10 - Fingiti mia

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Alex

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Alex

Afferro la scollatura del vestitino maculato e faccio per tirarla giù senza educazione. Un suo gemito si espande tra i nostri corpi infiammati, arrivando a insidiarsi nel mio orecchio. Oh sì. Le sue tette ora si espongono a me. Sono di una misura contenuta, per cui, seguendo il movimento del bacino che va avanti e indietro nei pressi della mia coscia, rimbalzano poco. Ma Dio se non sono deliziose.

«Dimmelo, Alex» semina la sua pretesa tramite un sussurro seduttivo, giocherellando con il mollettone dei boxer. «Dimmelo.»

Nego con la testa e mi guarda truce, fino a scivolare giù dal mio fianco per mettersi seduta. Me lo fa esplodere nelle mutande quando fa finta di essertela presa.

Allora mi avvento su di lei, protendendo il torso nudo verso destra. Non posso esimermi dal baciarle la labbra, due petali avvolgenti sempre pronti a schiudersi per me.

Solletico il centro dei suoi seni con un polpastrello, tracciando una linea a dir poco perfetta. La sua pelle si punteggia di una miriade di lentiggini ed è del colore del latte. Non ne ho mai viste di così chiare. Tutto, di lei, mi ha sempre fatto arrappare e non gliel'ho mai nascosto, sin da quando avevo tredici anni.

È con mia cugina che ho perso la verginità, ed è lei che mi scopo tutte le volte che sparisco per giorni e giorni da Palazzo Reale. Dico che vado in Lonters per ritrovare me stesso. Invece ci vado per perdermi nella sua caldissima fica.

E ne ho fottutamente bisogno, stamattina. Ne ho bisogno dopo l'orrenda cena-non cena di ieri, dopo una serata di sesso scadente, asettico e annoiato, e dopo... dopo l'irruzione di Eloise.

Dannazione, ero sbronzo fradicio e a malapena ricordo di averla vista fuggire dalla mia camera.

Ma era lì per l'anello e non perché volesse succhiarmelo. Di questo sono sicuro.

Mi auguro solo di non aver fatto troppo schifo.

Se ho esagerato non me la farà passare liscia, purtroppo. Andrà a piangere sulle gambe di mio padre. Quel venduto di merda, tra l'altro! È anche per questo che me ne sono andato. Perché lui l'ha accettata nonostante tutto quello che ho passato, cedendole persino il mio posto a tavola. Pretendo delle scuse al mio ritorno.

«Dimmelo.»

Stringo la presa su un seno e torchio il capezzolo tra pollice e indice. Cazzo, voglio leccarlo subito, per cui mi batto una mano sul quadricipite e le dico con tono duro: «Mettiti qui. Ora».

Si convince. Immaginavo. Con Charlotte bastano i comandi da uomo alpha. Sale a cavalcioni su di me, sul divano in ciniglia posto di fronte al camino accesso, e io l'accolgo, alzandole la gonna del vestito e ficcando le dita nelle natiche sode, lasciate in vista da un tanga striminzito.

Io sono reginaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora