11 luglio 1676

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«Il bordello non è stato fine a se stesso», borbottò Ottavio all'improvviso, dopo una pausa di silenzio. Anche quel giorno aveva preferito pranzare fuori, pranzare davvero, e non da solo. Ferraris l'aveva aspettato fuori dalla loro taverna preferita, trascorrendo il tempo a chiacchierare con la figlia di un bottegaio adiacente. Quando il marchese era arrivato, subito avevano preso posto, badando di scegliere un tavolo un po' discosto. Non si stava parlando di bordello, prima: l'argomento principale era il fatto che Giovannino si fosse di nuovo azzuffato con alcuni monelli del paese e Ferraris cominciava a temere per la sua salute. Si era vantato di averlo cresciuto con disciplina, con regole ferree e tanto esercizio fisico. E, di tanto in tanto, Ottavio alzava gli occhi con fare smagato, a fargli intendere che regole e disciplina avrebbero avuto senso solo se dietro ci fosse stato un buon esempio paterno e non un uomo che si diverte a saltare di letto in letto con disinvoltura.

Quel pensiero, però, l'aveva condotto dritto al giorno precedente, quando aveva buttato all'aria la dignità cui tanto aveva tenuto per tutta la vita. Era rimasto zitto, aveva continuato ad ascoltare lo sfogo di un padre preoccupato, fino a che i ricordi nitidissimi del bordello non gli riportarono quell'informazione essenziale. Ed ecco quella frase: «Il bordello non è stato fine a se stesso».

Ferraris, all'udire di nuovo quella parola tra le sue labbra, sobbalzò sulla sedia; poi realizzò di cosa si stesse parlando e il suo volto inquieto si distese in un sorriso beffardo: «Lo dicono tutti», constatò tra sé e sé ad alta voce. Ottavio si riscosse a propria volta e: «No!» obiettò con un'espressione di biasimo. «Non intendevo in quel senso!»

«Non prendetevela a male: tutti, il giorno dopo una sbronza, cercano di vederci qualcosa di più profondo di una semplice sbronza. Con il bordello, in genere, è uguale. Pensate che ho sentito con queste orecchie di uomini che sostenevano di frequentare bordelli perché innamorati delle prostitute! E sì, questo va bene in qualche caso, ma nella maggior parte si tratta solo di sognatori che non vogliono ammettere di essere fatti di carne.»

Ottavio si piegò sul tavolo per poter sibilare tra i denti e farsi sentire ugualmente: «La ragazza è stata brava, tutto è andato bene, mi sono rilassato, ma non ci trovo nulla di più! Non voglio giustificarmi, non sono il tipo: mi hanno insegnato a riconoscere i miei peccati, quando ne commetto».

«E allora cosa intendevate con quella frase?»

«Intendevo dire che ieri, al bordello, c'era anche Toni Pertica e che Maddalena, la ragazza del bordello, mi ha detto che ha un amico che spesso lo accompagna... Indovinate di chi si tratta.»

Ferraris perse tutto ciò che aveva di divertito e scherzoso e si fece terribilmente serio; dopo una breve pausa, ruotando lentamente il dito indice puntato verso l'alto, sussurrò: «Da come lo dite, mi viene in mente solo un nome possibile».

«Avete indovinato.»

Cadde il silenzio; nemmeno i loro respiri producevano il minimo suono, mentre i rumori della locanda si facevano sempre più lontani. Si fissavano, occhi negli occhi, e non distolsero lo sguardo per molti secondi. Ferraris, a un tratto, cominciò a mordicchiarsi il labbro inferiore, Ottavio, invece, prese a scandire un ritmo di marcia picchiettando le dita sul tavolo.

«Che cosa facciamo, ora? Mi sembra ancora presto per avvertire mio fratello.»

«È presto», convenne Ferraris. «Non abbiamo prove di come si siano svolti i fatti e non abbiamo un motivo che spieghi ciò che è accaduto. State allerta in stamperia.»

«Temete che la mia vita sia in pericolo? Non sanno chi siamo...»

«Non si sa mai. Voi siete il fratello del duca, non scordatelo mai. E benché non siano al corrente della vostra identità, una disattenzione può costarvi cara. D'ora in poi dovremo essere tutti più prudenti.»

Sposa di marcheseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora