Capitolo Venticinquesimo

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Erano passati circa tre giorni dall’accaduto e a Troia erano tutti scioccati, erano in lutto e parecchio turbati da ciò che era successo. Ormai l’esito della guerra non importava più, tutti erano demoralizzati, sapevano
che senza Ettore la città era sotto pericolo maggiore, Paride era inaffidabile e Priamo anziano. Il consiglio si trovava nel panico perché non sapeva più cosa fare, Achille non aveva restituito il corpo del principe e non era chiaro se i greci avessero dato loro la tregua per lutto, perciò nessuno sapeva cosa fare in caso di attacco.
Nemmeno un uomo aveva idee chiare e precise ed elaborare un piano era perciò parecchio complicato.
Non erano ovviamente nella posizione di attaccare perché senza un uomo abile e astuto a capo non sarebbero stati in grado di fronteggiare l’esercito nemico, e se sarebbero stati attaccati, l’opzione più probabile, avrebbero semplicemente improvvisato sperando di tenerli lontano dalla città. Crise, che cercava di pensare ad una soluzione insieme ad uno dei migliori giovani ufficiali Enea, aveva ripensato alla richiesta di Priamo perciò stava cercando tra le carte e le mappe se era rimasta loro qualche piccola città cuscinetto in posizione strategica che avrebbero potuto cedere ai greci come controparte: cercava insomma di trovare un accordo di pace. “ Se non riusciamo a trovarlo in tempo credo fortemente che saremo finiti! “ esclamò una sera straziato, Enea sospirò e disse: “ Perché non offriamo Troia stessa? “
“ Cosa? “ chiese Crise allibito
“ Agamennone lo aveva proposto. Offrire Troia. In pace. Ci consegnamo in mano loro e... tratteremo qualche
accordo che... insomma... che possa tornarci vantaggioso. “
“ Cosa vorresti dire? “
“ Vorrei dire che potremmo giungere all’accordo migliore. Andare da Agamennone e consegnargli la città.
Come voleva lui. Lui avrà Troia come sua città, la Grecia sarà grande, il dominio di Sparta accresciuto, avranno un controllo sul mediterraneo, ma noi pretenderemo comunque di essere nella nostra politica interna indipendenti, continuare a svolgere le nostre cose, mentre la Grecia ci controllerebbe solo in politica estera, li potremmo avvantaggiare nel mercato di oriente, fargli da appoggio. Loro potrebbero andare via contenti, certo avremmo qualche segretario o membro del consiglio spartano stanziato qui in base fissa, ma credo che così facendo anche il nostro popolo rimarrebbe al sicuro. Diventare greci è la soluzione migliore per tutti e se lo facciamo in pace, senza fare nemmeno troppe storie, verrebbe risparmiata la carneficina. “, Crise lo guardò in silenzio, senza fiatare, respirava in modo regolare, Enea era convinto di aver fatto colpo con le sue argomentazioni e si sentiva rincuorato ma il sacerdote alzandosi e sbattendo le mani sul tavolo urlò: “ Ma dico sei stupido o cosa, giovane Enea? Cedere la città? Ma sei pazzo? “ fece il giro del tavolo e avvicinandoglisi disse: “ Mai. Se dovremmo cadere, cadremo. Ma con onore. Non ci metteremo mai nelle mani di quei pazzi carnefici. “
“ Ma a loro non interesseranno quattro cittadine cuscinetto senza nome. E io non mi sento nemmeno di far finire gente innocente nelle mani di quei mostri spietati senza nessuna ragione. Questa guerra è scoppiata a
causa nostra perciò dobbiamo essere noi a piangerne le conseguenze. “
“ Già. E non ti sembra che non lo stiamo già facendo? Non ne stiamo pagando le conseguenze? “ chiese
arrabbiato, il ragazzo non rispose, “ Quanti uomini sono morti fino ad oggi, Enea? Uno, due? “ chiese nuovamente senza avere risposta “ Preferisco vederla bruciare più tosto che finire nelle loro mani. “ disse il sacerdote abbandonando la stanza.

Priamo aveva raggiunto Andromaca nelle sue stanze che si straziava dal dolore, stava sempre sdraiata a letto,
rifiutava il cibo, rifiutava da bere, rifiutava perfino di dormire. Priamo era disperato cercava di farla reagire ma poi si ricordava che non ci riusciva nemmeno lui.
“ Se solo potessi fargli i funerali. Se solo potessi porgergli i giusti onori. Se solo potessi avere l’urna contenenti
le sue ceneri dove versare le mie lacrime. Mi basterebbe solo fargli un degno funerale. Ettore era mio marito, io ne ho il diritto. Ho il diritto di salutare degnamente il marito fedele e padre stupendo che è stato Ettore. “ disse quella sera la donna e Priamo che pensava le stesse cose sapeva bene cosa doveva fare.

" Tu mi hai dato la pace in una vita di guerra"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora