15 luglio 1676 pt. 6

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Di Ludovica in cortile non c'era traccia. Ottavio non se ne preoccupò, ritenendo probabile che avesse seguito Ferraris e Giovannino; Galatea, al contrario, si insospettì e chiese di pazientare un momento, di cercare con più attenzione. Il marchese, vestito del suo completo elegante, ma privo di parrucca per non attirare troppa curiosità, rispose con un mugolio sommesso e poco convinto: avrebbe di gran lunga preferito incamminarsi e lasciarsi alle spalle una volta per tutte il timore di essere scoperto. Le prese la mano e, per accontentarla, la condusse lungo il perimetro del cortile a scrutare negli angoli bui e nel ripostiglio degli attrezzi comuni. E fu qui che, scostata appena la porta, un gridolino acuto li colse di sorpresa e un bambino di cinque o sei anni sgattaiolò dallo spiraglio come un topo correndo a più non posso verso il portone sulla piazza.

«Non è qui, vedi?» disse allora Ottavio, riprendendo delicatamente nella propria la mano di Galatea per vincere le sue rimostranze e avviarsi al luogo di ritrovo.

«Questo non significa che abbia seguito Alessandro e Giovannino...» obiettò lei con una piega nervosa nel tono della voce. Lui non si diede per vinto e ribatté: «Non potremo saperlo finché non saremo là».

Questa volta fu Galatea a convenire con un suono svogliato; si strinse al marito, gli diede un tenero bacio sulla guancia e lo prese a braccetto, pronta a immergersi di nuovo nella folla di paesani attratta dalle bancarelle della fiera patronale. Com'era prevedibile, l'assenza della parrucca non bilanciava l'appariscenza del completo blu indossato da Ottavio e per loro sfortuna i numerosi conoscenti si assieparono loro attorno per ammirarlo. Tra di essi c'erano anche i signori Calabracchi che, con complimenti e moine di ogni tipo, mescolarono le domande a ingiunzioni di pagamento dell'affitto del mese trascorso; ma c'erano anche alcune delle comari più pettegole, che subito, e nemmeno a voce troppo bassa, si misero a ripetere le prodezze degli adulteri pensando di non essere udite. Al contrario, Galatea sentì Ottavio diventare freddo e rigido, quasi una statua, mentre si faceva largo con apparente imperturbabilità concedendo solo qualche parola di risposta allo sciame di seccatori; la vergogna la investì e il suo viso avvampò. Le voci contro di lei si fecero più forti, benché nessuno osasse rivolgersi direttamente a loro. Uno la chiamava "donnaccia", un altro lo chiamava "cornuto"; ed era impossibile che Ottavio non li udisse bene quanto lei.

«Signor Ferrarini, che bell'anello che ha qui!» esclamò a un certo punto la signora Laura Calabracchi additandogli la mano. «Da quanto lo avete?»

«Chi vi ha fatto un così bel regalo?» incalzò un altro, senza ottenere risposta.

«Gliel'avrà regalato suo fratello in riparazione al danno!» ipotizzò qualcuno sottovoce. Ottavio, allora, si fermò, brancò Galatea dalla vita e, chinandosi su di lei, le diede un lungo bacio appassionato. Glielo diede lì, in piazza, davanti agli occhi invidiosi e meschini dei paesani, e provò un indescrivibile piacere nel farlo, tanto piacere che indugiò a porre fine al bacio proprio perché ne godeva oltremisura. Quando riaprì gli occhi, il rumore della fiera era un sottofondo lontano, mentre era quasi assordante il silenzio dei suoi vicini rimasti a bocca aperta.

«Sia chiaro a tutti», disse, «che costei è mia moglie e che le malelingue vanno dritte all'inferno.»

Galatea, sbigottita, si accarezzò la guancia per scostare una ciocca di capelli; il cuore le batteva così forte che non riusciva a distinguere quale emozione prevalesse dentro di lei. Seppe solo che, quando Ottavio le rivolse un altro sguardo, fu lei a protendersi in punta di piedi per baciarlo e gli ultimi curiosi, che avevano fatto finta di non sentire, si dileguarono borbottando.

«Dovrei baciarti più spesso in pubblico», constatò Ottavio, riprendendo a camminare.

«Alla lunga ti stancheresti di dare scandalo in ogni dove...» lo redarguì, evitando prudentemente di confidargli i sensi di colpa che la voce della gente aveva riattizzato in lei. Ottavio, però, parve intravederli nei suoi occhi e perciò la prese da parte, si assicurò che nessuno sentisse e le ingiunse: «Sorridimi, Tea». Lei esitò e le labbra, invece che aprirsi luminose, si imbronciarono.

Sposa di marcheseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora