4 luglio 1676 pt. 2

411 45 3
                                    

A mezzogiorno Ottavio rincasò del tutto ignaro di quanto lo aspettasse. Chiuse la porta dietro di sé e, per prima cosa, notò il volto scuro di Ferraris alla finestra. Il pensiero istintivo che fece capolino nella sua mente, un pensiero appagante, fu che Galatea avesse respinto qualche avance, com'era toccato a lui il giorno precedente. Poi, però, vide Giovannino abbacchiato in un angolo, come in castigo, e provò una strana sensazione di spaesamento non trovando né Galatea né Ludovica nella stanza.

Raggiunse Ferraris e, senza preamboli, domandò secco: «Che cos'è accaduto?»

Ferraris gli accennò la camera da letto e disse: «La bambina...»

«Non sta bene? Vivì è malata?» lo incalzò senza lasciargli il tempo di parlare, quindi, incapace di trattenere le preoccupazioni, si diresse spedito alla porta e la aprì.

«Shhht!» lo ammonì Galatea, portando un dito alle labbra; Ludovica languiva sul materasso, gli occhi grandi e lucidi e un panno umido sulla fronte.

«Si è ammalata?»

Ottavio, mentre faceva la domanda, aveva mosso un passo verso il letto. Galatea sospirò e scosse la testa, quindi lo chiamò accanto a sé, lo invitò a sedere sul letto e gli prese la mano. Solo allora lui si accorse del suo tremore e, d'impulso, si abbassò a baciarle la guancia. Fece lo stesso con la bambina, che però non ricambiò in nessun modo la tenerezza, limitandosi a uno sguardo impaurito.

Galatea le passò una mano sui capelli scuri e riferì piano: «L'ha visto, Ottavio. Ha riconosciuto il rapitore al porto».

«Al porto?» ripeté per essere sicuro di aver capito.

«Sì, al porto. Giovannino ha voluto portarla laggiù e ora Ferraris l'ha messo in punizione. Ma il rapitore, capisci? Ha visto quell'uomo... Lo stesso uomo, ne è sicura.»

Ottavio accolse la notizia con un certo stordimento. Di primo acchito scosse la testa, come se non credesse alle proprie orecchie; in un secondo istante, montò dentro di lui una gran rabbia per non essere stato presente; in ultimo, infine, sopravvenne un sentimento di frustrazione al pensiero che la bambina avesse potuto affrontare una situazione di tale pericolo affidata alla sola protezione di un ragazzino tredicenne del tutto irresponsabile.

Stava per alzarsi, diretto in cucina, per strigliare per bene Giovannino e fargli passare la voglia di ripetere simili sotterfugi, ma Galatea, intuendo quali fossero le sue intenzioni, gli afferrò il polso e lo ritenne. Si alzò a propria volta e gli si sedette in grembo, quasi volesse ancorarlo lì dov'era; notò con una punta di compiacimento che in un attimo tutte le emozioni negative erano evaporate da lui, lasciandolo in preda a un nuovo, ma più piacevole, sbigottimento.

«Pensaci, Ottavio: è vero, Giovannino è stato un incosciente a portare con sé Ludovica al porto, ma se non l'avesse fatto ora non avremmo la possibilità di scoprire chi sia quell'uomo. Abbiamo mezz'ora di tempo: mangeremo al porto.»

Ottavio respirò profondamente, non del tutto convinto che fosse una buona idea. C'era dell'altro a renderlo scettico e, non avendo motivo di tener celati i propri sospetti, li palesò con una domanda astiosa: «È un'idea di Ferraris?»

«No, mia», tagliò corto Galatea, mettendo fine alla questione. Il marchese, allora, desistette da ogni pretesa e si mise a disposizione.

Uscirono pochi minuti dopo, lasciando Giovannino chiuso in casa a ripensare a ciò che aveva combinato la mattina. Tre adulti e una bambina in giro all'ora di pranzo erano uno spettacolo tutt'altro che usuale, ma le strade erano quasi del tutto deserte e pochi li notarono. Arrivarono al porto indisturbati e, per non insospettire i presenti, cominciarono a guardare le navi attraccate. Solo Ludovica gettava intorno occhiate tese e attente per riconoscere, dovunque egli fosse, l'uomo cattivo che l'aveva perseguitata negli incubi.

Sposa di marcheseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora