Capitolo 31.

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Ero rimasta per tutto il pomeriggio sul divano a  guardare la televisione, anche se guardare non era la parola più adatta visto che mi stava solo facendo da compagnia.
Dopo che Paulo avevo scaricato gli ultimi scatoloni, andò via  anche Federico congedandomi con un bacio sulla fronte.
I miei erano ritornati poco dopo, e mia mamma aveva riempito il frigo con verdura, frutta, latte e tante altre cose che non vedevo da tanto.
Si erano preparati  per andare a cena con Paulo e sua madre, ma io non ne volli sapere di andare con loro, sarei stata solo di troppo.
«Sicura di non voler venire? In macchina mi ha chiesto di convincerti, gli farebbe piacere»
«Non credo che ora la pensi nello stesso modo»dissi sotto voce cambiando canale.
«Cosa?»
«Niente mamma, andate voi non mi va ancora di uscire»
Si sedette affianco a me e passò le mani sul pantalone nero che aveva indossato che le fasciava bene le cosce per poi cadere morbido dopo il ginocchio, mentre sopra aveva una camicetta nera che aveva la fantasia di Versace.
Appoggiai la testa sulla sua spalla e mi accarezzò la guancia calda. «Ricordati di lavarti, poi pigiama e a letto, non sforzare le gambe, domani mattina viene il terapista, farai riabilitazione e non voglio sentire scuse»
Annui e senti mio padre scendere le scale, portava un pantalone grigio e una semplice camicia bianca.Mio padre era sempre stato un bell'uomo e anche ora con qualche ruga sul viso era perfetto.
Chicago gli corse incontro e mio padre perse per un po' l'equilibrio.«Sei terribile, prima o poi mi farai cadere»disse.
«Chicago, vieni qui»lo richiamai.
«Soler sbrigati, tra poco dobbiamo andare»urlò mia madre.
«Non urlare mi fa male la testa »
Mia mamma si scusò e andò in cucina, quella donna non stava mai un secondo ferma.
Chiusi gli occhi per qualche secondo e li riapri quando senti il divano piegarsi affianco a me.
Soler portava un vestito a costine di un rosa antico, non riuscivo a capire perché tutti erano vestiti bene.
«Perché siete vestiti tutti così eleganti è solo una cena»dissi sbuffando.
«Si in un ristorante di lusso»
«Di lusso e allora, un jeans e una maglia sarebbero bastati»
«Julia quanto sei pesante»disse alzandosi e andando incontro a mio padre.
«Papà andiamo?»
«Elisa-disse mio padre aprendo il portone-andiamo su»
Mia mamma prese i gemelli per mano e uscì fuori mandandomi un bacio, le sorrisi e poi chiuse definitivamente il portone.
Spensi la tv, e mi diressi al piano di sopra.
Presi dalla mia stanza l'intimo pulito e un pigiama bianco con alcuni fiori sopra.
Andai in bagno e riempi la vasca da bagno, anche se l'acqua era troppo bollente era da così tanto che non la toccavo, che non ricordavo più la temperatura adatta per me.
Accessi le candele sul mobiletto e spensi la luce.Quella che penetrava dalla finestra era totalmente bianca e faceva contrasto con quella gialla della candele.Tolsi i vestiti da dosso e mi guardai allo specchio, notando di quando fossi dimagrita, le mie gambe non toccavano più e i miei fianchi erano meno abbondanti.Mi immersi nella vasca e dei brividi mi percossero il corpo.
Continuavo a pensare all'album che non avevo ancora aperto e alla persona che era presenta nei miei ricordi.
Mi lasciai coccolare dalla schiuma per un po' prima dì insaponare i capelli e sciacquarli.
Uscì dalla vasca e mi asciugai il corpo con un asciugamano, per poi passare ai capelli.
Dovevo decisamente tagliargli, erano diventati troppo lunghi e avevo bisogno di cambiare.
Una volta finito mi vesti e andai in camera, mi sedetti a gambe incrociate sul letto guardando l'album di foto, indecisa se aprirlo o meno.
Alla fine lo aprì e la prima foto fu un selfie che ritraeva me e lui, avevo una mano sulla fronte mentre sorridevo e Paulo mi stava dando un bacio all'angolo della bocca.
Per un po' le foto continuarono ad essere così, per poi arrivare ad una che mi fece sussultare.
Ero io, stesa a pancia in giù, nuda, in un letto che non era il mio, avevo un volto sereno e avevo un accenno di sorriso sulle labbra.La foto era una polaroid e sotto c'era una frase "No querría a nadie más que a ti en mi cama".
Strinsi le labbra a quella frase e andai avanti.
C'ero io con una camicia addosso che mi lavavo i denti e Paulo era appoggiato allo stipite della porta senza maglietta che scattava la foto ridendo.
Toccai la foto e vidi una lacrima caderci sopra, la tolsi, poi un'altra foto.
Stavolta era  tutto diverso, ero io in ospedale probabilmente lo stesso giorno dell'incidente, avevo la pelle bianchissima, le labbra secche e avevo dei punti sotto l'occhio, mentre le mie braccia erano piene di fili.
Dopo quella voltai varie pagine ma non c'era niente, continuai a sfogliare fino a quando non cadde un foglio.
"6 marzo.
Appena ho appoggiato la testa sul cuscino, la prima cosa che ho pensato è stata che ti vorrei un sacco qui adesso.
Ti vorrei qui con me,
raccontarti un sacco di cose,
scherzare con te,
vederti ridere e sorridere.
Vorrei abbracciarti,
sfiorarti senza un motivo preciso,
appoggiare la testa sul tuo petto,
chiudere gli occhi e ascoltare i battiti del tuo cuore.
Vorrei intrecciare la mia mano con la tua, tanto per sentire di nuovo come ci si sente ad avere un contatto con te.
Vorrei sentire il tuo respiro cambiare quando ti tocco e vedere quanto sei bella quando sei impegnata nell'ascoltarmi o nello stringermi o nel prendermi la mano o nel tracciare le linee dei miei tatuaggi che tanto ti piacciono.
Vorrei sentire di nuovo tutto quel casino che si crea nel mio stomaco quando mi baci o mi guardi o mi sorridi o semplicemente mi sfiori.
Sarei sicuramente la persona più felice del mondo ma non credo che dormirei molto se fossi qui, sai? Sarei troppo occupato a guardarti o parlarti o stringerti che scorderei anche come si fa a dormire."
Scoppiai in un pianto disperato e rifugiai il viso tra i cuscini del mio letto.
Mi faceva male leggere tutto quello, leggere quando amore quel ragazzo provava nei miei confronti.
Vedere tutte quelle foto di noi insieme senza ricevere un singolo ricordato mi feriva profondamente, era come se la mia mente non si sforzasse minimamente per ricordarsi di lui.

Sentì rumore in camera e aprì gli occhi che mi facevano male.
Soler era appoggiata al muro e si stava togliendo le scarpe con il tacco, si girò verso di me e si avvicinò.
«Scusa non volevo svegliarti»disse dandomi un bacio sulla guancia.
«Che ore sono?»
«È l'una-disse sfilandosi il vestito e legandosi i capelli-siamo tornati perché i gemelli si sono addormentati»
«È successo qualcosa»
Lei scosse la testa e si morse il labbro, infilò velocemente la maglia e corse nel letto «in realtà qualcosa è successo-disse sospirando-avevo promesso di non dirlo, ma non è giusto.Paulo è scoppiato a piangere durante la cena, ha detto che ti ha visto baciare Federico ed ha capito che non c'è una possibilità per lui di riaverti»
Tirai su con il naso e passai una mano sugli occhi, aprì il comodino e presi l'album di foto con la lettera e li posai dinanzi a lei.
«Non mi ricordo di lui, ma credo di averlo amato»

Solo un pò del tuo cuore- Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora