CAPITOLO XVI

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Luogo ignoto, tempo ignoto

"All'epoca avevo da poco compiuto undici anni." pensò Uso, il quale si trovava all'interno di una classe piena di bambini immobili, i quali parlavano, giocavano e si rincorrevano a vicenda, mentre lui era seduto al suo posto, di fianco alla finestra al centro del muro, la quale mostrava un enorme spazio bianco. "Ormai il mio sesto anno di elementari era iniziato da un paio di mesi e non avevo ancora parlato con nessuno, oltre ai professori.

Passavo tutto il tempo a guardare fuori dalla finestra, si vede che non sono cambiato di una virgola. La prima cosa che mi viene in mente ripensando a quei giorni è l'odio che aleggiava per tutta la stanza. Non so il perché, ma ero sicuro che dipendesse da me.

Ricordo ancora che qualcuno provava a più riprese di parlarmi, ma al solo incrociare il mio sguardo tutti fuggivano via spaventati, alle volte piangendo, dalle professoresse. Eppure molti di loro li conoscevo da più di tre anni, ma mi stavano il più lontano possibile.
Posso dire che non avevo amici, almeno fino a quel giorno.

Una bambina dai lunghi capelli biondi, sciolti al vento, durante l'intervallo si sedette al banco di fronte al mio e, girando la sedia verso di me, iniziò a parlarmi di cose a caso, cercando di attirare la mia attenzione. Inutile dire che ci era riuscita.

Di primo acchito, la fissai negli occhi, cercando di intimidirla, ma lei si mise a ridere per una decina di secondi. Continuò a parlare a vanvera, mi dava parecchio fastidio, ma per qualche motivo non riuscivo a fermarla. Stufo, mi alzai in piedi e me ne andai in bagno, ma lei, senza pudore, mi seguì fino alla porta del gabinetto, continuando ad irritarmi.

Tornati in classe, mi rimisi al mio posto e cercai di ignorarla, inutilmente. Era una vera e propria spina nel fianco che non ne voleva sapere di staccarsi da me.

Poggiai la testa sul banco e usai le braccia come cuscini, cercando di farle capire di smetterla, ma lei continuò. Mancavano due minuti al suono della campanella e lei, di botto, si zittì per un istante. Alzai subito lo sguardo, notando che mi stesse fissando intensamente, iniziò a farmi paura. Per la prima volta mi fece una domanda al posto di farneticare.

- Ehi Uso, ma tu lo sai come mi chiamo?

La sua voce non era più irritante come nei minuti prima, ma mi sembrò più candida e delicata.

- No e non mi interessa saperlo. - risposi io, ricordandomi dei minuti passati a soffrire.

- Il sono Akami e sono seduta al banco dietro di te. Ti chiamo sempre dal mio posto, però non mi rispondi mai, allora mi sono messa al posto di Tanai.

La campanella suonò e lei se ne tornò immediatamente al suo posto, dal quale iniziò a lanciarmi foglietti di carta sulla testa.

In poco più di una settimana iniziai a darle corda, rispondendo alle sue domande e ascoltando tutto quello che mi disse. Sospettai che avesse secondi fini ma, a posteriori, posso dire che mi sbagliavo. Dopo qualche giorno mi fece conoscere un bambino della classe accanto alla nostra, Tasuke. Erano amici sin dalle elementari, il periodo più buio della mia vita, e in poche settimane diventai loro amico.

Perché sto guardando tutto ciò proprio ora? Pensavo che mi avrebbe atteso l'ennesima visione, ma a quanto pare sono finite le persone da farmi morire davanti agli occhi, a meno che ...

La mattina seguente, aeronave Sukugen, 12:00

Dopo aver passato l'intera mattina in sala riunioni, da solo, Uso si diresse nella sala di pilotaggio, dove i cinque governatori e Nije lo aspettarono con impazienza. I membri della sezione sociale, capitanati da Laya, lavorarono per preparare il necessario per la loro prossima mossa.

I giustizieri corvini [In Revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora