Capitolo 1

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Crystal's pov
Sono seduta su una panchina del parchetto di Central Park poco distante da casa mia.

Adoro questo posto, vengo sempre quando ho voglia di distrarre la mia mente da tutto ciò che mi accade, dagli affanni della vita quotidiana e dalle innumerevoli responsabilità da assumersi.

Delle volte ci sentiamo soffocati per le aspettative che la gente ci impone e abbiamo bisogno di staccare la spina, goderci un attimo di serenità, come nel mio caso, che mi ritrovo ad inspirare l'odore del verde che mi circonda, ed ad osservare non solo gli alberi alti e i fiori colorati pronti a sbocciare, ma anche le persone.

Bambini che giocano a nascondino o che si passano la palla a vicenda, mamme intente a chiacchierare con altre mamme mentre guardano orgogliose i propri figli, anziani che passeggiano guardandosi attorno e non facendosi sfuggire nessun particolare.

È tutto così frenetico, caotico che quasi mi sfugge un sorriso.
Nonostante le mie giornate siano sempre monotone, mi è sempre piaciuto vedere persone divertirsi in tal modo.

Chissà se almeno sono felici per davvero o se stanno solo fingendo, per poi chiudersi in sé stessi una volta tornati a casa.
Chissà se i i bambini che stanno ascoltando il padre insegnargli come si fa bene un canestro, se stanno capendo realmente qualcosa, se ascoltano davvero o stanno solo sentendo, volendo farcela da soli, senza spiegazioni.
Chissà se quella ferita al ginocchio sbucciato di quella bambina, che sorride rassicurante alla madre per dirle ''non è niente'', in realtà bruci un casino e che quello sia solo un sorriso di facciata.
Chissà invece se al contrario, quei bimbi che ad occhi lucidi incolpano altri bimbi imbronciati, se magari cercano solo di attirare sguardi preoccupati da parte dei genitori e di scaricare la colpa.

Caratteri diversi, comportamenti disuguali, atteggiamenti differenti che caratterizzano ognuno di noi.
Forse ogni persona è speciale perché ha un qualcosa che lo rende diverso dagli altri, un qualcosa che ha solo quella persona.
Ognuno è unico a modo suo perché sono proprio i suoi difetti a renderlo speciale, a distinguerlo.

All'improvviso l'arrivo di un bimbo vicino alla mia panchina, mi fa ritornare coi piedi a terra.

Mentre attendo cos'ha da dirmi ne approfitto per osservarlo.
Osservo i suoi occhi impauriti di un blu scuro che se li guardi per un po' sembri sprofondarci dentro e anneggare in quell'immenso oceano.
I suoi capelli castano scuro leggermente scompigliati, il labbro corrucciato, la maglietta che copre di poco i calzoncini, un po' spiegazzata.
Mentre lui osserva i miei occhi grigi talmente profondi che sembra di cascarci, sembra di non trovarci né un inizio né una fine. Osserva i miei lunghi capelli neri pece divenire di un rosso fuoco acceso verso le punte, rosse come le mie labbra e come le mie guance che vanno a contrasto con la pelle lattea, linda. Osserva il mio vestiario composto da una maglia nera a mezze maniche con su scritto "Sono nervosa, non parlatemi", i miei jeans aderenti bianchi con uno strappo sul ginocchio, le mie Adidas super star e il mio berretto nero con la visiera al contrario, della stessa marca delle scarpe.
Punta di nuovo i suoi occhi dove al di sotto delle mia lunghe ciglia scure, ci sono due pozze grigie che lo osservano con la sua stessa intensità.

<<S-scusami per caso potresti dirmi come si fa a ritornare al Theater District?>> balbetta un po' impacciato, mettendosi le mani in tasca

Inarco un po' il sopracciglio confusa.

Perché tra tutte le persone che ci sono al parco lo ha chiesto proprio a me?!

Volevo solo passare inosservata, che la gente non mi notasse continuando a stare per fatti propri al Central Park.

A quanto pare è impossibile.

<<Ti sei perso?>> solo ora, guardandolo meglio, noto delle piccole lacrime agli angoli dei suoi immensi occhi blu che gli danno ancora di più l'effetto di oceano

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