Mi scuso anticipatamente per le scene di violenza che avete dovuto leggere, ma mi sono necessarie per far andare avanti la storia e... perchè ho una mente malata, infondo :D Vi premetto che a breve, molto a breve, la storia evolverà in maniera...decisamente positiva, ma non prima di qualche altra "disavventura"! Ringrazio ancora chi commenta e vota, mi date la forza per continuare! Ellis
P.S. nel capitolo successivo saranno presenti delle foto.
CAPITOLO UNDICESIMO – SOSPETTI
La sentii emettere un grido strozzato, le vidi le gambe cedere, sapevo che stava per svenire, poco prima che perdesse totalmente i sensi annullai l'incantesimo che le teneva legati i polsi al palo così che potesse cadere lateralmente. Quella ragazzina aveva davvero fegato oltre ad una resistenza notevole. Da che ne avevo memoria poche persone erano riuscite a resistere così a lungo a quel trattamento. Rimasi sorpreso, e dentro di me sapevo che se non fosse svenuta avrebbe continuato così anche per tutto il pomeriggio. Strabiliante, davvero. Dissi tra me e me. Chiunque della sua età, alla sola vista di ciò che stava per capitargli si sarebbe messo a piangere, ad urlare, ad implorare, ma lei no. Aveva stretto i denti, non aveva emesso un rumore se non alla fine. Come chi ne ha già sopportate... quel pensiero mi balenò in mente come un lampo. Lo scacciai velocemente però, mentre lasciavo la cinta per terra e mi incamminavo davanti a me. Mi avvicinai alla ragazza e mi abbassai. C'era molto più sangue di quanto pensassi e di quanto mi fossi accorto. I tagli erano visibili e molto più profondi di quanto in realtà volessi. Lei era rivolta a terra di lato, con gli occhi chiusi e una lacrima a rigargli la guancia. Una sola lacrima. A terra una piccola macchia rossa si stava via via allargando. Sentii dentro di me un senso di colpa e più la guardavo più restavo affranto da ciò che vedevo. La presi in braccio stando attento a non toccare i tagli aperti, avevano bisogno di essere curati e, dato che ero stato io a procurarglieli io dovevo prendermene cura. Non devi...vuoi... è diverso. Parlai dentro di me, mentre con quel piccolo corpo stretto a me mi incamminavo verso il mio laboratorio privato per arrivare il più diretto possibile ai miei alloggi, lasciandomi invadere dal suo profumo che mi procurava una sensazione di inebriamento. Scesi velocemente le scalette, attraversai il laboratorio e aprendo la porta con il piede entrai nel mio ufficio. Mi avvicinai al divano e con attenzione vi depositai sopra quella ragazzina che mi stava facendo uscire fuori di testa, adagiandola in modo che stesse a pancia in giù. Presi la bacchetta e con un incantesimo feci sparire quel che restava della maglietta e il reggiseno. Avevo necessità di poter guardare bene le ferite. Posai la bacchetta sul tavolo e girandomi scesi di nuovo nel laboratorio a prendere ciò che mi serviva. Una grande quantità di dittamo... o gli resteranno le cicatrici... non voglio che succeda! Poi garze e fasce ed anche una pozione per farla riposare ancora un po', il dittamo brucia da morire e non voglio che riprenda i sensi proprio mentre la sto medicando. Dissi mentre prendevo tutto ciò. Risalii le scalette e tornai nel mio ufficio. Mi inginocchiai di fronte al divano. Quei tagli erano profondi ed aperti in modo davvero brutto. Non doveva andare così. Scacciai quel pensiero subito, avevo necessità di restare concentrato. Presi la fiala contenente quella pozione che adoperai in quel momento come anestesia e alzandole leggermente il volto gliela lasciai cadere in gola. Presi il dittamo e con il contagocce iniziai a passarlo su ogni taglio che subito si richiuse, lasciando solo un segno rosso che sapevo con il tempo sarebbe andato via. Quando ebbi finito vi erano molti segni rossi. Come ultima cosa presi le garze e le posizionai su quei segni, non potevo rischiare che si infettassero, nonostante le ferite fossero richiuse la pelle era ancora moto sottile e le fissai con una benda. Finito mi alzai osservando il mio lavoro, spostando poi lo sguardo sul suo viso. Ora era più rilassato rispetto alla smorfia di dolore che lo contraeva fino a poco prima, sembrava così dolce addormentata. Mi ritrovai ad abbassarmi, accarezzandole il profilo. Aveva dei lineamenti stupendi ed aggraziati, che, mi ritrovai a constatare, quasi stonavano con il suo carattere da leonessa. Un contrasto dannatamente attraente. Mi riscossi dai miei pensieri, ero rimasto imbambolato come un cretino. Andai al bagno lavandomi le mani e tornai in ufficio, sedendomi sulla poltrona posta di fronte al divano. Sapevo che almeno per un'altra oretta avrebbe dormito. Mi sedetti e non feci niente, rimasi a guardarla beandomi di quella visione. Ogni qualvolta cercavo di spostare lo sguardo... niente, era come se una forza invisibile mi riportasse li, su quel volto, su quelle spalle, su quella schiena.... Su quel culo.... Mi leccai le labbra mentre gli occhi scendevano ad osservare le cosce. Rimasi così per minuti interi. Dopo una decina di minuti mi alzai, avevo voglia di un bicchiere di buon vino per distendere i muscoli. Mi avvicinai alla vetrinetta dove tenevo custodite bottiglie pregiate, ne stappai una e prendendo un calice mi versai dell'ottimo vino elfico. Mi girai e tornai a sedere sulla poltrona, portandomi alle labbra il calice. Stavo guardando il vino contenuto nel bicchiere che tenevo in mano quando un mugolio mi fece sollevare gli occhi. La vidi muoversi leggermente, aggrottai le sopracciglia, era passato troppo poco tempo ancora, era impossibile si stesse già svegliando. La vidi muovere leggermente le gambe e poi le braccia. Mi beai della visione dei suoi muscoli che si contraevano involontariamente. La vidi spostare il braccio destro sopra la testa e girarsi a pancia in su. I miei occhi si allargarono, sentii le pupille dilatarsi, il sangue fluire tutto in basso e il cuore perse almeno un paio di battiti. Rimarsi immobile, incantato. Era quasi totalmente nuda sotto al mio sguardo, a parte i jeans. Mi alzai e mi avvicinai, lentamente. Il seno era perfettamente rotondo, il petto si alzava ed abbassava ritmicamente con il respiro. Avevo voglia di accarezzare quella pelle diafana. Spostai lo sguardo sul leggero solco degli addominali e poi più in basso su quell'accenno di pancia che al solo sguardo risultava così morbida. Mi bloccai. Mi girai appoggiando di colpo il calice sul tavolinetto basso affianco al divano e tornai con lo sguardo dov'ero prima. Mi avvicinai di più. Non capivo. Mi inginocchiai e avvicinai ancora il viso. Ero a pochi centimetri di distanza e solo allora lessi. Sanguemarcio. Il mondo si fermò, un brivido gelido mi partì dalla testa fino alla fine della schiena. Guardai ancora. Quella parola incisa sul suo ventre a chiare lettere. Mi alzai come scottato. Non capivo. Chi aveva osato? Perché? Feci un passo indietro passandomi una mano sulla fronte. Mi tornò in mente il pensiero che avevo avuto poco prima. Come se avesse già sopportato.... Il dubbio diventò certezza. Non avevo capito nulla di questa ragazzina...Donna, imbecille è una donna! Bofonchiai a me stesso. Mi passai ancora una volta una mano sulla fronte. Ero agitato. Presi il calice e tracannai in un solo sorso il vino rimasto. Avevo la gola secca. Mi girai nuovamente tornando a guardare quella scritta. La certezza che avesse subito torture durante la guerra mi gelò il sangue. Istintivamente serrai la mandibola. Iniziai a pensare ai miei ex compagni mangiamorte, a chi fosse stato... sotto le mani di chi era dovuta passare. Presi la bacchetta dalla scrivania. Volevo vedere di più. Pronunciai l'incantesimo e anche i jeans si sfilarono. Mi avvicinai ispezionando la pelle delle gambe. C'erano moltissime cicatrici, tagli, a volte più profondi, altre volte meno. Alcune erano rotonde. Cruciatus. Ne ero certo. Le conoscevo bene. Alcune altre erano sicuramente state fatte con una lama. Quella più profonda era sulla gamba sinistra, al lato della coscia. Non riuscivo a riconoscerla però. Non era sicuramente stata provocata da un incantesimo. Né da una semplice lama. I bordi erano frastagliati ed aveva una forma strana. L'unica cosa certa era che sicuramente doveva esser stata profondissima, da aprirle il quadricipide. Alzai gli occhi passando alle braccia. Avvicinandomi potevo vedere cicatrici anche li, sparse un po' ovunque, anche se più piccole. Mi alzai riprendendo la bacchetta e rimettendole i jeans e anche il reggiseno. Sapevo che di li a poco si sarebbe svegliata. Mi girai inquieto andandomi a sedere dietro il grande tavolo di mogano. Stavo iniziando a capire il cambiamento caratteriale e comportamentale che aveva fatto. Non che lo giustificassi, assolutamente, ma iniziava a prendere tutto più senso. Chissà cos'altro avrà passato... sospirai, poggiando la schiena alla sedia, incrociando le braccia. Aspettai così, assorto tra i miei pensieri ancora qualche minuto e dopo poco, come previsto la vidi muoversi leggermente, aprendo lentamente gli occhi.
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Normal Rebel, Hermione Granger-Severus Piton
RandomUna storia diversa tra la studentessa più brillante (e ribelle) della scuola e il professore più cinico e bastardo del castello. Se siete quanto meno curiosi di sapere di cosa tratterà questa FF entrate e leggete il prologo e poi deciderete se conti...