quindici.

235 9 2
                                    

Nell'ora che svela la voce muta delle cose e sembra di coglierne il senso più profondo

Ci sono certi dolori che ti abbattono, ti buttano a terra, ti distruggono sparpagliando un pò ovunque pezzi di te stesso e tu non puoi avere la prepotenza di rimetterli insieme perchè non ci puoi riuscire. Mancherà sempre qualche parte che se ne è andata troppo in fretta in modo errato. Quando perdiamo qualcuno non riusciamo mai a ricordare l'ultima volta. L'ultima volta che gli abbiamo parlato o visto, l'ultimo abbraccio, l'ultimo ti voglio bene pronunciato. Sono sempre così tanti i ricordi, pensiamo sempre di non lasciare indietro nulla e poi da un momento all'altro ci piombano addosso. Ci piomba addosso un'immagine, un odore, un colore, una nota, una sensazione che forse prima ci era sfuggita. Luna era questo che rimproverava a se stessa più di qualsiasi altra cosa. Non riusciva a ricordare l'ultima volta che aveva passato con lei un pò di tranquillità, o almeno cercava in tutti i modi di dimenticarla di cancellarla dalla sua mente per quanto assurdo potesse sembrare era una crepa che si sarebbe allargata sempre di più dentro di lei, una sensazione che si sarebbe portata addosso per tutta la vita così come il senso di colpa. Sentiva come un vuoto che non sarebbe mai riuscita a colmare con nessun altro, una voragine da cui sarebbe sempre entrata troppa aria, che sarebbe sempre rimasta li in agguato aspettando il momento giusto per soffocarla del tutto. Lo sapeva, lo sentiva fin sotto la pelle e con il tempo aveva iniziato a crederci davvero. Quei ricordi così come tutti gli altri arrivavano all'improvviso. Assomigliavano a quei sogni strani ma più reali, troppo vivi e nitidi quasi come avessero  un cuore che batteva seguendo un tempo tutto loro senza allinearsi con il suo e senza chiederle il permesso si impossessavano di ogni sensazione bella che stesse provando in quel periodo. Questo era successo di nuovo a Luna mentre si trovava su quel morbido letto con lo sguardo rivolto verso il soffitto. Qualche ricordo che aveva nascosto nel più buio e remoto degli angoli del suo cuore chissà quando. Era un vortice così potente da costringerla ad alzarsi e poggiarsi contro lo schienale di legno scuro. Una sola immagine era passata avanti tra tutte le altre facendola serrare gli occhi, una sola immagine a cancellare tutto il resto.

Era felice. Felice mentre cantavano a squarciagola seguendo le voci che trasmettevano alla radio mentre erano di ritorno da quella che era stata una delle serate più divertenti di tutta la sua vita. Era riuscita ad andarci alla fine a quella piccola festicciola con Logan appena di ritorno da Los Angeles. Quello che era il suo migliore amico aveva passato gli ultimi giorni a ripeterglielo in continuazione che si vive una volta sola, che non tutto deve sempre andare come vogliono gli altri seguendo le solite regole, che quel tanto amato controllo che lei teneva stretto a se alle volte era anche giusto perderlo. Quella sera rise tanto, rise a crepapelle senza rendersi conto del tempo che passava con la mente leggera dalla tanta spensieratezza e non per l'alcol che solitamente circola a fiumi. Ci era voluto un pò a convincere i suoi a lasciarla andare tranquilli anche se questo aveva dovuto includere un piccolo compromesso. Non fare tardi, non bere, state attenti e non correte con la macchina, insomma le solite raccomandazioni che i genitori fanno sempre quando si parla dei propri figli. Ma alla fine aveva vinto lei, e in quel momento l'unico pensiero che sfiorava la sua mente era che non avrebbe potuto fare la scelta più giusta. Dovevano tornare insieme dopo la serata così come avevano organizzato nel pomeriggio ma fu costretta a chiamare casa per farsi venire a prendere a causa di quella birra di troppo che Logan aveva assaporato insieme al suo solito gruppo di amici un pò bizzarro ma allo stesso tempo simpatico anche se non erano il suo prototipo di comitiva, ed era per questo che si trovava li su quel marciapiede con il vento che le accarezzava il viso pochi minuti prima che l'auto di sua madre suonasse il clacson per farla entrare e riscaldarsi un pò. Così, ancora una volta in quella serata, cantavano le più belle canzoni sorridendosi a vicenda, le mani unite gli occhi grandi e luminosi che si scontravano ad ogni nota.
Poi successe tutto in un secondo.
Un dolore lancinante le attraversò la gamba e il fianco dentro mentre sentiva l'odore metallico e pungente del sangue fin dentro le narici. Aveva tenuto gli occhi chiusi in modo stretto per così troppo tempo e ora non riusciva ancora a riabituarli alla luce. Un dolore che si cosparse ovunque su di lei e dentro di lei, anche se non riusciva a percepirlo del tutto, così come non riusciva a percepire il suo cuore. Delle voci ovattate che piano piano si facevano sempre più vicine. Il suono delle sirene arrivava dentro le sue orecchie prima debole ma poi sempre più forte. Gente che correva, ambulanze, soccorritori, barelle, polizia e poi vigili del fuoco. Ma cos'era? Dove si trovava? Voci che chiedevano aiuto in modo straziante, ma sembrava tutto così surreale agli occhi di Luna. Cercava di respirare profondamente e pesantemente ma era come se un enorme macigno le si fosse buttato addosso impedendole di avere controllo sul suo corpo, ma lei provava a guardarsi intorno nonostante la vista completamente annebbiata. Avrebbe voluto urlare ma non riusciva a muoversi come paralizzata senza capire cosa fosse successo nell'arco di due minuti quando prima era tutto perfetto. Sentiva delle urla farsi sempre più insistenti attorno a lei. Poca era la forza che ancora possedeva. Piccolo era stato il movimento della sua testa per cercarla stesa li su quell'asfalto gelido, e piccoli erano i pezzi grigio metallizzato della sua auto sparsi ovunque attorno a lei e su di lei. Anche debole era il suono della sua voce mentre chiamava il suo nome, più simile ad un lamento, ad un sussurro. Sentiva tutto freddo attorno a lei e il suo corpo era percorso dal tremore, quella sensazione di impotenza e di torpore che le impedivano di poter compiere qualsiasi tipo di movimento.
" stai bene?"
Qualcuno si era avvicinato a lei. Un uomo in uniforme da croce rossa. Lo squadrò senza riuscire a capire che cosa volesse da lei. Annuì nonostante non fosse completamente convinta che fosse la cosa giusta da fare. Tese una mano verso quell'uomo affinchè la aiutasse a mettersi seduta senza sentire girare troppo la testa a causa del dolore alle gambe. Si guardò, mano sporca di sangue e capì che era quell'enorme taglio che non riusciva a farla stare in piedi da sola e il soccorritore se ne era accorto perchè, passato un braccio attorno al suo bacino la aiutò a stendersi sulla barella che aveva posizionato accanto a lei.
" non guardarti intorno è meglio resta stesa ci penso io"
" ma non la trovo"
" la troveremo dopo, ora devo pensare a questo taglio"
" no devo trovarla"
La riconobbe all'istante, nonostante fosse sdraiata a terra a una decina di metri da lei. Si dimenò per potersi allontanare dal soccorritore che aveva iniziato a stringerla ancora più forte, camminò e poi quasi corse nonostante le condizioni in cui si trovava ma in quel momento non le importava più. Lei era sdraiata, leggermente piegata su di un fianco. I suoi occhi scuri erano chiusi, la maglia grigia aveva assunto un colore nerastro. Sangue, lo stesso sangue che circondava il suo corpo.
" no.."
Portò entrambe le mani verso le tempie. Non c'era nulla da fare era chiaro anche solo guardando come era ridotta l'auto. D'istinto si abbassò posando una mano su quel viso rimasto intatto, perfetto.
" mamma.."
Delle lacrime bollenti avevano iniziato a scivolarle lungo le guance inarrestabili sentendo il respiro farsi sempre più pesante. Sentì qualcuno avvicinarsi alle sue spalle, capì subito che era il suo soccorritore e l'unica cosa che voleva fare era quella di urlargli di andarsene via e lasciarla da sola. Eppure non aveva la forza di gridare ne di alzarsi e girare le spalle. Avrebbe voluto soltanto accasciarsi li accanto a lei e restarci per sempre.
" ti prego svegliati dobbiamo andare a casa"
Le sembrava tutto così surreale da farle girare la testa pochi istanti prima che il buio più totale la avvolgesse.
" Luna Luna!"
Si sentì scuotere le spalle fino a quando finalmente non riuscì ad aprire gli occhi alzandosi di scatto urlando e respirando in apnea poggiando la sua schiena contro la parete di legno.
Il suo petto si alzava ed abbassava ad una velocità incredibile e irregolare, le labbra erano secche e tremolanti e anche la sua maglia grigia così come nel suo sogno si era scurita impregnata del suo sudore.
Si guardò attorno spaesata non capendo niente fino a quando il suo sguardo non cadde sulla figura di Dylan seduto avanti a lei preoccupato con il pollice ad accarezzarle quella cicatrice.
" va tutto bene ci sono io adesso"
" ma che è successo?"
" hai avuto un incubo, tremavi piangevi mi sono spaventato da morire"
Le sussurrò scostandole una ciocca di capelli attaccati alla fronte.
" si.. un incubo"
" è tutto apposto adesso è passato, era solo un incubo non può farti del male"
Ci provò a rassicurarla accarezzandola sussurrando per non svegliare tutti gli altri, ma ignorava che in realtà quello non era solo un incubo ma era tutto troppo reale per lei. Come ogni altra volta mascherò tutto cercando di sorridergli per rassicurarlo.
" ti preparo una tazza di thè scricciolo aspettami qui"
Da quando si era trasferita a Los Angeles non si erano più verificati quel genere di episodi e aveva pensato che stavolta erano davvero finiti, che allontanarsi da quel brutto passato era stata la soluzione a tutti i suoi problemi. Ma più sognava quella notte e più le immagini si sovrapponevano tra di loro quasi come fossero un album bianco da riempire tutto daccapo a modo loro. Più ricordava quella notte e più nella mente di Luna a quegli occhi neri si sovrapponevano un paio di occhi chiari, due grandi occhi vuoti e testardi ai quali non riusciva ad attribuire un colore ma sapeva benissimo a chi appartenessero. Sapeva benissimo a chi appartenevano quelle braccia forti che si tendevano verso di lei senza riuscire a raggiungerla. A volte le immagini che ti scorrono nella mente te la avvelenano come un'idea, si impianta e germoglia come un fiore e nel suo caso quest'immagine era sempre pronta dietro l'angolo a colpirla con la velocità di un missile e con la forza di un terremoto devastante. Era sempre pronto a riemergere quando meno se lo aspettasse anche se lei pensava di essere riuscita ad andare avanti e rimettersi in gioco, e questo le faceva male come una lama conficcata nel petto senza alcuna pietà. Le toglieva il respiro logorando l'anima mandando in frantumi tutti i suoi buoni propositi. Quasi si era abituata a restare sveglia tutta la notte dopo quegli occhi, a trascinarsi alzandosi dal letto e compiendo un qualsiasi movimento durante la giornata come per inerzia. Si era abituata a doversi sciacquare il viso con dell'acqua ghiacciata come se in qualche modo quel contatto la risvegliasse anche solo per pochi minuti. Quell'inerzia era accompagnata ai mal di testa costanti, al bruciore agli occhi per le lacrime e i pochi minuti di sonno della notte appena trascorsa. La testa le doleva al minimo rumore che d'istinto le avrebbe fatto chiudere gli occhi con una smorfia ma che nella realtà era bloccata dalla paura del buio che avrebbe incontrato solo chiudendoli quegli occhi. Tutto le vorticava nella testa facendo l'identico rumore di un martello pneumatico contro un blocco di cemento armato, facevano lo stesso rumore di quel maledettissimo schianto. Ma è strano come i ricordi sbiadiscono dopo un pò, come l'alba alle cinque del mattino. Restano sepolti aspettando solo un qualcosa che gli desse la spinta per tornare in superficie. Forse attendono anche loro di essere salvati in fin dei conti. Dimentichiamo parecchie cose. Le lasciamo indietro perchè non le vogliamo o perchè le vogliamo troppo. Le lasciamo indietro forse proprio perchè sappiamo quanto siano importanti. Ma anche se desideriamo tenerle ancora un pò legati a noi con il passare dei giorni si trasformano come delle vecchie foto, e come tutte le foto le attacchiamo sui muri e pure sul cuore. E quando ci possiamo davanti ci domandiamo eravamo noi? E' successo veramente? Ci regaliamo un solo momento per guardarci alle spalle e vedere cosa abbiamo allontanato. I ricordi hanno la stessa durata di una sigaretta alla fine, fino all'ultimo tiro una volta spenta la buttiamo in qualche angolo remoto, e non possiamo smettere di ricordare anche se lo vogliamo così come non possiamo smettere di fumare. L'asso nella manica che cacciamo quando vogliamo imbrogliare il futuro. Eppure a volte li dimentichiamo e ci viene da pensare come una naturale conseguenza che forse è bene lasciarli andare e partire alla ricerca di nuovi ricordi. Ma nonostante i nostri sforzi ci sono delle cose, piccole o grandi che siano, che non se ne andranno mai dopotutto. Gli occhi di una sorella che ci assomigliano troppo più di quello che ci potevamo aspettare, gli occhi di chi ti guarda e ti fa tremare la terra sotto i piedi.
" va un pò meglio scricciolo?"
Luna fissò la tazza di thè ai mirtilli tra le sue mani come fosse la cosa più attraente del mondo sentendone il calore sul viso e il profumo dritto nelle narici.
" è tutto okay"
Mentì, è tutto okay, e anche se non lo è fingiamo che lo sia.

A un passo da te  (REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora