Prologo

203 26 31
                                    

- Sei al sicuro ora, l'incubo è finito - mi dice con parole confrontanti quel poliziotto così vige al dovere ma anche così impacciato. Eppure qualcosa di lui mi ispira sicurezza: forse i capelli perfettamente aggiustati, oppure la divisa accuratamente stirata dalla madre la mattina stessa.

- Come ti senti? - mi chiede ancora.

Sento le mie gambe nude sul pavimento freddo dell'ambulanza, e questa è già una grande cosa. La strada gira come una trottola, e a me viene da vomitare, come se fossi sulle giostre. 

- A parte un po' di mal di testa, mi sento bene- balbetto.

-Tieni, puoi metterti questi pantaloni della tuta che avevo nella mia macchina, così ti scaldi un altro po' mi dice porgendomi cordialmente i pantaloni, che saranno almeno di quattro taglie più grandi della mia.

Io lo guardo e sorrido appena, poi prendo i pantaloni e li indosso piano e facendo attenzione a non cadere sull'asfalto bagnato della strada.

Aspetto che quel poliziotto così gentile mi dica qualcos' altro, ma lui mi osserva e basta: probabilmente sono io che lo metto a disagio, o forse prova solo pena per una ragazza sfigata. 

Ipotesi molto probabile.

Dall'altra parte della strada, tra i giornalisti e la folla di curiosi, riesco a scorgere Patrizia che se ne sta lì, seduta sul marciapiede da sola e ancora con lo sguardo sconvolto, vuoto. Mi alzo timidamente e, dopo essermi aggiustata la coperta rossa che mi hanno messo sulle spalle i paramedici, mi dirigo verso di lei ciondolando e spostando i giornalisti che tentano di strapparmi qualche aneddoto della vicenda: "sì sono andata a sbattere la testa a terra e mi sono sporcata di polvere i capelli, ma sto bene, grazie per l'interessamento". 

Qualcuno, però, ad un certo punto mi tira il braccio e mi blocca: mi giro e vedo il poliziotto gentile che mi guarda.

- Perché non posso andare da lei? Neanche lei posso vedere ora? - chiedo continuandola a guardare per non perderla di vista.

-  È meglio di no, adesso è sconvolta e non sai cosa potrebbe fare - mi dice il poliziotto.

Io scoppio a piangere, poi mi abbraccia: profuma di muschio bianco e mi sento al sicuro tra le sue braccia.

- Io voglio solo che lei stia bene- dico singhiozzando.

- Ora è in ospedale a fare qualche accertamento, ma se la caverà, vedrai-. Le sue parole suonano così confortanti in questo caos totale, tanto che non voglio sciogliermi più da quell'abbraccio.

Con un braccio ancora intorno alla mia vita, il poliziotto mi accompagna nuovamente all'ambulanza. Non riesco a capire se la gentilezza strana del poliziotto sia causata da qualche altro interesse o no. In ogni caso non mi dispiacciono affatto queste sue attenzioni, soprattutto in questo momento in cui non ho nessuna certezza, a parte lui

Davanti all'ambulanza, con mia grande sorpresa , vedo due persone simili ai miei genitori e, più mi avvicino più capisco che sono realmente loro. Non so bene come mi debba comportare, cosa debba dire o cosa debba fare, soprattutto perché non ci vediamo da quasi un mese ed è brutto rivedersi in queste circostanze.

Appena mi vedono mi corrono incontro e mi abbracciano, e per me basta questo. Ricambio quell'abbraccio che volevo da tanto, e che proprio in questo momento difficile mi aiuta a reggermi e a continuare a dire a me stessa "Melissa lei ce la farà". Non vi nascondo che io l'abbia persa tempo fa la fiducia, nel momento esatto in cui ho capito realmente lui che persona fosse. 

Ma è questo il problema della vita: prima ti ama e poi ti sbatte in faccia la verità senza scrupoli, e tu devi solo accettarla e andare avanti.

- Melissa amore - mi sussurra mamma con gli occhi pieni di lacrime di gioia - temevamo di non rivederti più -

- Lo sai bene che ho la testa più dura di un muro, quindi ha attutito il colpo - dico accennando un sorriso vero.

Mio padre non dice nulla. Lui se ne sta lì a guardarmi come se mi stesse guardando per la prima volta e si limita a massaggiarmi la spalla come per dirmi " ci sono anche io ". Il mio sguardo salta da mamma a papà, da papà a mamma, da mamma ai giornalisti e dai giornalisti al poliziotto impacciato che si sta avvicinando.

- Signori De Luca non vorrei interrompere questo momento dolce, ma vorrei parlare in privato con vostra figlia per qualche chiarimento - spiega Zambetta ( finalmente ho letto il suo cognome scritto sul cartellino della divisa.

- Forse è meglio se prima la lascia calmarsi del tutto... non vede che è ancora sconvolta? - interviene mamma con il suo istinto protettivo.

- No mamma va bene, posso farcela - dico, poi lei si avvicina e mi bacia la fronte.

Mentre mamma e papà si stanno allontanando, gioiosi di aver rivisto la loro adorata e unica figlia, giro il mio sguardo nuovamente in direzione di Patrizia ma vedo che non c'è più. Che sia tornata a casa? O che sia andata a cercarlo?

- Allora Melissa, ho qualche domanda da farti poiché molti aspetti di questa storia non mi sono chiari. Molte cose non quadrano -

- Se può essere d'aiuto, onestamente non quadrano neanche a me. Le spiego meglio: io ancora mi sto chiedendo perché sia successo tutto quello che è successo... cioé che colpe aveva lei ?- dico con le lacrime agli occhi. Neanche lui mi aveva mai fatto questo effetto. 

Questo è un altro aspetto strano della vita: ti fa lasciare i rapporti superflui e ti fa incontrare per caso quelli più importanti, e tu neanche te ne accorgi. Solo quando li stai per perdere capisci realmente quanto siano importanti per te.

- Lei si riprenderà, e quando succederà potrai andare a trovarla per passare del tempo insieme -

Sorrido al solo pensiero. Io e lei in giro per Roma mentre mangiamo fragole al cioccolato sul LungoTevere di sera e mentre scherziamo su questa cosa che ci è accaduta. Lei che ride e si sporca il naso di cioccolata, e io che le prendo delicatamente la mano per aiutarla a pulirsi.

- Adesso, puoi iniziare dall'inizio? Così cerchiamo di fare chiarezza in questa situazione - mi dice Zambetta prendendo dalla tasca sinistra dei pantaloni un blocchetto con una matita e cercando una pagina libera.

- Ci proverò, ma ho ancora i ricordi un po' confusi. Tutto credo sia iniziato a Settembre del 2019 a Roma mentre andavo a scuola... - inizio a raccontare piano ripercorrendo quei momenti dolorosi.

600 chilometriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora