• Diciannove •

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Contemplai lo stadio ancora vuoto per cinque minuti buoni, in piedi, mio fratello per mano, fino a quando un paio di ragazzi non mi invitarono a spostarmi poiché ostruivo il passaggio.
In effetti ero ancora piazzata sui gradini, quindi mi spostai e feci un sorriso imbarazzato.
"Scusate. Vieni, Edo."
Quando i due ragazzi furono passati, osservai i biglietti in cerca di capire quali posti avremmo dovuto occupare.
"Edo, noi siamo in quella fila lì. - indicai a mio fratello - Attento a scendere."
Scesimo per le scale ripide e arrivammo alla nostra fila, quindi ci sedemmo. Feci un po' di foto, impossibile non immortalare uno spettacolo simile, probabilmente infatti quella sarebbe stata la prima - e probabilmente l'ultima - volta che avrei visto una partita dal vivo.
Lo stadio iniziò pian piano a riempirsi, lo speaker iniziò a fare un quiz con i Member,  proiettato sui maxischermi, a bordocampo, quando sentii il telefono vibrarmi nella tasca.
Rodrigo.
Perchè mi chiamava dieci minuti prima dell'inizio del riscaldamento? Non avrei mai capito completamente quel ragazzo.
"Pronto?"
"Giulia, quando finisce la partita non azzardatevi ad uscire dallo stadio, sarà tardi e buio, vi vengo a prendere io nel settore e vi porto a casa."
Ridacchiai.
"E come? Sei con il pullman della squadra, ci porti a casa volando?" gli ricordai canzonandolo.
"No, salite sul pullman."
La dichiarazione mi spiazzò, tant'è che mi si bloccò il respiro in gola.
"Sei impazzito? Non posso rivelarmi così."
"Non l'hai capito? Non mi importa. Voi a casa da soli non ci andate."
Sbuffai.
"Andiamo con l'ultimo bus di linea, il venerdì passa." proposi.
"Mh, ok. Prenderò una scusa, dico che è urgente e non posso aspettare il pullman della squadra." decise.
"Grazie Rodri."
"Di nulla. Buona partita guerriera."
Riattaccai e ascoltai mio fratello, che iniziò a tirarmi la manica della felpa di Rodrigo per mostrarmi ciò che stava succedendo nello stadio: le luci iniziarono ad abbassarsi, il clima farsi più teso, i battiti del cuore divenire più forti per l'emozione, e le voci spegnersi per attendere quello che sarebbe avvenuto poi.
"Ladies and Gentlemen, Juventus Football Club!"
La voce dello speaker riecheggiò nello stadio, che poi iniziò ad applaudire ed acclamare la squadra che si riversò in campo.
Cominciai a fare video, con la canzone degli AC/DC in sottofondo, e fotografie. Mentre cantavo con tutto il fiato che avevo in gola 'Il più grande spettacolo dopo il Big Bang' di Jovanotti cercando di stare al tempo della musica negli altoparlanti, buttai uno sguardo a Edoardo che, al mio fianco, osservava con attenzione il riscaldamento dei suoi campioni, ogni tanto applaudendo. Il sorriso che gli occupava il viso non ebbe neppure la forza di svanire, e i suoi occhi erano lucidi dalla felicità che era impossibile non provare in quel momento.
"Cosa mi dici Edo?" urlai a mio fratello, per farmi sentire nel rumore della musica e delle voci delle persone.
"Non lo so, dimmelo tu. - rispose, con gli occhi puntati sul campo - Io non riesco a trovare parole per descriverlo."
Alla fine del riscaldamento la squadra si ritirò in spogliatoio per indossare la divisa, mentre ebbi appena il tempo di offrire a Edoardo l'ultimo sorso di Coca-Cola prima che lo speaker coinvolgesse di nuovo tutto lo stadio, iniziando a leggere la formazione della squadra.
