mi sento come il potere di respirare sott'acqua offerto a mio padre: inutile

389 22 0
                                    

"Tre"
"cinque"
"due"
"quattro"
I sassi rimbalzavano sull'acqua per poi affondare, lasciando intorno a loro anelli che si espandevano in cerchi prima di sparire nel mare.
Volevo fare un sacco di cose e altrettante mi frullavano in testa e io, io non ne potevo fare nemmeno una. Annabeth si era chiusa nella casa di Atena circondata da ogni genere di libro, e probabilmente non sarebbe uscita fino a quando non avesse risolto la profezia. Chirone, invece, non mi avrebbe permesso di muovere un dito prima dell'arrivo del campo Giove, previsto per la cena. Eccomi qui dunque, a crogiolarmi nella mia inutilità e a prendermela con degli stupidissimi sassi mentre Gea agisce indisturbata.
Il distruttore di Crono, uno dei sette e peggior incubo dei mostri del tartaro costretto a passare il tempo con un gioco da ragazzini.
Mi avvicinai alla riva, ormai avevo superato il bagnasciuga e le onde mi arrivavano alle caviglie. Fu la prima volta nella mia vita in cui il mare non mi fece star meglio.
Pian piano la bassa marea iniziò a farsi sentire e i miei piedi tornarono a lasciare impronte sulla sabbia bagnata; il mio sguardo era perso in un punto indeterminato davanti a me, tanto che quando calpestai un pezzo di metallo furono le miei urla a farmene accorgere:"Ahi!" Va bene, è vero mi sentivo abbastanza giù, ma credo di riuscire ancora a distinguere il male fisico da quello morale.
Comunque mi risvegliai subito dai miei pensieri, pronto a scagliare il colpevole inanimato il più lontano possibile. Si, sarebbe stata la giusta punizione!
Quando vidi in che cosa mi imbattei fui tentato, però, di fare una visitina ai fratelli Kane per buttare l'oggetto dritto nelle fauci di Ammit (cosa? Che vi sorprende? Anche io so qualcosa di mitologia egizia!) Di cosa si trattava? Di un "semplicissimo" pezzo di barca che era stato eroso dal mare in questi ultimi due anni e trasportato a riva dalla corrente. Se credete che il numero di anni sia stato detto tanto per dire o che io lo sappia a causa della mia parte divina mi spiace dirvelo, ma siete fuori strada. Tra tutti i pezzi d'imbarcazione che potevano arrivare sulla Costa di Long Island dritto sul mio cammino, doveva proprio essere quello con scritto "Principessa Andromeda". Ormai la salsedine aveva rovinato la vernice, ma ero sicuro che ci fosse scritto proprio quello, come ero sicuro che gli dèi si divertissero a complicarmi la vita per poi rilassarsi davanti alla olimpo-TV con i pop-corn in mano; quindi sì, ne ero abbastanza certo.
O per la disperazione o perchè una divinitá aveva preso possesso del mio corpo (spero di no, la mia esperienza con Nekhbet mi era bastata per tutta la vita), infilai con riluttanza l'oggetto in una delle tasche dei jeans e andai a salutare i miei amici del campo romano che sicuramente erano appena arrivati a giudicare dal frastuono di un corno.

Percy Jackson e la scelta dell'eroeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora