cap.20

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CAPITOLO VENTI – NOI?

Mi chiusi la porta della stanza alle spalle, abbassandomi ad aprire la zip degli stivaletti con il tacco scalciandoli poi da qualche parte accanto al letto. Era la sera della fine delle lezioni, il giorno dell'inizio delle vacanze. Silente aveva organizzato un grande ballo dove avevano partecipato tutti gli studenti ed i professori, c'era stato un sontuoso banchetto e poi la festa si era protratta fino a tarda notte, tra musica e qualche bottiglia di alcool fatta arrivare sotto banco da chissà chi. Ero stata davvero bene con i miei amici, tra risate e chiacchiere la serata era passata piacevolmente, nonostante il mio umore non fosse dei migliori. La sera precedente avevo comunicato a Ginny che non sarei stata presente a quella festa, non avevo intenzione di presentarmi li da sola e di certo non potevo farmi accompagnare da Severus. Erano stati i dieci minuti peggiori della mia vita, alla fine vinta per esasperazione, avevo concesso a Ginny la mia presenza, accompagnata da Dean. Per tutta la durata del ballo i miei occhi si erano cercati, incastrati, incontrati e scontrati con un altro paio...neri ossidiana. Avevo cantato vittoria mentalmente quando avevo visto la sua mascella contrarsi spasmodicamente, alla vista della mano del mio accompagnatore che mi accarezzava la schiena lasciata scoperta dal vestito, mentre raggiungevamo il nostro tavolo. Lo avevo visto irrigidire i muscoli più volte quella sera, mentre con lo sguardo scandagliava la sala soffermandosi sempre più del necessario su di me, mentre Ginny più volte mi aveva tirato certi sorrisetti maliziosi dall'altra parte del tavolo, accorgendosi quanto me di quei dettagli. Mi spogliai, infilandomi la tuta malamente abbandonata sulla sedia, accanto alla miriade di pacchetti regalo che attendevano di essere consegnati ai rispettivi destinatari. Tra tutti ne spiccava uno, piccolo chiuso in un'elegante bustina verde scuro. Mi ritrovai a fissarlo, mentre con un gesto rapido mi scioglievo i capelli che per la serata avevo acconciato. Andai in bagno e dopo essermi sistemata mi infilai sotto le coperte. Passarono minuti interminabili, ma il sonno nonostante la stanchezza, non voleva saperne di arrivare, troppi pensieri affollavano la mia mente. Mi girai di lato per l'ennesima volta cambiando posizione, fissando lo sguardo sul baule, mezzo fatto mezzo no. Molly mi aveva, come ogni anno, invitata a passare il natale con loro, saremmo dovuti partire tutti tra poche ore, con il treno delle 9, ma io non avevo ancora deciso cosa fare. Una parte di me sarebbe tanto voluta andare a casa Weasley, le festività con loro erano sempre stupende, nonostante la guerra in quella grande casa il buon umore e la speranza per un futuro migliore, non era mai veramente morta. Un'altra parte di me sarebbe voluta restare al castello, passare le festività li, accanto a Severus, insieme al mio... quel pensiero che da giorni mi stava tormentando tornò più prepotente che mai. Cos'era per me lui? Cosa eravamo noi? Cos'era il nostro rapporto? Non semplice sesso, questo lo sapevo, troppi segnali me lo avevano dimostrato, eppure..eppure? Lo potevo definire il mio...ragazzo? Quel pensiero mi fece storcere il naso, ragazzo certamente no... un ventenne si può definire ragazzo...Potevo definirlo il mio compagno? Mi tornò in mente la frase di Wiky, di molti giorni prima, quando avevamo pranzato per la prima volta insieme nel suo studio e mi aveva aiutato con la legilimanzia a superare il mio blocco. Superare se così si poteva dire. Cos'ero io per lui? Quella raffica di pensieri mi fece sbuffare sonoramente, con un gesto stizzito tirai su le coperte, infilandomi la felpa della tuta sopra la maglietta, guardai l'orologio che segnava le cinque di mattina. Aprii la porta di scatto scendendo nella sala comune, trovandola vuota. Mi accoccolai sul divanetto davanti al fuoco che ancora scoppiettava allegro nel camino. Tutti quei pensieri mi stavano soffocando e una forte ansia stava crescendo piano piano nella mia pancia, pensandomi sul petto come un mattone. Un leggero tocco sulla spalla mi fece sussultare, quasi gridando, strappandomi violentemente dai miei pensieri, facendomi girare di scatto. Hei amica, tranquilla! Vidi Ginny sorridermi dolcemente, aggirando il divano per sedersi accanto a me. Quando riconobbi la mia migliore amica il mio cuore iniziò a rallentare, non minacciando più di uscirmi dalla cassa toracica. Gin, che fai qui? Dovresti dormire, il treno partirà tra poche ore. Sussurrai, mentre si sedeva con le gambe incrociate davanti a me. Lo so, ero a finire di sistemare il baule ed impacchettare gli ultimi regali... ho sentito la porta della tua camera che si apriva, così sono scesa, pensavo stessi combinando qualche altro guaio in realtà! Ribattè, provocandomi una risata che morì dopo pochissimi secondi. Herm....che succede? Ovviamente se ne accorse. Non si poteva nascondere nulla a Ginevra Weasley. La