17 - A gambe forti

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Alex

«Fotte cazzi, io qui faccio un massacro! Ammazzo tutti! Tu sarai il primo! Ah-ah! Assalto alla Corona! Assalto alla Corona!» grida Emma da cocainomane, e io resto a fissarla mentre batte una pistola ad acqua sulla testa di Fabian, che tenta di contrastarla alla stessa maniera.

«Quando finisce il Natale? Quando te ne torni a casa?» rimbrotta lui, col fiato strappato, colpendole una guancia, poi una tempia.

Il serbatoio delle loro armi gialle in plastica è vuoto e mi chiedo perché non le usino per spruzzarsi e bagnarsi a vicenda, anziché per farsi venire le commozioni celebrali. Boh. Però tutta questa matta violenza delle due di notte mi diverte. Infatti, nella mia gola tintinna una risata. Siedo sul davanzale di una delle finestre della stanza di mio fratello. Non c'è posto più comodo di questo per gustarmi lo spettacolo.

Qui è quasi tutto pronto per il campeggio. Per assurdo, senza neanche metterci d'accordo, siamo abbinati: indossiamo patetici pigiami natalizi. Sembriamo usciti da un cartone animato.

Da quello che so, nessuno verrà a disintegrarci i coglioni. Abigail è stata messa all'angolo da una potente emicrania con aura – causata certamente da quel mio bel figlioletto non ancora nato – e papà è già a letto da un pezzo.

Prima è apparso Scott, che ci ha fatto recapitare biscotti e tortine per lo spuntino che consumeremo all'alba. Molly, invece, ci ha procurato un folto numero di coperte con le quali l'ingegnera Eloise sta già provvedendo a costruire le tende.

Ride anche lei a farsi spettatrice delle atrocità che i nostri fratelli si dedicano reciprocamente. È in ginocchio, che stende a fatica le lenzuola sul pavimento. Non sembra molto portata per i lavori di casa. Sospetto non abbia mai sistemato un letto in vita sua, come d'altronde neanch'io. E potrei aiutarla, anche giusto per sbagliare insieme, ma sono ipnotizzato dalla leggerezza che si respira in questa camera. È così benefica.

Un'ora fa avevo timore di rivangare un passato ormai inesistente, ma adesso mi sto accorgendo che gli accenni della nostra infanzia sono ancora insiti in noi, nelle nostre cazzate, nelle nostre risate e ho quasi l'impressione che dodici anni di lontananza non ci abbiano scalfiti. Neanche un candelabro ha avuto la meglio su di noi.

Devo ringraziare Coccolotta per questo. Dovremmo farlo tutti.

È quella che più si sta spendendo per suggerirci, implicitamente, che possiamo essere ancora i bambini spensierati del lago.

Fabian si impadronisce della sua pistola, scatta in piedi e lei getta un urlo dai decibel inqualificabili. Infatti Eloise trasalisce, coprendosi le orecchie con i palmi. Si gira un attimo per ricercarmi. Lo vedo, con gli occhi strizzati mi sta chiedendo: "Anche tu hai i timpani sfracassati?".

E annuisco, esprimendomi in una risatina.

«Ridammela, cesso!» la rivendica Emma, mentre mio fratello fa un balzo per salire sul suo letto matrimoniale. Lei fa lo stesso, ma mette il piede in fallo e cade di faccia sul bordo del materasso. Poi ci riprova, con uno scatto più atletico. «Da rubapalloni a rubapistole! Direi che stai peggiorando! Che schifo!»

«Ma come posso non sottrartela? Se continuerai a sbattermela in fronte mi candiderò per un prossimo ricovero in neurologia!» blatera Fabian, mentre saltano uno di fronte all'altra come due cavallette, in piedi. Emma allunga una mano in direzione della pistola, ma lui ha i riflessi più pronti e la porta in alto, a collidere con la copertura del baldacchino.

Io sono reginaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora