Fine aprile 1676

733 54 10
                                    

Ottavio rilesse la lettera per essere certo di aver capito bene; lo sguardo pesante di Antonio, però, gli metteva non poca pressione; in aggiunta, ora, c'era quel sospetto tentativo di rapimento a scuoterlo ulteriormente. Non si trattenne, perciò, dal metterne al corrente il fratello e, nel farlo, si diresse alla cassapanca in fondo al letto per trarne il necessario per un viaggio di ritorno alla Marca.

«Che cosa dici? Vuoi partire proprio adesso?» sbottò il duca, alzandosi di scatto in piedi dalla seggiola della scrivania e frapponendosi tra Ottavio e il letto; Ottavio, nel superarlo, si scontrò con la sua resistenza stizzita e, per una reazione immediata, lo spinse di lato.

«Certo che parto! Che cosa faresti, dimmi, se venissi a sapere che tuo figlio è stato quasi rapito?» disse tra i denti, afferrando a due mani il bordo sporgente del coperchio di legno della cassapanca.

«Di sicuro non farei tanto strepito, dando modo ai miei avversari di prendere vantaggio dalla mia assenza!» osservò Antonio con le gote già rosse di rabbia.

Ottavio sbuffò e gli rinfacciò: «Bel fratello che sei! Non ti importa niente all'infuori dei tuoi affari di stato!»

«E se fosse una messinscena per convincerti a lasciarmi qui da solo?»

«Non sei solo! Hai tanti collaboratori migliori di me.»

«Dubito; e, in ogni caso, nessuno di loro è mio fratello», insistette con le mani sui fianchi, come a trattenersi da un atteggiamento ben più impulsivo.

Ottavio gli lanciò un'occhiata per zittirlo definitivamente, tirando fuori un completo da cavalcata piuttosto dimesso: «Partirò con il buio, nessuno se ne accorgerà».

«Senti senti, con il buio... Così il primo bandito che incontri ti accoppa e di te non si sa più nulla. Ottimo piano, signor marchese!» commentò sarcastico Antonio, poi, illuminatosi, si diresse a passo spedito alla porta e parlottò fitto con il paggio che sostava al di là dell'uscio. Ottavio cercò di ignorarlo, benché una certa curiosità lo stuzzicasse a volgere lo sguardo in quella direzione, attento a non farsi scoprire. Sul più bello, però, il duca liquidò il paggio e tornò a lui con aria scocciata.

«Vedrai che non ci sarà bisogno di partire; non stasera, almeno. Aspetta di avere notizie più precise dalla mercantina, che forse si è sbagliata», lo redarguì in un tono che non ammetteva obiezioni; quindi, per chiudere degnamente la questione, minacciò aleatorio: «Ricordati che, se non resterai qui per tua scelta, resterai per mio ordine. Chiaro?»

«Potrei disobbedire.»

«Non farò sconti, Ottavio.»

Il marchese depose i vestiti sul letto ed esalò un sospiro di rassegnazione. Aveva le lacrime agli occhi, ma le asciugò con orgoglio prima che gli bagnassero le guance. Antonio, a gambe ben piantate, lo osservava attentamente per intuire dal suo atteggiamento se la strategia dell'intimidazione avesse avuto l'effetto desiderato. Ottavio prevenne qualsiasi giudizio, supplicandolo: «Lascia almeno che una guardia armata parta da qui per rassicurarla. E scrivile tu personalmente, spiegandole il motivo che mi trattiene qui».

«Vedremo», ribatté soltanto, ostentando ancora un'espressione piuttosto dura. Per quanto Ottavio protestasse in silenzio con le occhiate, con i gesti stizzosi e con i respiri violenti, Antonio non si fece commuovere. Poi, come emergendo dal silenzio, tre colpi distinti vennero dalla porta per cui, poco prima, il duca aveva confabulato con il paggio. La curiosità del marchese scacciò, per un istante, la rabbia e calamitò la sua attenzione alla persona che aveva appena bussato. All'ordine di Antonio, la porta si socchiuse e comparve un uomo alto, dalla lunga parrucca curata fino al dettaglio e dal completo elegante e alla moda.

«Lui no!» sibilò Ottavio, rialzandosi di scatto in piedi dopo essere rimasto per qualche minuto seduto sul materasso. Antonio lo fulminò con uno sguardo e lo rimise al suo posto, imponendosi energicamente sulla scena a chiamare con voce squillante: «Avvicinatevi, signor Ferraris!»

Ferraris era passato attraverso quei cinque anni senza subire, apparentemente, l'erosione del tempo: i suoi lineamenti erano ancora giovanili e affascinanti, abbelliti da un trucco sapiente e non esagerato; il suo portamento raffinato era stato perfezionato dalla danza e dall'esercizio fisico regolare. Tutto sommato, Ferraris si confermava lo scapolo più ambito dalle zitelle di tutte le età. E proprio il suo persistente stato di celibe ingelosiva oltremisura Ottavio.

I due uomini si conoscevano abbastanza bene da non avere segreti l'uno dell'altro: come il primo era a conoscenza della gelosia del marchese, così l'altro sapeva fin troppo circa l'attrazione nutrita dal consigliere ducale verso sua moglie; sentimenti che nessuno dei due aveva mai pensato di mettere in dubbio. E i cinque anni, se non avevano cambiato granché della superficie, avevano altresì contribuito a indurire i reciproci pregiudizi.

L'arrivo di Ferraris non fu dunque accolto con calore da una parte; l'altra, dal canto suo, non tentò nemmeno di rendere la circostanza più piacevole. Sguardi infuocati e menti serrati li accomunavano, una rigidità complessiva dei loro corpi tradiva la somiglianza che sussisteva nonostante l'avversione. Ottavio strinse forte i pugni, quasi volesse scagliarsi contro un antico rivale per ristabilire l'ordine; Ferraris, invece, si impettì, a manifestare una superiorità d'animo che nessuno scontro fisico avrebbe potuto sottrargli. Antonio, nel mezzo, avvertiva la tensione, ma rimaneva saldo sulla propria posizione.

«Vostra Grazia, mi avete fatto chiamare qui?» cominciò Ferraris, abbozzando un inchino di cortesia.

«Sì, signore. Venite pure, avvicinatevi», replicò il duca, cercando di suonare il più imperioso possibile. Il consigliere ebbe il tempo di muovere solo pochi passi, quando Ottavio intervenne: «Così andrà bene», per tenerlo alla distanza che riteneva più conveniente. Ferraris, con sguardo livido, obbedì e prese un respiro, quindi tacque, aspettando.

«Abbiamo un problema da fronteggiare nella maniera più discreta. Signor Ferraris, voglio che siate voi ad occuparvene.»

Il duca parlava e il marchese si faceva via via più rancoroso. Il consigliere, tuttavia, prestava orecchio solo al proprio signore, senza badare alle eloquenti espressioni del terzo incomodo.

«Sono pronto, Vostra Grazia. Ditemi solo di cosa si tratta.»

Antonio girò il viso verso il fratello, due passi dietro di lui. Poi tornò a Ferraris e sembrò riflettere rapidamente su un aspetto cruciale. Quindi, accennando a Ottavio, continuò: «Sarà il signor marchese a darvi tutti i dettagli necessari. Sono sicuro che, assieme, riuscirete a risolvere brillantemente la questione».

Detto ciò, il duca aggiunse a bassa voce: «Non metterti in testa di farmi cambiare idea». Ottavio comprese l'avvertimento e sospirò rassegnato, risollevando il capo solo all'udire i passi di Antonio sempre più lontani: fece giusto in tempo a vederlo uscire dalla camera. Da quel momento, i due rivali rimasero soli a squadrarsi ostili da un capo all'altro della stanza.

Sposa di marcheseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora