«L'avevo detto che eri una brutta faccia da sbirro.»
Con queste esatte parole Toni Pertica, ammanettato e abbandonato ai piedi di un muretto diroccato, accolse il ritorno solitario di Ferraris. L'ufficiale Negri gli lanciò un'occhiata velenosa, ma non osò parlare in presenza del consigliere del duca; avevano concordato di mantenere un profilo anonimo in modo che i prigionieri potessero intuire il meno possibile riguardo all'identità di chi li aveva fermati. Nemmeno il marchese si era presentato esplicitamente come tale e il fatto che Rosina l'avesse riconosciuto non implicava che lo stesso valesse per gli altri congiurati: l'ordine di arresto era stato emanato dal duca Antonio II in persona e, stando alle notizie ufficiali, la famiglia del marchese era all'estero per un viaggio diplomatico.
Ferraris, in ogni caso, non si lasciò intimidire dall'aggressione verbale e non fece cenno a nessun soldato di intervenire; Toni, con arroganza, riprese: «Tu, parruccone, che cos'hai contro di me? Che ti ho fatto?!»
Lo ignorò di nuovo, andando in un angolo a confabulare con Negri. Mentre il marinaio scaricava tutte le sconcezze della sua bocca contro di loro, i due discutevano gli ultimi dettagli della partenza.
«Sua Altezza», cominciò Ferraris, «ha dato l'ordine di trasferire il prigioniero a Ponte San Giulio con la garanzia che non possa sfuggire e valicare il confine.»
«Non accadrà, signore!» ribatté Negri con fermezza militare.
«La carrozza per le Loro Altezze?»
«Si trova appena fuori dal paese, in un luogo discreto.»
«E gli uomini della scorta?»
«Li ho già incaricati, attendono solo un vostro segnale. Sono quei cinque cavalieri laggiù.»
«Pronti a montare in sella, vedo», concluse Ferraris, quindi, aggiustatosi un ricciolo ribelle, mosse un passo in direzione del paese e con lo sguardo proiettato avanti disse: «Legate il prigioniero ai cavalli. Non appena le Loro Altezze compariranno in fondo alla strada, voi prenderete la via.»
«Avete qualche dubbio per cui ritenete prudente la nostra presenza?» domandò Negri seguendolo dappresso.
Ferraris respirò a pieni polmoni. «No, nessun dubbio. Solo una precauzione.»
Toni Pertica, intanto, non aveva taciuto un solo istante: aveva insultato buona parte degli antenati di Ferraris, in ispecie quelle di sesso femminile, con toni e parole che eccedevano i consueti usi degli arrabbiati. Aveva altresì dimostrato di avere una pessima considerazione dell'uomo e ancor peggiori augurii per il suo futuro. Si era già sfogato su Negri e il fatto che non l'avesse mai visto gli tolse gran parte dell'astio che invece nutriva verso l'altro personaggio.
«Tu,» lo apostrofò di nuovo quando il colloquio segreto fu terminato, «parlo con te, cortigianetta da quattro soldi!»
Ferraris voltò appena il viso nella sua direzione e tanto bastò per suscitare una pioggia di epiteti volgari; ma aveva una corazza spessa e non si fece impressionare. Rimase impassibile, rivestito di un manto di superiorità altezzosa, e non fece che provocare il prigioniero a manifestazioni sempre più scadenti. Non contò le volte in cui sputò nella sua direzione; non contò le volte che gli augurò di morire ammazzato in pasto ai pescecani. Le sue parole non lo sfioravano e, anzi, lo spettacolo tragicomico offerto così gratuitamente gli era utile a distrarsi dalla morsa dell'attesa.
Suonarono le tre. Ferraris alzò lo sguardo alla cima del campanile, che distava un buon tratto dal quartiere diroccato. Smorzò un'imprecazione tra i denti, chiuse il pugno e fendette l'aria, portandosi poi le dita alle labbra a mordersi le nocche.
STAI LEGGENDO
Sposa di marchese
Narrativa StoricaSequel di "Figlia di mercante" Una nuova, rocambolesca avventura sta per coinvolgere Galatea e la sua famiglia. Nessuno, nemmeno la sposa del marchese, può ritenersi al riparo dalle insidie della vita: ogni momento felice può racchiudere in sé il ge...