leggermente più forte della nostra, con tattiche differenti e con una grande voglia di vincere.
Anche noi ce l'avevamo, ovviamente, ma non ce la prendevamo se perdavamo o se finiva con un pareggio perché sapevamo di esserci divertite e di aver fatto gioco di squadra.

Misi la fascia da capitano, feci una coda alta e iniziai un allenamento a bordo campo mentre gli ospiti entravano. Si percepiva tensione nelle tifoserie granata.
Era pieno lo stadio di San Siro e ne fui contenta perché una curva era completamente granata, con lo stemma del Toro ingigantito.
Amavo i tifosi.

Nella tribuna VIP della mia squadra c'erano il mister, mio zio e mio padre. Era venuto a vedermi, per supportarmi e farmi dare il massimo.
Tutti, ultimamente, lo dipingevano come un uomo triste, malinconico, egocentrico e avido. Ma sapessero le cose come stanno e cambierebbero subito idea.
Papà è divorziato da un paio di anni, la sua ex lo aveva lasciato dopo trent'anni di matrimonio perché lui non c'era mai, tra una partita e l'altra, le trasferte, le Champions. Non si amavano neanche tanto. Lui non voleva relazioni, anche sua figlia era d'accordo, peccato che Valentina Allegri era andata con la madre.
Era solo.
L'altro giorno ricevette una lettera, era un invito al matrimonio della sua ex moglie e lo voleva come testimone, ci sarebbero stati tutti e anche io ero invitata. Lui non sembrò esserne felice, anzi, divenne cupo e indeciso sul da farsi. Era la prima volta che lo vedevo così, le mancava.
Quella sera la passemmo sul divano, con un film e qualche peccato di gola.
Ci mancavano momenti così.
Questa sera vorrei dedicargli un goal, per fargli capire che io ci sono e chemi avrà per sempre.

Ci fecero entrare e ci disponemmo nelle rispettive posizioni. Eravamo a 4-3-3 e ebbi fiducia.
Il Milan non arrivò moltr volte nell'area di tiro, mentre noi avevamo avuto già un paio di opportunità per tirare.
Verso il 26' una mia compagna mi passò la palla e iniziai a scartare alcune giocatrici.
Quel zero a zero doveva sparire dai tabelloni.
In quel momento c'eravamo solo io, la palla, la porta, il portiere e il futuro goal.
Tirai e quei momenti furono interminabili, della gente si alzò in piedi e mio padre si sporse in avanti.
Quando la curva granata esplose vidi la palla nella porta e comparì il primo goal.
Avevo segnato.
Esultai indicando in alto, le stelle e poi diedi il cinque al portiere. Un gesto nobile nel mondo del calcio e io volevo essere amichevole.

Quando terminò il primo tempo noi ragazze eravamo gasate. Avevo dato una svolta alla partita e mio zio mi ragfiunse nello spogliatoio.
Ci salutammo e rientrai.

-Senti, potrai essere tutto quello che vuoi ma non è che per un goal devi crederti Ronaldo della situazione.-, il numero 44 mi minacciò con disprezzo.

-Ma io non ho fatto niente.-, risposi dubbiosa.

-Hai portato la juventus qui, nella squadra di Torino. Sei stata presa per pena da tuo zio, questo posto andava ad un'altra e la fascia la indossavo io prima di te. Cosa ci fai qui Elise? La realtà è che tu non meriti di stare in campo. Se vinciamo questa partita non è merito tuo ma nostro.
La juve è ovunque, anche al Toro. Spero che si siano pentiti di te.-, urlò.

Delle lacrime solcarono il mio viso, mi avviai al campo con le altre, Rosalie mi odiava così?

Iniziò il secondo tempo e il mio rendimento non fu quello del primo tanto che il mister mi chiamò a bordo campo e mi diede grinta, parole che non meritavo.
Quando rientrai diedero un rigore alla mia squadra e dovetti batterlo.

Palla sul dischetto, il fischio dell'arbitro.

Spero si siano pentiti di te... se vinceremo questa partita non è merito tuo ma nostro... hai portato la Juventus qui.

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