12.

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Harry non sapeva come aveva fatto a ridursi in quello stato. Come un fantasma, silenzioso e assente da due giorni. Sdraiato sempre sul suo letto a fissare il soffitto, le mani affondate nelle coperte o con le dita che stringevano i bordi del maglione. Louis era riuscito a tirarlo fuori da quella stanza una sola volta, e Liam e Zayn l'avevano costretto ad uscire a fare un giro. Inutile dire che quella che doveva essere una passeggiata per schiarirsi le idee si era trasformata nella solita routine di sorrisi, foto, abbracci. Ma non era colpa delle fan se era giù di morale, anzi. Doveva tutto a loro. Perciò aveva indossato il suo miglior sorriso per loro.

- Questa ragazza ti sta fottendo il cervello. O vai a riprendertela o resti così per altri sette mesi. Decidi perché col cazzo che ti permetto di ridurti in questo modo perché non hai il coraggio di guardarla e dirle che ti piace - era sbottato Niall quella mattina, mentre il loro tavolo ingombro di piatti straripanti di brioches, caffè, pancetta e cose varie era immerso nel silenzio. Gli occhi di Niall erano duri come non li aveva mai visti. Harry aveva passivamente smesso di mescolare il caffè e l'aveva guardato. I volti dei ragazzi erano congelati. Come se Niall, parlando, avesse improvvisamente causato l'inizio della fine. Aspettavano tutti una sua mossa, una smorfia apatica o il solito sorriso falso che aveva stampato sulle labbra da due giorni. O urla furibonde.

Invece, la durezza di Niall l'aveva scosso. E le parole erano rotolate da sole fuori dalla sua bocca.

- Cosa devo fare?

Harry non si era sentito di chiedere perché Niall avesse il numero di Karin. Dal viso nervoso dell'amico, aveva capito che era un argomento delicato.

Fatto sta che quella sera si ritrovava seduto sul divano della casa di Jeanine, le dita serrate attorno al metallo tiepido delle chiavi che gli pungeva il palmo della mano.

Era al lavoro, gli aveva detto Karin prima di baciarlo con naturalezza sulla guancia e andarsene. Harry sospirò, inclinando la testa sul cuscino morbido di stoffa verde dietro di sé.

Non gli ci volle molto per addormentarsi, cullato dal torpore del suo stesso corpo.

Si svegliò al buio, mentre il rumore delle chiavi girate nella serratura si diffondeva nell'aria silenziosa. Batté le palpebre, alzando la mano e sfregandosi gli occhi, assonnato. Una ciocca di capelli gli scivolò sullo zigomo, ma non fece in tempo a scostarla. Un tonfo violento lo fece sussultare, preoccupato.

- Fanculo! - sentì. Jeanine. La voce di Jeanine era tesa, sull'orlo delle lacrime.

Harry contrasse la mascella quando il rumore di un pugno sferrato contro la parete gli arrivò alle orecchie.

- Che si fottano. Si fottano tutti.

Rimase immobile, col cuore a mille. Sentiva l'adrenalina scorrere nelle vene. La figura di Jeanine apparve da dietro l'angolo. Aveva i capelli sciolti sulle spalle, chine e curve, il viso basso. Allungò un braccio e la luce che si accese all'improvviso ferì gli occhi di Harry. Riaprì le palpebre appena in tempo per vedere l'espressione stupita di Jeanine e le sue dolci iridi azzurre colmarsi di timore.

La vide fare un passo indietro, e lo ferì. Si alzò e si passò la lingua sulle labbra, tutti i discorsi e le parole che aveva già programmato di dirle sgretolati come sabbia.

- H-Harry - balbettò. Lui vide le sue mani cominciare a tremare. Si morse il labbro, massaggiandosi il collo.

- Perché devono fottersi tutti? - quella domanda suonò inaspettata ad entrambi. Jeanine lo fissò muta, senza riuscire a parlare. Quegli occhi verdi, le sue labbra, le sue mani nervose. Il suo sguardo che le penetrava l'anima senza nemmeno un minimo sforzo. Era troppo.

Solo un desiderio || Harry Styles ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora