12 luglio 1676

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Galatea si sentiva osservata e, di conseguenza, distribuiva occhiate bieche tutt'attorno, per accertare se la sua percezione corrispondesse in qualche modo alla realtà. Talvolta, per distrarsi, si chinava su Ludovica, seduta a terra, per sussurrarle qualche parola; non faceva in tempo a rialzarsi che udiva, da qualche parte, qualcuno che mormorava. Ed era certa che parlasse di lei, ma non sapeva perché.

Allora guardava all'altra navata, la navata degli uomini, senza bisogno di cercare: Ottavio e Ferraris erano in piedi uno accanto all'altro e rispondevano sottovoce a ogni invocazione del sacerdote: erano gli unici, probabilmente, a capire perfettamente il latino ecclesiastico che risuonava nelle volte della piccola chiesa del paese e perciò, per non attirare l'attenzione, bisbigliavano. Era naturale, ormai, seguire questa strategia cui lei stessa si atteneva. La maggior parte dei fedeli recitava il rosario mentre il prete officiava i riti sacri, e nemmeno a bassa voce. E poi c'erano i pettegoli, per cui la funzione della messa domenicale diventava l'ennesimo ritrovo per scambiare le ultime novità.

Galatea spostò nuovamente lo sguardo da una parte all'altra e le parve di notare, in un paio di occasioni, che un uomo la additasse al vicino, e che una donna la guardasse con un'aria di condanna. Rabbrividì e, istintivamente, cercò Ludovica, le accarezzò la testa e le disse di alzarsi in piedi, così da poterla prendere in braccio. Chiuse gli occhi, per percepire meglio il palpito del cuoricino di sua figlia; poi si inginocchiò al momento dell'elevazione e tenne la testa china, strinse i denti e nascose le lacrime. Ludovica, però, se ne accorse, le passò un dito sulla guancia e domandò: «Mamma, perché piangete?»

«Shht!» sibilò cullandola sulla propria spalla. «Di' una preghiera, tesoro mio.»

Anche Ottavio e Ferraris si erano inginocchiati e, quando arrivò il momento, si rialzarono; nel farlo, suo marito la spiò e lei, incrociando i suoi occhi neri, si lasciò scappare un timido sorriso. Ludovica, che stava recitando un'Ave Maria, si volse incuriosita e salutò con la mano. Ottavio le fece cenno di continuare e si sistemò i calzoni sulle ginocchia, quindi si impettì in attesa della comunione. Il sacerdote si presentò sui gradini dell'altare assistito da due chierichetti e la gente si mise ordinatamente in fila. Fino alla domenica precedente, anche loro erano stati di quelli, ma questa volta nessuno dei tre avrebbe osato muovere un solo passo in quella direzione; la cosa più imbarazzante, però, era che ognuno era consapevole tanto del proprio peccato quanto della necessità di celarlo agli altri. Si tennero d'occhio sbirciandosi di tanto in tanto, cedendo via via all'indecisione e alla tensione. Ottavio sperò fino all'ultimo di vedere Galatea passargli accanto con il suo incedere leggero e aggraziato; Galatea, invece, crebbe nell'inquietudine allo strano atteggiamento di Ottavio che, a quanto sapeva, non aveva mai mancato di consumare l'eucaristia né di assistere alla santa messa di precetto. Il fatto che entrambi restassero fermi al proprio posto non sfuggì al fiuto attento della gente e i mormorii, nell'ultima parte della celebrazione, sopraffecero il pio rosario di ormai poche anziane beghine in un angolo.

Dopo la benedizione conclusiva, Galatea schizzò a ripararsi da occhi indiscreti sotto l'ala protettiva di suo marito, il quale la cinse e la strinse a sé, baciandola sulle labbra non appena furono fuori dalle mura dell'edificio sacro. Anche lei rimase colpita da quel gesto dolce e del tutto non richiesto, solo spontaneo e amorevole. Ferraris si trasse in disparte e tornò a casa per un'altra strada insieme a Giovannino.

Ottavio, Galatea e Ludovica si avviarono per la via più diretta, quella che conduceva alla piazza del mercato; la maggior parte dei fedeli intervenuti, però, seguiva la loro stessa direzione, così che la famigliola si trovò circondata.

Galatea avrebbe voluto convincersi che fossero i sensi di colpa a ispirarle la sensazione di biasimo che coglieva nelle pupille di chi incontrava. Siccome non le riusciva, preferiva camminare senza far caso a nulla, affidandosi alla guida di suo marito come se fosse stata cieca. Ludovica le stringeva la mano e canticchiava una canzoncina allegra per festeggiare la fine del silenzio imposto dalla messa.

Sposa di marcheseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora