sedici.

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Non c'è nessun angelo non c'è nel mio cielo gelido, questa notte finirà

Ci sono notti in cui non si dorme e semplicemente si aspetta che la mattina arrivi. Provi e riprovi a chiudere gli occhi per spegnere i pensieri ma poi ti ritrovi quasi ad avere paura di agire, di addormentarti, perchè quando non pensi è più facile sognare quello che desideri. Sogni magari che lei arrivi a due passi dal tuo letto per controllare se dormi, che accenda la luce e poi faccia quei passettini in più per rimboccarti le coperte come quando eri piccola. Sogni che lei ti dica " devo andare" mentre tu con le tue labbra tremi e tenti un " rimani ancora un pò". Lei però se ne va lo stesso, di nuovo, non conta quello che vuoi tu. Se ne va una volta ancora, portandosi via la notte e il sogno. Si porta via le coperte, il tetto, il soffitto con le stelle che avevate attaccato insieme quando avevi bisogno del cielo nella stanza per riuscire ad addormentarti. E poi ancora le scarpe sul pavimento, la stanza gli armadi e le ante, i cassetti l'aria pure.
Sogni di lui e di quel cambiamento che speravi non avvenisse mai, sogni di quelle parole ardenti che sembravano sconnesse e che in fondo un pò avevano sconnesso pure a te, quelle urla che ancora urlano nella tua testa. Quell'addio silenzioso avvenuto senza un perchè, quegli occhi che ti polverizzavano dalla paura, di quelle mani grandi e di quel caos che creavano dentro di te. Poi ti svegli di colpo e sei sola.
Arrivi addirittura a pensare che forse è davvero meglio non dormire e rimanere a pensare che poi il malumore te lo fai passare alla fine. Luna voltò lo sguardo in alto nel cielo su quella notte che non esisteva già più e che ormai aveva lasciato posto ai primi raggi del sole, con i capelli ridotti uno schifo, la maglia grigia di due taglie più grandi di lei tutta stropicciata. Si alzò da quel letto rendendosi conto di ricordare ogni singolo secondo della notte precedente, di aver iniziato a piangere sulla spalla di Dylan e di non essere riuscita più a smettere. La sua fronte che in un secondo si era appoggiata nell'incavo del suo collo ispirando il suo profumo così bene tanto da lasciarlo mischiare ai suoi singhiozzi. Un pianto così silenzioso ma che allo stesso tempo crea un rumore assordante.
" piangi quanto vuoi io non vado da nessuna parte"
Le aveva sussurrato Dylan stringendola a se così forte da sembrare un attimo possibile riuscire a rimettere in senso tutti i pezzi di se stessa.
" pensavo di essermene liberata ma non andranno mai via"
" con il tempo andranno via vedrai"
" no Dyl perchè è tutta colpa mia"
" no Luna non è stata colpa tua è stato solo un incidente"
Una volta che si inizia a scagliare quel muro di cemento che hai attorno poi basta solo un soffio di vento per farlo sgretolare come un castello di sabbia. Ma dolore o meno non poteva permettere di lasciarsi abbattere anche se le bruciava dentro e non era quello che Dylan avrebbe voluto, e se non ce l'avrebbe fatta da sola poteva contare su di lui.
Così si limitò a grugnire nel cuscino cercando di ignorare il sonno che ancora le gravava addosso e il mal di testa che grugnendo non aveva fatto altro che aumentare. Sciolse i capelli e li pettinò lentamente con le dita prima di legarli di nuovo in uno chignon disordinato stanco quanto lei. Non si guardò nemmeno allo specchio mentre si lavava il viso con l'acqua gelida e un brivido le percorse lungo la schiena svegliandola del tutto. Non si soffermò su quei residui di mascara ancora rimasti appiccicati alle sue lunghe ciglia mentre scivolavano nello scarico insieme alle poche lacrime rimaste diventate polvere sulle sue guance. Non pensò, non si diede la colpa ancora di più di quanto già non stesse facendo. Il fondo forse Dylan aveva ragione non era colpa sua, non del tutto almeno. E se Luna non doveva darsi il tempo di pensare, o non voleva soffermarsi troppo, era arrivata alla conclusione che la cosa migliore da fare fosse continuare a vivere come se non fosse cambiato nulla, come se niente la potesse sfiorare, non era importante che si stessero distruggendo a vicenda, che stesse distruggendo entrambi con un colpo solo.
Ma cos'altro poteva fare?
Arrivò fino alla cucina barcollando non preoccupandosi dello sguardo di Dylan che le si piombò addosso mentre sorseggiava lentamente una tazza di caffè nero seduto su uno sgabello in cucina, almeno finchè non lo sentì parlare, e lo sentì, ma le parole le arrivarono addosso confuse, ovattate come se fossero lontani chilometri e non nella stessa stanza.
" stai bene Luna?"
Le chiese il ragazzo con il naso all'insù inarcando un sopracciglio quando si vide ignorato, che la più piccola si era seduta di fianco a lui con il suo solito libro che sembrava non finire mai, era come se non l'avesse ne visto ne sentito.
" Luna.."
Ci riprovò il ragazzo dai capelli scuri prendendole una mano e accorgendosi di quanto stesse tremando. Deglutì, poi lei si avvicinò e le lasciò un lungo bacio su una tempia lasciando andare un sospiro.
" andrà tutto bene okay? Ci siamo noi come sempre.. parlami ti prego non mi escludere"
La ragazza dai capelli chiari abbassò le palpebre per qualche secondo sorridendo appena e ringraziando mentalmente di avere lui che non sapeva nulla.
Non sapeva la verità e non poteva nemmeno immaginarla, ma per qualche strana ragione c'era, era li al suo fianco e non avrebbe mai dovuto dubitarne. Per un attimo Luna si chiese se fosse giusto continuare a mentire, se fosse giusto continuare a tenersi tutto dentro senza lasciare uscire niente con il rischio di scoppiare. Si chiese se fosse giusto continuare in quel vortice che ormai l'aveva risucchiata completamente senza darle nessuna via di fuga quasi come un labirinto ma senza luce in fondo al tunnel. Ma poi i pensieri si erano tramutati in parole così rapidamente da non avere nessun controllo su di loro. Erano uscite da sole libere e avevano viaggiato fino a lui schiantandosi come un treno in corsa.
" avevo pensato che cambiare aria mi avrebbe fatto bene per un pò.. che era l'unica soluzione giusta. Avevo pensato che lontano da li, lontano da lui le cose sarebbero andate meglio. E che rivedere Tyler non avrebbe riacceso nulla che era passato troppo tempo ormai.. ma mi sbagliavo Dyl, eccome se mi sbagliavo"
Quelle parole uscirono come un sussurro ma il ragazzo dai capelli come i chicchi di caffè aveva già capito che dalla bocca di Luna stavano per uscire altre parole pesanti come un macigno, aveva capito che c'era qualcosa che non andava e che la turbava più dei suoi stessi incubi se fosse possibile, ma che anzi, forse erano la causa scatenante del loro stesso ritorno in quella città, ma nonostante di peggio quelle parole lo pietrificarono.
" non sono scappata solo dal passato, dal ricordo dell'incidente.. sono scappata da lui"
E se per Dylan quelle parole erano come una raffica di vento, per Luna erano state scagliate con tutta la forza che aveva. Quelle parole più lasciarono le sue labbra rosse più prendevano forma e vita propria, e più facevano paura a quel ragazzo che aveva di fronte. Lei e quelle parole che avevano preso ad uscire senza fermarsi più. Surreali per quanto fossero vere continuavano a scorrere senza freni liberandolo da quelle catene che da sola si era imposta.
Dylan cercava di trovare un nesso tra quelle parole dette apparentemente a vanvera e senza logica ma che in realtà erano i più sensati che potesse sentire. Gli aveva parlato di come i rapporti con i genitori si sa sono sempre complicati, o più che altro vanno di fase in fase e passano da una all'altra senza che tu nemmeno te ne accorga o che ci faccia troppo caso. Che da bambine tutte sono innamorate del loro papà, o anche della mamma ma alla fine dipende dal genitore al quale ci si sente più attaccati, e per le bambine alla fine si sa il papà è sempre il papà. A volte poi dipende anche dalle attenzioni, dai regali di natale, dalle passeggiate in bicicletta o le passeggiate nel parco. Da chi ci asciuga i capelli senza spazientirsi in pochi minuti. Dipende da chi ci porta a cavalcioni quando siamo troppo stanchi per camminare o quando ci addormentiamo in macchina di ritorno da un'uscita e a volte fingiamo di dormire ancora solo per farci portare in braccio e coccolare un pò. E da bambini, almeno nella maggior parte dei casi, è tutto più semplice. Dipende dai momenti passati insieme e cambia tutto se hai una sorella minore. Questo Luna lo sapeva bene, dalla principessa di papà era diventata quasi un intralcio dopo Maya. Lo aveva imparato bene da quando aveva smesso di accompagnarla al mare solo per portare Maya ad un compleanno o in bicicletta preoccupato che potesse cadere e farsi male. Nemmeno lo ricordava più, l'unica cosa che sapeva era che un minuto prima lei era la sua principessa e quello dopo era diventata invisibile e la colpevole di ogni cosa brutta successa in quell'ultimo anno. L'unica cosa che riusciva a ricordare bene era di come lei la ascoltava quando voleva parlare di qualcosa mentre lui la congedava con un semplice gesto della mano, troppo impegnato a guardare la televisione con l'ennesima bottiglia di birra tra le mani. Quando passava un pomeriggio fuori casa e al suo rientro correva verso di lui in cerca di quelle braccia forti che tante volte l'avevano stretta a se protetta e accolta, trovandole però questa volta abbassate, chiuse, senza aspettare più nessuno da stringere e proteggere. E lei aveva imparato a fingere che tutto questo non le importasse finchè non si ritrovava a tirare su con il naso nascosta sotto le coperte di notte. Da adolescenti invece, in genere, i genitori li si odia. Ci si ribella a qualsiasi cosa esca dalla loro bocca, si fa tutto il contrario di quello che ci viene chiesto e Luna lo aveva sempre considerato uno stupido clichè. Quella strana fase della vita caratterizzata da litigate supersoniche, da urla incontrollate, che se tua madre ti chiede di non truccarti troppo la quantità di eye-liner sui tuoi occhi raddoppia. Quando ti impongono un coprifuoco fingi di aver capito male e torni all'alba ubriaco dopo una serata in discoteca in cui niente è più al suo posto.
Da adolescenti, magari, si nascondono anche le sigarette nel cassetto della biancheria intima con la scusa pronta che le stai conservando ad una tua amica se mai dovessero beccarti. Ne inventi di tutti i colori per non studiare e perdere tempo, e pensi anche di averla scampata per qualche minuto, pensi che i tuoi genitori se la siano bevuta ma in realtà non ci crede nessuno. Ma in questo caso era diverso, Luna era sempre stata diversa da tutti i suoi coetanei fin da quando era una bambina e andava all'asilo. A Luna questa fase non l'aveva mai sfiorata, e non ne aveva avuto nemmeno l'opportunità a dire il vero. Aveva trascorso la sua adolescenza tra le quattro mura della sua camera alternandole a quella della libreria dietro l'angolo. Passava la maggior parte del suo tempo a leggere quantità di libri spropositata trovando la giusta ispirazione già a partire dal titolo e della copertina. Ma tutta questa diversità a Luna non importava non dava fastidio, non le era mai importato e poi aveva iniziato a fingere che non le importasse più di tanto. Non le importava quando era tornata a casa con una chitarra nuova e aveva iniziato a suonare una dolce melodia prima che il padre le urlasse di smettere di fare tutto quel baccano che non gli permetteva di sentire la partita al piano di sotto. Non le era importato quando aveva passato la notte a suonare fuori la stazione racimolando anche qualche spicciolo tornando a casa all'alba guadagnandosi la sua solita occhiataccia piena di disprezzo. Non le era importato nemmeno quando era tornata a casa con tutti i suoi tatuaggi in bella vista e le era passato accanto senza degnarla di uno sguardo come fossero perfetti estranei borbottando tra i denti di quanto lei fosse il suo più grande errore. Non le era mai importato ma stringeva i denti e basta perchè infondo Luna voleva solo attirare la sua attenzione, voleva solo potergli urlare " eccomi mi vedi sono qui davanti a te", avrebbe voluto solo vederlo reagire e magari anche farsi urlare contro le peggio parole ma almeno questo avrebbe significato avere una conversazione con lui. Ma alla fine era solo lei quella che finiva per urlare e piangere perchè per questo ci avesse provato in tutti questi anni non aveva mai risolto nulla. Era sempre stata invisibile, insignificante, un vuoto a perdere. E dopo l'incidente le cose erano peggiorate a tal punto da non avere più un ritorno, ed era stato questo a spingerla a scappare il più lontano possibile senza lasciare nemmeno un biglietto. La situazione era sfuggita di mano e aveva sempre pensato che poteva anche sopportarla se significava ricevere lei tutte quelle botte che lasciavano segni indelebili sulla pelle, ma cosa sarebbe successo se Maya crescendo avrebbe combinato qualche pasticcio e lui avrebbe perso la pazienza dopo un bicchiere di troppo? Non poteva permettere che sua sorella passasse le stesse cose che aveva passato lei, e mettere decine e decine di chilometri di distanza e un fuso orario di sette ore sarebbe dovuto bastare dopotutto. Adesso però per Luna quella che era stata la normalità fino ad ora ormai non lo era più. E Dylan non sapeva cosa aspettarsi in fondo da quel discorso sconnesso e ripetitivo. Non sapeva cosa aspettarsi ma una cosa l'aveva capita, solo di quello era certo.. quelle parole avrebbero scatenato la più grande delle tempeste.

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