4 luglio 1676 pt. 3

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«Ma voi avete bevuto! Sentite come puzzate ancora di vino...» esclamò Galatea dopo aver aperto la porta a Ferraris. Lui si appoggiò al muro con le spalle e trasse un respiro ad occhi chiusi; Ottavio e Giovannino lo guardarono esterrefatti dal tavolo a cui stavano cenando. Ludovica, esausta, dormiva nell'altra camera.

«Perché siete rimasto fuori fino a quest'ora? Credevo di trovarvi già a casa», disse il marchese con voce roca. Ferraris si staccò faticosamente dalla parete e si avvicinò al camino, guardò il fuoco per qualche istante, quindi si diresse alla finestra e, da essa, si volse nella direzione del mare. Dopo un momento si sporse fuori, afferrò lo scuro esterno e lo serrò; fece lo stesso con l'altra finestra, mentre Galatea si affrettava ad accendere le candele che conservava in un cassetto.

«È lui», confermò cupo, manifestando dalla voce che non era nemmeno leggermente alticcio. «Giovanni, vai nell'altra stanza e bada che la marchesina non si svegli.»

Giovannino, che avrebbe preferito restare tra gli adulti, sbuffò e obbedì. Quando ebbe chiuso la porta, Ferraris fece sedere Galatea e prese posto, guardò alternativamente i due che gli stavano accanto, poi riferì: «Si chiama Antonio Pertica, ma è un soprannome, perché è un vagabondo senza granché alle spalle. Di certo è stato ladro e assassino e di sicuro è l'uomo che cerchiamo».

«Come fate ad esserne certo? Ci ho pensato e, be', Ludovica può non aver visto bene l'aggressore della sua balia...»

«Non c'è dubbio, madama», ribadì lui. «Ha dato una versione dell'omicidio di Giulietta come solo l'assassino avrebbe potuto fare. Non ha detto né troppo né poco, ma il necessario affinché io capissi. Vi risparmierò i dettagli perché vi reputo entrambi persone degne di rispetto, e il rispetto mi impedisce di essere più preciso. Fossi in voi, domani pregherei il parroco di dedicare una messa alla memoria della sventurata fanciulla. La sua non è stata una bella morte.»

Galatea si commosse profondamente e avanzò solo una timida richiesta: «Non era sua complice, vero?»

«No,» le rispose, «su questo avevate ragione voi: l'ha sedotta, e la sua unica colpa è stata l'ingenuità.»

Ottavio abbassò la testa e si morse il labbro, percependo un lungo brivido lungo le braccia.

«Ora dobbiamo risalire a chi l'ha ingaggiato per il lavoro», riprese Ferraris. «È strano che si sia presentato come il fattorino del pesce, non essendo né un pescatore né un commesso. Tutto è stato organizzato affinché i tempi di Toni Pertica si adattassero a quelli del rapimento. Scommetto tutto quello che volete che quest'uomo è stato a zonzo fino adesso a cercarvi, o a cercare di capire dove foste, ed è tornato ora perché deve riprendere servizio sulla nave. Oppure, essendo passati alcuni mesi dal tentativo di rapimento, potrebbe essersi imbarcato subito dopo in un porto del nord, più vicino alla Marca, ed essere tornato qui dopo un breve periodo in mare...»

«Questo mi pare abbia poca rilevanza», osservò Ottavio ad occhi bassi, giocherellando con un pezzo di pane avanzato dalla cena. «Ciò che conta è, appunto, scoprire chi sia a capo di tutto. Dovete parlargli di nuovo, fare sì che vi riveli anche questo. Quando avremo un nome, noi potremo ricorrere a mio fratello e arrestarlo per i crimini che ha commesso».

Galatea, mentre ascoltava, fissava un punto indefinito davanti a sé, il volto corrucciato, e non parlava. Tuttavia, Ferraris non le fece caso e pensò, piuttosto, a ribattere al marchese: «Questo è poco ma sicuro. Ma vi prego di pensarci bene: questa volta ho potuto trargli certe informazioni perché l'ho fatto ubriacare insieme ai suoi amici, gente di cui si fida e a cui può arrischiarsi di raccontare anche fatti molto crudi... Non posso sperare di riuscire a fare lo stesso con il rapimento: dovremmo parlare da soli, a mente lucida e, se possibile, ricattarlo».

Sposa di marcheseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora