• Trentuno •

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"Buongiorno bella ragazza. Hai dormito bene?" domandò Rodrigo appena salii in macchina.
"Buongiorno. Sì, fino a che mia madre non è piombata in camera mia brandendo il telefono che squillava. - dissi, facendolo ridere - Scusami ancora, ma ho sgobbato in maniera assurda in questi giorni,  al ristorante. Però mi hanno pagato bene."
"Dove ti porto?"
Sorrisi e feci spallucce.
"Dove vuoi, non importa. Basta che ci sia tu."
Con questo, Rodrigo partì in direzione stadio, così passeggiamo intorno alla mia seconda casa, aveva detto.
Casa mia era più in centro, nei pressi della Mole, perciò distava circa un quarto d'ora dall'area dello stadio e dei campi d'allenamento, dove si allenava anche mio fratello.
Percorso questo quarto d'ora in macchina, Rodrigo lasciò la macchina nel parcheggio dell'Area 12, dove c'era il centro commerciale.
Scendemmo dall'auto e contemplai lo stadio.
Ogni volta che lo vedevo era sempre più bello.
"Magnifico, vero? Peccato giocarci solo una volta a settimana. Anzi, ogni due settimane, perchè una volta si sta anche in trasferta." commentò.
Mi prese per mano e mi indicò una via.
"Da lì si ha accesso al JMedical. Vieni, facciamo un giro."
Mi fece fare praticamente il giro turistico. Passammo davanti al Medical, alla biglietteria del Museo e allo Store.
"Capisco che vorresti entrarci, ma se entro io la gente mi assale." borbottò, perciò decidemmo di lasciar perdere e uscire dal viale che girava tutto attorno allo stadio; così finimmo sul marciapiede della grande via Druento.
Indicò una struttura, il cui accesso era un viale di sassolini con intorno delle piante.
"Quelli sono gli uffici della Continassa."
Sembrava tanto una guida turistica in quel momento, il che mi fece sorridere.
"Perchè ridi?" mi chiese allora.
Lo guardai in faccia.
"Perchè con te sto bene e mi diverto."
Lui sorrise.
"Anche io con te sto bene. Su, ora andiamo a vedere la struttura dove faccio allenamento." mi disse.
"Lo vedo due volte a settimana, ci porto mio fratello!" esclamai.
"Certo che lo vedi due volte a settimana, ma con me non l'hai mai visto." sentenziò, trascinandomi via.
Costeggiammo tutto il muro di cemento armato che delimitava il centro sportivo della squadra, mentre Rodrigo continuava a farmi battutine e chiacchierare.
Era davvero bello stare con lui, amavo la sua compagnia.
"È un posto fantastico. - disse, rivolgendosi con un cenno all'ingresso del JTC, davanti al quale eravamo appena arrivati - Torino è davvero una delle città più belle in cui sono stato."
"Perchè hai incontrato me?" azzardai con un sorriso, sfoderando un po' del sarcasmo che pensavo di aver perso dopo la morte di mio padre.
"Anche. Anzi, soprattutto. - si corresse - Però in questo momento mi riferivo al calcio. Questa struttura è accogliente e poi i ragazzi... la Juventus è davvero una squadra in cui resterei a vita, se dipendesse solo da me Una seconda famiglia."
"E io sono la prima famiglia." ironizzai ancora.
Lui sorrise, ma non rispose.
Io gli allacciai un braccio attorno alla vita e appoggiai la testa sul suo petto.
"Non fale il filosofo nè il melodrammatico, dai. - commentai allora - Godiamoci questi momenti insieme, finché possiamo. Finché io non dovevo tornare a lavoro e finché tu non devi tornare a girovagare l'Italia."
Lui sembrò accettare l'idea e a sua volta mi passò un braccio sulle spalle.
Mi condusse sul marciapiede di fronte all'ingresso del centro sportivo e si sedette, sotto alle piante spoglie ma che nel giro di tre mesi avrebbero iniziato a fiorire di nuovo.
Mi fece cenno di sedermi accanto a lui, così feci.
Era un quadretto piuttosto bizzarro: un giovane calciatore della Juventus e una ragazzina di fronte al centro sportivo della squadra, seduti sul marciapiede come se chiedessero l'elemosina.
Ma Rodrigo sembrava non farci caso. Sembrava che gli bastasse essere insieme a me.
Mi schiacciai un po' di più a lui, approfittando del poco freddo che avevo addosso per poter di nuovo sentire il mio corpo a contatto con il suo.
Fianco a fianco, il suo braccio sinistro a stringermi la vita, come se avesse paura che potessi scappare via, e la mia testa inclinata sulla sua spalla.
"Sai, - iniziò, dal nulla, con lo sguardo rivolto altrove - ora che ci penso noi due ci siamo baciati due volte. Qui gli italiani dicono che 'non c'è due senza tre'..."
"Con questo cosa stai cercando di insinuar-..."
Non riuscii a terminare la frase che Rodrigo mi baciò, ancora, ormai sembrava averla presa come un'abitudine, senza accorgersi che per me, invece, non lo era ancora.
Era sempre bellissimo, ovviamente, stare a contatto con lui era sempre magnifico, e sapere che le sue labbra si erano ancora appiccicate alle mie mi faceva in qualche modo sorridere.
A quel punto Rodrigo si staccò.
"Scusa se ti ho sorpresa, ma be', volevo farlo." disse facendo spallucce.
"Lo volevo anch'io." sussurrai con la fronte contro la sua, con non so quale coraggio. Non ero abituata a dire apertamente queste cose.
Rodrigo mi guardò negli occhi e sospirò, stringendomi a sè sempre di più accorgendosi del mio brivido, che a quanto pare lui credeva fosse per freddo quando in realtà era per tutt'altro motivo.
"Senti Giulia io... sono confuso. Cioè no, in realtà non lo sono, solo che... è tutto così difficile! - si lamentò - Io non ho mai provato nessun'emozione simile per una ragazza. Da quando ti ho vista, piccola e debole com'eri... mi sei entrata nel cuore, non ne sei più uscita. Mi sono trovato spesso a pensarti e poi... quando ti vedevo, sempre nel tuo velo di timidezza, mi facevi un sacco di tenerezza. Poi quando ho segnato e ti ho dedicato il gol... l'ho fatto in modo istintivo, senza pensarci, perchè tu mi sei in mente sempre, anche quando non lo chiedo io.
Sapevo quanto saresti stata triste a passare il Natale senza di me... così ho fatto i salti mortali pur di vederti felice. E lo sei stata, eri felice a Natale. Mi hai regalato quell'orologio, e io ti ho detto che non era necessario un regalo. Tu mi hai risposto che dopo quello che ho fatto per te un regalo era il minimo. Ma tu senza volerlo mi avevi già fatto un regalo. Giulia, il mio regalo più grande sei tu. Mi basti tu. Io credo... di essermi innamorato di te. Anzi, ne sono piuttosto certo."
Il suo discorso mi stupì, oltre che per le belle parole anche per come si era aperto a me.
Sorrisi e alzai lo sguardo, intrecciando i miei occhi ai suoi. Poi, pensando ad una cosa, il sorriso mi morì sulle labbra.
"Che c'è?" fece dolcemente.
"Io... odio essere fragile."
"Sai che non lo sei." ribattè.
"Ti sbagli. Lo sono eccome."
Lui sorrise e mi afferrò una mano.
"I più fragili hanno solo bisogno di amore." spiegò.
Arricciai il naso, più perplessa che mai.
"Io non ho mai amato veramente." mi limitai a dire.
"C'è sempre una prima volta. - disse - Per tutti e due."
Con un dito mi toccò la punta del naso. Sorrisi al tenero contatto.
"Sicuro di volermi? Sai bene ciò che sono?" domandai.
"Certo che ti voglio. E so benissimo cosa sei: il mio unico desiderio."

Aggiornamento serale oggi, poiché sono in vacanza e ho il tempo di utilizzare il telefono solo la sera.
Spero vi piaccia e perdonatemi eventuali errori, non sono riuscita a revisionare tutto il capitolo ✌💗

𝐆𝐔𝐄𝐑𝐑𝐈𝐄𝐑𝐎 || Rodrigo Bentancur Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora