Ciò che in verità Galatea desiderava in quel momento era affrontare la figura misteriosa che ancora si permetteva di dettarle legge. Perciò si sedette e chiuse forte gli occhi, non potendo andare in camera a distendersi sul letto: Ludovica stava riposando e aveva bisogno di non essere disturbata.
Ad occhi chiusi, Galatea sentì emergere la voce dalle profondità del proprio essere; le diceva che doveva vergognarsi, che avrebbe perso tutto, affetti, sicurezze, appoggi, tutto a causa della sua infedeltà. E per quanto si sforzasse di distinguere i contorni della nemica nell'oscurità, stavolta non ci riusciva. A un tratto, oppressa dall'insistenza dei suoi moniti terribili, sbottò: «Perché non mi hai fermata, mmh? Perché non hai fatto come fai con Ottavio, perché non ti sei messa in mezzo tra noi?»
La figura ghignò emettendo un suono stridente, quindi rispose: «Ho assecondato le tue voglie, cara mia. È ovvio che non ti terrò lontana da tuo marito finché il tuo corpo non avrà saziato i suoi istinti; mi serve qualcuno a questo scopo e quel bellimbusto fa al caso mio».
Non era mai stata tanto schietta e sincera con lei: Galatea si scosse in preda al panico.
«Quindi tu mi spingi all'adulterio e poi me lo rinfacci?»
«Se non lo facessi, tu ti dimenticheresti di quanto sei debole e indifesa e di quanto invece tuo marito sia pericoloso.»
Il discorso stava prendendo una piega assurda e questo autorizzò Galatea a ergersi a paladina della propria libertà contro la tiranna che la angariava. «Ottavio non è pericoloso; anzi, Ferraris, dei due, è il rischio peggiore.»
«Sbagli prospettiva, cara: che cosa vuole tuo marito da te?»
«Vuole che io lo ami; e io lo amo.»
«Stupida! Lui vuole figli da te; li vuole perché sei sua moglie, te l'ho già spiegato! Qualsiasi donna si trovasse al tuo posto, per lui sarebbe la stessa cosa. Ma tu sai di non potergli dare quei figli che desidera tanto: al prossimo fallimento potresti rimetterci la vita.»
Istintivamente, Galatea si accarezzò il ventre e le sovvennero le parole che Ottavio aveva avuto per lei: "Non è dipeso da te... Si tratta di una brutta congiuntura, qualcosa che prima o poi tutte le famiglie devono sperimentare".
«Non sono l'unica!» esclamò allora di rimando. «Altre donne hanno vissuto la stessa cosa; hanno avuto altri bambini dopo...»
«Quante di loro erano mercantine come te? Sposate per un caso fortunato a un marchese di nobilissimo lignaggio?» insinuò la voce, provenendo da un punto più preciso. Galatea guardò in quella direzione e scorse, anche se con fatica, la figura armata di artigli acuminati. Ricordò di aver sofferto dei suoi attacchi e d'un tratto si preoccupò di guardarsi, ma no, non era ferita, neanche un graffio. Rimase interdetta perché il dolore era stato troppo reale per essere frutto dell'immaginazione; mentre ci rifletteva su, udì un singhiozzo, come se qualcuno stesse piangendo.
«Che cosa ti prende ora?» inveì contro la figura. «Torni a fare quella lamentosa, adesso?»
«In realtà,» rispose l'altra malignamente, «sei tu quella che senti lamentarsi.»
I gemiti echeggiarono tutt'intorno, sempre più forti e ravvicinati, finché, d'un tratto, Galatea non si sentì chiamare da una voce diversa: «Figlia di mercante!»
Aprì gli occhi, ritornando nell'atmosfera calma e rassicurante della cucina deserta. Guardò in ogni angolo con il fiato mozzo, poi, rimettendosi seduta composta sulla seggiola, rispose piano: «Sei tu, Prudenza?»
Fu tentata di chiudere gli occhi di nuovo, ma l'altra la fermò: «Non farlo! Se lo farai, il mostro prenderà il sopravvento su di te e non potrò più aiutarti».
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Sposa di marchese
Ficción históricaSequel di "Figlia di mercante" Una nuova, rocambolesca avventura sta per coinvolgere Galatea e la sua famiglia. Nessuno, nemmeno la sposa del marchese, può ritenersi al riparo dalle insidie della vita: ogni momento felice può racchiudere in sé il ge...