Dopo di essa, arrivò il momento più bello della serata, a mio parere: il canto dell'inno.
"Bianconeri, su le sciarpe, fuori la voce, e fino alla fine forza Juve!"
La musica più bella del mondo partì in tutto lo stadio e, dopo aver alzato al cielo la sciarpa insieme a mio fratello, iniziammo a cantare insieme a tutti i tifosi presenti per il Derby d'Italia.
Era un'atmosfera bellissima, e mentre reggevo la sciarpa con una mano, con l'altra tenevo il telefono, con il quale stavo filmando quel momento mozzafiato.
Quasi alla fine dell'inno, iniziarono ad entrare le squadre.
"Giulia, Giulia! - gridò Edoardo per sovrastare il caos, smettendo di cantare - Rodrigo! Parte titolare!"
Cercai l'uruguaiano, seguendo con lo sguardo il dito di mio fratello, che indicava come un forsennato verso il campo da gioco.
Lo trovai, con la sua casacca numero 30, in fila per scambiare il cinque con gli avversari.
Sorrisi involontariamente. Ovvio che ero felice per lui, era solo merito suo se in quel momento stavo vivendo un sogno.
Guardai la partita molto attentamente, vedendo il fantastico gioco di entrambe le squadre (dovevo ammetterlo) e i numeri di alcuni giocatori stellari, vedi Cristiano Ronaldo.
Alla fine del primo tempo scrissi a Sofia.
Qui è tutto magico.
Immaginai rendesse benissimo l'idea.
Alla ripresa, il risultato era ancora sullo 0-0. Al 54' Rodrigo venne ammonito, ma ciò non comprometteva la sua partita fino a quel momento, perché aveva fatto una prestazione ottima, secondo me.
A circa venticinque minuti dalla fine, arrivò per noi il gol del vantaggio. Assist di Cancelo e Mandzukic che di testa caccia la palla in rete.
Inutile dire che in quel momento praticamente cadde lo stadio. Uno esulta, l'altro urla, l'altro ride, un insieme di emozioni, quarantamila voci che si uniscono a gridare un solo nome.
Ha segnato con il numero 17... Mario... MANDZUKIC!
Inutili i successivi tentativi dell'Inter per pareggiare i conti, la partita si chiude così: 1-0 per noi e +14 sul Napoli, secondo ma con una partita ancora da giocare.
Come suggerito da Rodrigo, restammo nel settore e attesi che venisse lui a prenderci, anche perché non avevo voglia di abbandonare subito lo stadio.
Quando arrivò, erano passati forse venti minuti dalla fine della partita, nei quali però non ci eravamo annoiati nemmeno un po'.
"Allora, possiamo andare?" domandò Rodrigo, ancora con la divisa, ma sopra alla maglia aveva un'enorme felpa sportiva, con il cappuccio, per camuffarsi, anche se forse con il buio non ce n'era bisogno.
Annuii e presi per mano Edo, quindi uscimmo dal settore.
"Hai giocato una partita fantastica." mi complimentai.
Lui sorrise.
"Non esagerare. Sono felice di esser partito titolare però, perchè c'eravate voi sugli spalti e così potevate vedermi."
Edo gli tirò la felpa e gli disse un:
"Sono più bravo io però."
Rodrigo si mise a ridere e gli accarezzò i capelli.
"Forse hai ragione campione!" disse tra una risatina e l'altra, facendo ridere anche Edoardo.
Solo allora mi accorsi di quanto in realtà fosse bella la mia vita: in quel momento, accanto a me, le due persone più importanti della mia vita stavano ridendo ed erano felici. Questo bastava.

Eccomi.
Mi ero presa una pausa causa gita, ma ora sono qui con un capitolo che a me suscita troppe emozioni aaah 🥰
Spero piaccia anche a voi 💕

𝐆𝐔𝐄𝐑𝐑𝐈𝐄𝐑𝐎 || Rodrigo Bentancur Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora