14 luglio 1676 pt. 2

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Ferraris era uomo di parola e, svegliatosi prestissimo, si era avviato per le stradine di Vallebruna quando il sole non era ancora sorto. Aveva passato in rassegna tutte le bettole, tutti i ricoveri dei derelitti, controllando persino i ponti. Aveva bussato alla porta del bordello, ma di Tommaso Ferrarini nemmeno l'ombra.

Ricordava bene l'aria comprensibilmente allucinata di quando era uscito dalla porta di casa, anche se Ottavio non si era stupito di trovarlo nella tromba delle scale; aveva capito subito che la spia non aveva perso il vizio di origliare, l'aveva guardato bieco e, con il braccio rigido, aveva resistito a stento alla tentazione di riprendere la rissa lì dov'erano. Poi, superandolo sdegnoso, aveva sussurrato: "Prenditi cura di lei, se sei un uomo".

Ferraris, però, era certo che non avesse istinti suicidi cui dare seguito. Il marchese non era un uomo debole né uno stupido e, per quanto fosse profonda la frustrazione, non avrebbe ceduto così facilmente, sapendo in pericolo la donna che amava. Si era allontanato per ripicca, perché si sentiva rifiutato; non sarebbe andato a cacciarsi nei guai proprio nel momento del bisogno.

Un'intuizione lo condusse sulla strada per Trestalli. Se, frugando tutta Vallebruna, non aveva trovato traccia di Ottavio, la logica imponeva una spiegazione molto semplice: Ottavio non era lì. E siccome le vie di transito per la cittadina costiera erano esigue, c'era più probabilità che si fosse diretto in un luogo dove sapeva per certo trovarsi delle locande in cui passare la notte in pace, lontano dall'oggetto del suo tormento.

Mentre camminava il sole si alzava di fronte a lui, inerpicandosi quasi per i fianchi dei monti che segnavano il confine meridionale del ducato. Non c'era più neve sulle cime, solo ampi pascoli ricchi d'erba e perciò verdi brillanti. E verdi erano i cigli della strada, spazzati dalla brezza notturna e ancora risparmiati dal viavai di carri che li avrebbero impolverati. Respirava un'aria buona, pura e azzurra come il mare che si lasciava alle spalle. Non si voltò a guardarlo, sebbene sapesse di rinunciare a uno spettacolo indimenticabile; ma era corrucciato e non se lo sarebbe goduto come si deve. Lo preoccupava la prospettiva di un nuovo scontro violento, e si toccava lo zigomo gonfio e il sopracciglio dolorante, sospirando per il suo unico occhio buono ridotto in condizioni miserevoli.

E come rifuggiva la vista del mare, così scansava ogni pensiero riguardante Galatea: l'aveva lasciata addormentata dopo una notte insonne e si rammaricava che il trambusto fosse partito dal tradimento, consapevole, comunque, di aver pianificato quell'esplosione. Senza uno scandalo del genere, Ottavio non si sarebbe mai convinto a varcare il confine dell'intimità che il trauma aveva eretto tra lui e la moglie; e Galatea, parimenti, non avrebbe avuto motivo di aprirsi a un marito che percepiva come inaffidabile.

Era pronto a farsi da parte, ora: probabilmente, chiusa la storia del rapimento, Ottavio non avrebbe più voluto vederlo attorno a sé; forse avrebbe perso la propria posizione di consigliere del duca, avendo contro un importante membro della sua famiglia; soprattutto, non avrebbe più potuto incontrare Galatea. Era lo scotto da pagare e non aveva mai avuto l'arroganza di concepirsi al di sopra della giustizia. D'altra parte, il rovescio di ogni scappatella extraconiugale è la brevità della sua durata; un peccato, certo, soprattutto a fronte dell'attesa. Cinque anni per un piacere di cinque giorni, non uno di più. Questo era stato per Galatea, l'unica donna per cui avesse avuto la pazienza di aspettare il momento opportuno. Lo rincuorava l'idea di averle ridato un po' di stima in se stessa a fronte di eventi che l'avevano distrutta; e il marchese, il buon marchese Malancisi, non aveva altro da temere da lui.

Camminava e camminava, perdendo la concezione del tempo; il sole era sempre più alto e la strada andava affollandosi di passo in passo, perché da Trestalli e dalle zone vicine un lungo flusso di merci e di mercanti si raccoglieva sul tratto sterrato. Il fondo sabbioso della strada lasciava che si sollevasse una tenue foschia giallastra, per cui talvolta si tossiva e talvolta si distoglieva lo sguardo, si battevano le palpebre e si sostava a riprendere il fiato. Per questo, sul momento, Ferraris pensò di aver visto male, tanto più che il suo occhio gli doleva ancora dal pugno del giorno prima. Poi, insospettito, aveva guardato meglio: farsetto familiare, andatura celere e impostata, capelli corti e scuri. Si trattenne dall'urlare il suo nome e non mosse la mano a salutarlo per non attirare l'attenzione dei passanti, ma capì che anche l'altro l'aveva già visto e riconosciuto. Si incontrarono, si squadrarono a vicenda e si portarono da un lato, per non ostacolare il transito.

Sposa di marcheseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora