Casa Mancata

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Alberto

Stiamo per arrivare a casa mia, nella mia adorata Sicilia, nella mia città.

Sono al settimo cielo.

Siamo sul traghetto che porta dalla punta estrema della Calabria a Messina -essendo che la mia adorata città si trova alla punta dell'isola.

Lei ha salutato Luca stamattina prima che partissimo per andare al porto e ora dorme, sono le cinque del mattino, fra una ventina di minuti attraccheremo e arriveremo alla mia adorata Messina.

Si è stesa appoggiando la testa sulle mie gambe, è stesa su un fianco, guarda dall'altra parte dando le spalle allo schienale, io le accarezzo la testa, la spalla sinistra scoperta essendo che indossa una canottiera nera, un paio di shorts verde opaco, le sneakers sono poggiate di fronte alla poltrona lunga.

Vedo gente che ci fotografa ma non ci faccio tanto caso, continuo a osservare lei che dorme, a seguire il suo respiro, a sfiorare la sua pelle leggermente fredda, così candida.

La sento muoversi, io invece rimango quasi del tutto immobile, alza la testa e cerca il mio sguardo, si volta e, appena mi vede, sorride a occhi chiusi, ha sul suo viso una buffa e divertente espressione, si alza fino a sedersi in posizione eretta, stropiccia gli occhi impastati dal sonno e si stiracchia, la canottiera si alza leggermente lasciando vedere una minima striscia di pelle candida al livello dell'ombelico, poi s'ingobbisce per distendere la schiena.

<<Manca ancora molto, Al?>> Mi chiede, il suo tono è assonnato ma vigile, più o meno.

<<Cinque minuti e arriviamo, Tish.>> Annuncio, apre finalmente gli occhi trasparenti e mi guarda, io le sorrido.

<<Andremo subito a casa tua, Al?>> Chiede completamente sveglia, io annuisco subito.

<<Andremo a Messina e poi faremo il giro di tutte le città più belle, ti porterò a Catania, Siracusa, Agrigento, Palermo, anche Marsala, così sentirai il liquore.>> Le propongo, lei annuisce abbastanza incuriosita.

La voce meccanica dell'assistente ci annuncia l'attracco al porto, attendiamo cinque minuti e le assistenti ci dicono di andare alle macchine, io e lei ci avviamo subito al veicolo, scendiamo le scale e arriviamo alla stiva, saliamo in macchina e, appena il portellone finisce di aprirsi, noi partiamo e usciamo dal porto.

Percorro una strada che conosco come il palmo della mia mano, potrei percorrerla a occhi chiusi, entriamo in superstrada fino all'uscita, per poi, in cinque minuti, arriviamo nella mia umile dimora.

Tish esce prendendo in spalla il borsone, alza la testa, la mia casa è su due piani, camera mia però si affaccia verso la costa, saliamo gli scalini, io suono il campanello e aspettiamo, sento poi la voce di chi mi ha messo al mondo urlare alla mia adorata sorellina di andare ad aprire, questa spalanca la porta guardando nel porta chiavi affianco, quando poi mi vede ammutolisce.

<<Chi sono Ra'? I Testimoni di Geova?>> Domanda mia madre, la vedo poi avvicinarsi e, appena mi vede, s'affretta ad abbracciarmi forte io la stringo forte sorridendo.

<<Beddo mio, un infarto mi farai venire>> dice lei, poi guarda Tish.

<<Che state qui in piedi, entrate, su!>> Ci incita, io entro e a ruota entra anche Tish.

Casa, mi sei mancata immensamente.

L'ingresso grande da sulla sala da pranzo usato anche come soggiorno, il camino spento è stato mimetizzato dalla televisione che, invece di stare sul mobile più grande di fronte al divano, sta all'angolo.

Inspiro, nei miei polmoni entra l'odore del mio posto sicuro.

Casa.

<<Vieni qui, Ramo'>> sprono mia sorella ad abbracciarmi, lei si avvicina e mi abbraccia forte, mia sorella, la mia roccia, la mia spalla, l'albero sotto cui nascondermi per rilassarmi, la luna che mi osserva per vedere che non faccia cazzate.

Minore sì, ma molto più matura dentro.

<<Mi sei mancato molto, fratellone.>> Mi sussurra, io sorrido inspirando il suo odore che sa di agrumi.

<<E papà?>> Chiedo, mamma esce dalla cucina con uno straccio sulle spalle.

<<Papà sta a Foggia dall'amico suo del lavoro.>> Mi risponde, io annuisco, vedo Tish che sorride nel vedere tutto ciò che è appena successo, io mi affianco a lei e l'avvicino alle due donne più importanti della mia vita.

<<Inutile che ve la presenti.>> Dico supponendo che loro la conoscano, Ramona annuisce.

<<Come no, Tish è così formidabile che alcuno non può conoscerla.>> Dice, lei sorride e ringrazia per il complimento, io guardo mia madre che guarda la rossa con un qualcosa di strano negli occhi, qualche cosa di positivo, forse dovuto a sorriso leggermente accennato sulle labbra.

<<Vieni Tisha, ti faccio vedere dove dormirai...>> inizia a dire Ramona, ma io la blocco subito.

<<Stai serena, sorelli', faccio io.>> Dico con fare esperto, lei alza le mani e lascia l'inizio della scala libero, noi saliamo fino al piano di sopra e raggiungiamo la mia camera, è tutto come sempre in ordine, il letto fatto, la scrivania che avevo lasciato ordinata ancora nello stesso stato, con i libri di canto ancora ben impilati, lo zaino di scuola appeso all'armadio.

<<Niente male per essere la camera di un tenore ventunenne.>> Commenta Tish entrando, poggia il borsone ordinatamente accanto alla scrivania, indica il letto e annuisco, lei si siede delicatamente, poi la vedo chinarsi sul mio cuscino e inspirare, vedo gli angoli della bocca guizzare sù.

<<Anche questo sa di te.>> Dice guardando il guanciale coperto dalla fodera nera e grigia, io mi siedo accanto a lei e accarezzo le lenzuola fresche.

<<Questa camera è mia da quando sono nato, fin quando dormivo in culla ed ero abbastanza piccolo la culla era lì, dove c'è la sponda del letto, poi è stata modificata, sono passata dalle coperte di Saetta McQueen a queste, con colori molto semplici.>> Dico, sento qualcosa di nostalgico nella mia voce.

<<Qui ho avuto molte prime occasioni e prime volte: il mio primo sonno tranquillo, il mio primo compito venuto bene di scuola, la mia prima sgridata dai miei per il rientro tardato, la prima volta che cantai con nonna...>> dico, poi continua Tish.

<<Il primo bacio, una speciale prima volta...>> suppone lei, io scuoto la testa.

<<No, qui non ho avuto né l'una né l'altra, se vuoi saperlo.>> Le dico, lei alza le sopracciglia sorpresa, ma poi si ricompone.

<<Non è mai stata mia abitudine portare le mie ex -almeno, quelle che ho avuto- a casa.>> Confesso, lei annuisce.

Istintivamente e prendo le mani e le stringo tra le mie, lei guarda loro con un sorriso incomprensibile, sospira e poi mi guarda.

C'è silenzio, tanto silenzio, un silenzio teso come le corde di un prezioso violino, e i nostri respiri fanno da archetti che ne suonano una dolce melodia.

Il Serale|| Tisherto FanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora