CAPITOLO II

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Elena non capiva per quale motivo sarebbe stata più al sicuro dagli Hellsing che a casa sua, ma non protestò al pensiero che finalmente avrebbe avuto la possibilità di fare la conoscenza di persone nuove ed avere una parvenza di vita normale.

Finita la colazione, corse a farsi un bagno per poi indossare un bel vestitino rosso stretto in vita, che le lasciava le spalle scoperte e aveva una gonna ampia che le arrivava sopra al ginocchio; era uno dei suoi vestiti migliori, ci teneva ad essere carina e fare una buona impressione sulle nuove persone che avrebbe incontrato fra poche ore. Quelle volte che lei e Soren uscivano, stavano sempre per conto loro senza mai fermarsi a parlare con nessuno, perciò da che avesse memoria, quella era davvero la prima volta che avrebbe potuto intrattenere una conversazione con persone diverse dalla sua famiglia adottiva.

Mentre Soren caricava i loro bagagli, Elena camminò piano nel giardino di casa, il volto rivolto al cielo e il sole che le accarezzava la pelle pallida. Il vento leggero le muoveva i capelli, mentre inalava il profumo dell'erba e dei fiori intorno a lei. Era impaziente di partire ma anche in ansia, perciò quello era il suo modo di rilassarsi e calmarsi in modo di scongiurare un eventuale attacco di emicrania.

Il viaggio verso la dimora Hellsing fu calmo e silenzioso; dopo un'ora e mezza di macchina si fermarono davanti ad un grande cancello di ferro sorvegliato da due guardie. Quando diedero loro il permesso di entrare percorsero un lungo viale ghiaioso fiancheggiato da entrambi i lati da un bel giardino pieno di alberi, cespugli, aiuole fiorite e statue. Il viale terminava in un cortile antistante un'enorme dimora in stile vittoriano. La tenuta della famiglia Hellsing aveva due piani, molte ampie finestre e un bel balcone che si affacciava sul giardino. La villa era la sede di una vera e propria organizzazione paramilitare che disponeva di soldati e armamentario, sul retro c'era anche una pista di atterraggio per elicotteri, ma ad un primo sguardo era semplicemente la dimora di una famiglia molto ricca. Elena si guardò intorno con occhi colmi di entusiasmo, ci sarebbero voluti giorni per scoprire ogni stanza della villa e sperava ardentemente di poter passare i pomeriggi assolati in quel giardino almeno dieci volte più grande del suo.

Un uomo sulla sessantina li stava aspettando sulla soglia; si presentò come Gideon, il maggiordomo. Aveva i capelli brizzolati tenuti legati in una piccola coda alla base del collo, tratti spigolosi ma gentili; da giovane era stato sicuramente un uomo molto forte e quella forza si percepiva ancora dietro la facciata di semplice servitore.

Gideon li accompagnò nello studio di Integra e dopo aver bussato, aprì la porta lasciandoli entrare.

«Ah, Anna, Paul, benvenuti! Entrate pure!»

Elena cominciava a sentirsi leggermente agitata, non sapeva se essere contenta o spaventata del cambiamento che l'aspettava. Non era mai stata neanche un giorno lontana dai suoi genitori adottivi o da casa sua e si domandava se in fondo si sarebbe davvero trovata a suo agio con degli sconosciuti. Non avere alcuna memoria se non quella che si era creata dai diciotto ai ventitré anni, era qualcosa che la scombussolava, la faceva sentire a disagio e in ansia nel trovarsi in situazioni e luoghi non familiari. Fortunatamente Soren era al suo fianco per sostenerla, come sempre. Quando riuscì a calmarsi i suoi genitori avevano già finito di parlare con Integra e si avvicinarono per salutarla.

«Starai bene qui con Integra, Elena, non preoccuparti» Anna la abbracciò forte e le diede un bacio sulla guancia.

«Vedrai che torneremo talmente presto che non ti accorgerai nemmeno della nostra assenza» disse Paul accarezzandole i capelli, vedendola in apprensione.

«Ti vogliamo bene» dissero in coro prima di lasciare la stanza.

Anche Soren se ne andò per andare a sistemare i loro bagagli insieme a Gideon.

HELLSING: LIGHT AND SHADOWDove le storie prendono vita. Scoprilo ora