Il duca era corrucciato e camminava per il corridoio stringendo forte una mano nell'altra. Certe situazioni lo mettevano in imbarazzo, nonostante l'esperienza accumulata negli anni. Certe situazioni, nella fattispecie la presente, erano particolarmente delicate e lui non aveva propriamente il carattere adeguato nell'affrontarle. Suo fratello minore sarebbe stato ben più all'altezza, ma questo era un pensiero futile, non potendo questi venirgli in aiuto, non allora. Parte dell'imbarazzo gli era attribuibile, ma Antonio aveva smesso di scaricare sugli altri le responsabilità.
Un paggio gli si avvicinò in punta di piedi e parlò a bassa voce quando gli fu dato il permesso. Il duca ascoltò con attenzione, tese le labbra e annuì, acconsentendo a quanto gli veniva proposto. Il paggio si allontanò veloce e Antonio lo seguì a testa alta, il passo disteso e solenne. Raggiunse la sala della musica e le grandi porte si aprirono al suo incedere senza che fosse necessario rallentare l'andatura. Il duca si affacciò accolto dagli inchini dei nuovi venuti, ancora con la mantella da viaggio sulle spalle nonostante le temperature estive.
«Signor Farinacci,» esordì, rivolgendosi all'unico uomo presente, «spero abbiate fatto buon viaggio. Mi duole avervi disturbato in simili circostanze, ma capite le necessità.»
Vincenzo Farinacci, accennando un secondo inchino, portò la mano sul petto e assentì per sé e per la moglie, zitta e composta accanto a lui. «Era anche nostro desiderio», ribatté, «fare visita a nostra figlia dopo l'accaduto.»
A quell'accenno, Antonio si irrigidì e, parlandogli in confidenza, bisbigliò: «Abbiate cura, signori, di considerare la faccenda assolutamente segreta. Qualora sia richiesta una vostra parola, a quanto sapete l'incidente si è svolto in campagna, durante una battuta di caccia fuori stagione».
Vincenzo rivolse uno sguardo allarmato verso il paggio che aveva preceduto il duca, poi verso le guardie che stazionavano agli ingressi, quindi bisbigliò a propria volta: «Quanto alla verità? Ci sarà dato di conoscerla?»
«Più tardi, più tardi», tagliò corto il duca, che si stava guardando attorno con aria tesa. «Dove sono i bambini?» domandò infine, riprendendo un tono più sciolto. Maddalena si volse alla porta da cui erano entrati, che si trovava dietro di lei, e rispose: «Vostra Grazia, mia figlia li sta distraendo in corridoio. Il viaggio li ha molto infastiditi...»
«Vostra figlia?» ripeté Antonio, senza capire. Vincenzo gli rispose: «Sì, nostra figlia Teodora. Venendo qui abbiamo fatto tappa al monastero di Santa Chiara, dove entrerà presto come novizia, e l'abbiamo presa con noi per il suo ultimo periodo da fanciulla. Se permettete, vado a chiamarla».
Prima che potesse mettere in atto il proposito, la grande porta attraverso cui era entrato il duca si aprì nuovamente e sulla soglia apparve una coppia seria e compunta, un uomo e una donna per mano. E una voce: «Madre? Padre?» riecheggiò cristallina tra le pareti. Maddalena, senza trattenersi, si affrettò ad andare incontro a Galatea per stringerla forte, confortarla, scacciare via gli incubi che ancora le adombravano di paura il bel viso. L'uomo che la scortava era quel famoso militare, Alessandro Ferraris, di cui avevano sentito tanto parlare da lei.
«Madre?» chiamò ancora Galatea, quasi non credesse ai propri occhi. «Non credevo che sareste venuti così presto! Ma i bambini? Dove sono i miei bambini?»
«Qui fuori, Tea», intervenne suo padre, appressandosi. «Teodora li sta facendo giocare.»
«Teodora?» fece Galatea, sempre più sorpresa. «E Francesco? Come sta?»
«Lui sta bene, molto bene. Non ha potuto muoversi da casa per via del matrimonio imminente.»
Galatea annuì, picchiettando con la mano sulla spalla della madre mentre se ne stavano abbracciate.
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Sposa di marchese
Ficção HistóricaSequel di "Figlia di mercante" Una nuova, rocambolesca avventura sta per coinvolgere Galatea e la sua famiglia. Nessuno, nemmeno la sposa del marchese, può ritenersi al riparo dalle insidie della vita: ogni momento felice può racchiudere in sé il ge...