Capitolo 23

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Cammino nel corridoio a testa bassa, non mi curo degli sguardi indiscreti.

Sono da sola.

Due ragazzi si fermano a guardarmi più da vicino e uno di loro bisbiglia qualcosa all'orecchio dell'altro, poi si posizionano davanti a me sbarrando il passaggio.

- Posso passare?- chiedo gentilmente cercando di mantenere la calma,

- No- uno dei due risponde secco,

- Dai, spostatevi- ripeto con lo stesso tono,

- Se no cosa ci fai?- chiedono in coro, - Meglio andare via prima che chiami il suo padre assassino- continuano dandomi uno spintone, Gwen passa dietro di loro senza nemmeno guardarmi,

- Gwen!- la chiamo, lei si ferma a guardare la scena con un ghigno stampato in faccia,

- Aiutami!- grido esterrefatta dalla sua espressione,

- Io aiutarti? Da cosa esattamente? Dicono la verità- ammette e si allontana, rimango con gli occhi sbarrati a fissarla andare via,

- Visto? Nemmeno i tuoi amici vogliono più stare con te- mi tormentano i due ragazzi che sbarrano la strada, uno dei due mi spintona nuovamente e cado a terra inerme, poi entrami se ne vanno e mi lascio abbandonare a terra con gli occhi chiusi.
Quando li riapro sono nel mio letto, in camera mia. Era tutto un sogno, a dire il vero un incubo, ma ho paura che diventi reale.

Fisso il tetto con sguardo vuoto, mentre la mia mente vaga per il mondo in cerca di qualcosa ad aggrapparmi per sfuggire da tutto quello che mi sta succedendo.

Fuori è ancora buio, sono le quattro del mattino. Vorrei qualcuno che mi abbracci in questo momento, anzi non qualcuno a caso.

Il cellulare è appoggiato sul comodino, così lo afferro e cerco il suo nome nella rubrica.
Spero che non si spaventi dato che lo chiamo a quest'ora.

- Pronto?- dice Alex dall'altro capo del telefono,

- Ciao- sussurro, la sua voce mi fa venire i brividi,

- C-che succede?- balbetta con voce assonnata,

- Ho fatto un brutto sogno- spiego con voce bassa e triste,

- Cosa hai sognato?- chiede senza nemmeno pensarci per un attimo, è bello che possa contare sempre su di lui anche se abbiamo litigato,

- Non è importante, raccontami qualcosa di bello- ignoro la domanda,

- Ti ricorsi quando dormivo nella stanza di tuo fratello e quando avevi gli incubi mi venivi a svegliare?- chiede nostalgico,

- Sì- sussurro sorridendo nel buio,

- Ti ricordi anche che scendevo in cucina con te e ti preparavo latte e biscotti?- continua con tono sereno,

- Ovviamente, poi ti sedevi vicino a me e ti raccontavo tutto- aggiungo,

- Ecco, chiudi gli occhi e immaginami accanto a te che ti consiglio come scacciare i mostri dalla tua testa- dice e obbedisco,

- Ma non sei qui- puntualizzo tristemente,

- Ci sono invece, sempre- mi rassicura e da quel momento rimaniamo in silenzio, l'uno ascolta i respiri dell'altro e così ci addormentiamo.

La mattina giunge velocemente, la sveglia non è ancora suonata, ma le luci dell'alba illuminano ogni angolo della mia stanza e io sono costretta ad aprire gli occhi.
Le articolazioni del mio corpo sono intorpidite e ogni osso sembra pronto a spezzarsi, questa è la sensazione di quando non ho voglia di fare qualcosa, ma la devo fare.
Cerco di convincermi che andrà tutto bene, ma dubito che i miei compagni di scuola si saranno dimenticati di ciò che è successo. Non mi importa dei loro pensieri, ma dei loro sguardi carichi di giudizio.

Perché nel mondo ci sono miliardi di persone, ma solo una persona ti comprende a fondo, te stesso?

Sarà difficile... ma i miei amici saranno accanto a me.

Spalanco l'armadio cercando di fare il meno rumore possibile, mia madre ancora dorme e siccome lavora molto vorrei che si riposasse ancora un po'.
Afferro un paio di jeans, una maglietta semplice e un paio di sneakers bianche, i miei capelli non sono al massimo del loro splendore così decido di legarli in una coda alta, fisso la borsa dei trucchi per qualche secondo, poi decido che se proprio devo andare all'inferno , è meglio andarci con stile.
Applico una sottile linea di eyeliner sugli occhi, un po' di mascara e un lip gloss di cui non conoscevo nemmeno l'esistenza.

Scendo le scale cercando di non fare rumore, ma con un gesto maldestro urto un vaso di fiori vicino all'ingresso della cucina, cazzo.
Per fortuna lo afferro al volo con una mossa ninja e lo rimetto apposto, poi presa dalla felicità di non aver rotto ancora nulla, mi volto di scatto per entrare in cucina e sbattono fronte sullo stipite della porta. Si può essere così idiote?

- Tesoro, la prossima volta che non vuoi svegliarmi ricordati di non muoverti- scherza mia madre entrando in cucina, la guardo e spalanco le narici per calmare i nervi,

- Buongiorno- sussurro a bassa voce con tono poco convinto, questo giorno fa schifo invece, anche se cerco di farlo andare nel verso giusto.

- Non tenere il broncio, oggi se vuoi, vado a parlare con i responsabili scolastici- mi propone mia madre ricordandomi la giornata di ieri,

- No, non preoccuparti. Posso farcela.- la rassicuro cercando di essere convincente,

- Se qualcuno prova a dirti qualcosa mira dritto là sotto, se è una ragazza prendila dai capelli- spiega e spero che stia scherzando anche se ne ho seri dubbi,

- Certo mamma, ora esco- annuncio senza dare troppo peso alle tue parole,

- E la colazione?- chiede dolcemente,

- Mi aggiusto per strada- rispondo e in pochi minuti sono alla fermata dell'autobus.

È da un po' che non salgo su un mezzo pubblico, a parte la puzza di ascella di chi non si lava alle sette del mattino e l'autista che guida come se fosse un pilota della formula 1, ha il suo fascino prendere il pullman.

Ok, non è vero, sto solo cercando di pensare.

Un bellissimo casino.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora