15 luglio 1676 pt. 8

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Il luogo inteso da Bastiano si rivelava più lontano del previsto; Galatea lo aveva fatto notare subito, lamentando il fatto che la sua bambina, da sola, non si sarebbe avventurata da quelle parti, non in un vicolo buio e deserto come quello che stavano percorrendo. Lui aveva risposto che i marmocchi difficilmente fanno caso a certi dettagli, soprattutto se sono presi dalla foga del gioco.

«Se vostra figlia non vuole farsi scovare, andrà in posti inconsueti... Non trovate?» concluse allargando le braccia.

«Le ho insegnato a essere prudente», replicò irritata.

«La prudenza si impara solo dopo che si è finiti nei guai.»

Galatea sbuffò e si fermò. «Sarà il caso che torni indietro», asserì seccamente, accompagnando le parole con un netto movimento del capo. Bastiano ristette qualche passo avanti a lei, quasi incredulo. Ridacchiò tra sé, si massaggiò il mento e poi batté la mano sulla coscia, andandole di nuovo incontro. Galatea non si mosse, manifestando nel portamento altero tutta la propria risolutezza. Lo fissò negli occhi, prima di parlare ancora: «Mia figlia non è qui; ora lasciate che torni da mio marito, prima che si preoccupi...»

«Insisto, signora. Venite con me, vi farò vedere.»

Il campanile diede il primo rintocco e un brivido raggelò Galatea. «No, signore,» replicò, stringendo la gonna, «questa burla è durata troppo. Non posso perdere altro tempo!»

Al secondo rintocco, Bastiano le afferrò il braccio all'altezza del gomito: la sua presa fu così improvvisa e brutale che Galatea gemette a mezza voce e, malgrado la sorpresa, avrebbe chiamato aiuto; la vista di un coltello affilato la dissuase dal farlo. Al terzo rintocco camminavano già verso l'altro capo del viottolo, zitti e discreti, sotto continua minaccia di morte.

Armata di tutta la propria caparbietà, la marchesa trattenne le lacrime e i singhiozzi e assunse un'espressione impassibile, gli occhi sempre fissi dinnanzi a sé. Il coltello le punzecchiava il fianco destro, paventando la possibilità di una trafittura dolorosa e letale. Non osava avanzare domande e Bastiano non accennava l'intenzione di spiegare i motivi del suo agire. Perciò, Galatea concentrò le energie a trovare il modo di liberarsi o, per lo meno, di avvisare del pericolo senza essere scoperta. Il vicolo non offriva vie di fuga, snodandosi lungo e stretto, privo di incroci, tra le case basse e fatiscenti di quel quartiere. E quando sbucarono all'aria aperta, alla luce del caldo sole pomeridiano, la presa attorno al braccio si rinvigorì, togliendo ogni speranza.

«Cammina, su! Fa' in fretta!» la incalzò, sospingendola avanti con bruschi spintoni. Bastiano si guardava alle spalle come un lupo braccato dai cani da caccia; e in effetti, tra le sterpaglie dei campi incolti che incorniciavano il lato meridionale di Vallebruna, un randagio si sollevò sulle zampe e si sgranchì con una buona stiracchiata e uno sbadiglio. La bestiola, abituata al silenzio e alla quiete, piegò il muso a destra e a sinistra osservando la strana coppia di esseri umani che si inerpicava sul ciglio rialzato della strada per addentrarsi tra l'erba alta. Galatea lo notò e, benché non avesse confidenza con l'animale, picchiettò sulla gamba per attirare la sua attenzione. Il randagio, che doveva essere un giovane meticcio di cani da pastore, drizzò le orecchie allettato dalla prospettiva di ricevere cibo e si avventurò nella loro direzione. Bastiano inveì tra i denti, mai stanco di guardarsi indietro sebbene dal paese non venisse che rumore di festa.

«Dovevano arrestarlo oggi, vero? Be', peggio per lui...» ringhiò e diede un calcio a una zolla di terra per dissuadere il cane dall'avvicinarsi di più. Quello gli ringhiò in risposta, puntando le zampe e rizzando il pelo. Galatea batté ancora sulla coscia sussurrando: «Vieni, bel cane, vieni qui...»

«Piantala o ti ammazzo qui dove sei!»

Lo strattone la fece capitombolare a terra, ma Bastiano la rialzò strattonandola per il polso sinistro. Nel voltarsi, Galatea gridò e lo schiaffeggiò; non fu sufficiente questo a divincolarsi e la reazione di lui fu tanto furiosa quanto prevedibile. Prima la colpì al volto, quindi la strinse contro il petto e le premette la lama sotto il collo. Ogni resistenza fu vana e Galatea cominciò a piangere sommessamente, aggrappata al braccio massiccio del suo rapitore.

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