vidi avvicinarsi ancora di più, accarezzandomi una mano. Abbassai lo sguardo, sentendo gli occhi pizzicare. Hei...mi stai facendo preoccupare, ha fatto qualcosa Piton? Giuro che lo ammazzo se ha fatto qualcosa! Alzai la testa di scatto, venendo che stringeva i pugni pronta ad andare ad avventarsi su di lui. Quella costatazione mi fece stringere il cuore. No, Gin...non ha fatto niente... non è questo il problema. Parlai, torturandomi le dita delle mani. Herm...allora non capisco, spiegati... Mi incitò, tornando ad una condizione più tranquilla. Gin, io non so cosa fare... per...per le vacanze. Lasciai la frase a metà, sapendo che tanto lei avrebbe capito. Ehi... non devi preoccuparti per questo, sai che mia madre ti ha invitata a stare da noi come sempre, perché sei di famiglia...e questo lo sai bene, ma se tu decidessi di stare qui io lo capirei e stai serena nessuno ti giudicherebbe, anche se loro non sanno, accettano ogni tua scelta. Iniziò, accarezzandomi il ginocchio piegato a pochi centimetri dal suo. Certo sarebbe un po' più complicato spiegarlo a Harry e a quella zucca vuota di mio fratello ma ci penserei io ad inventarmi qualcosa, li conosco bene entrambi e, se decidessi di stare qui, ti coprirei le spalle, come nelle ultime settimane. Siamo sorelle Herm. Finì. Io di rimando la afferrai per le braccia, chiudendola in un abbraccio stretto, che ricambiò con altrettanta vemenza. Grazie Gin... Ci staccammo, continuando a guardarci negli occhi. Ma è proprio questo il problema...io non so se lui vorrebbe...non so cosa siamo noi. Le sussurrai. Herm, sei una ragazza brillante, chiunque vorrebbe dividere il suo tempo con te, solo uno sciocco non capirebbe il valore di una donna così. Ma a parte ciò, tu cosa provi? Mi chiese, sorridendomi appena. Io...Gin, non lo so...non è solo una questione fisica, lo sai, non sono il tipo...io sento delle emozioni fortissime quando sto con lui, quando non c'è lo cerco...mi sento bene come non mi succedeva da mesi, forse anni...Lui...mi capisce. Sai quanto conti l'intesa mentale per me... E' vero avrà mille difetti e mi rendo conto che non è proprio il prototipo di uomo che chiunque si aspetterebbe da una come me, ma io... sento questa sensazione di calore e felicità, qui, nel petto quando ci penso. Io provo... Lasciai la frase a metà, non avendo il coraggio di pronunciare l'ultima parola. Amore. Sei fottuta amica mia. Ma ci pensò saggiamente Ginny. Herm, sei innamorata. Rincarò la dose, girando il dito nella piaga. Io la guardai con due occhi da cane bastonato. Non è una cosa brutta, io sono davvero contenta per te... e sono convinta che anche lui prova le stesse cose, non ti saresti lasciata coinvolgere in questo modo se no. Sei troppo intelligente per non renderti conto se una persona ti sta mentendo, non dopo tutto questo tempo oltretutto. Parlò Ginny, gesticolando. Gin, cosa devo fare? Io non lo so...non sapere cosa siamo, cosa sono io per lui, mi manda in crisi. Ribattei, sbuffando esasperata, passandomi una mano sulla faccia. Glielo devi chiedere, chiaramente, senza troppi giri di parole. Rispose. E quando Gin? Tra poche ore partirà il treno, non ho neanche finito di sistemare il baule nel caso volessi partire...e poi come faccio, apro la porta e dico " ciao scusa, vuoi essere il mio fidanzatino"? Mimai con le dita le virgolette, strappando una risata alla mia amica. Ma no, cretina! Non intendo questo. Glielo chiedi e basta, gli domandi semplicemente cosa siete voi, per lui. Per il baule non preoccuparti, ci penso io, ti preparerò tutto nel caso tu decidessi di partire. E per quanto riguarda il quando...beh, mi pare ovvio, ORA! Finì, alzandosi, prendendomi per un braccio, trascinandomi verso il ritratto della signora grassa che sentendoci arrivare aprì gli occhi, guardandoci davvero male. Ma Gin, sei sicura? Mi bloccai ad un passo dal quadro, sorridendo leggermente in direzione della signora grassa a mo di scuse. Herm, per la miseria, certo che sono sicura, quando vorresti chiederglielo, domani dal treno? Sentenziò, allargando le braccia per l'esasperazione. Ma io ancora non ero del tutto convinta. Io...non lo so, non mi sento sicura. Le risposi, non riconoscendomi più, dov'era finita l'Hermione coraggiosa e insolente? Amica, ascolta, stiamo parlando dell'uomo che ami ma anche del tuo futuro, è giusto che tu sappia, ne hai tutto il diritto. Non puoi restare nel limbo. Devi chiederglielo. Finì, guardandomi. In quel momento un colpo di tosse ci fece girare in direzione del quadro. Dato che mi avete svegliata, penso di avere il diritto di intromettermi, tanto più che state discutendo di fronte al mio quadro. La signora grassa parlò, sistemandosi il vestito con una mano. Cara, la tua amica qui ha ragione. Parlò, guardando nella mia direzione. Gli uomini sono dei pelandroni, incompetenti, ignoranti e cacasotto. Devi fare tu il primo passo e poi...sei una grifondoro! Finì, facendoci scoppiare a ridere. Avanti Herm, va. E nel caso non temere, possiamo sempre affatturarlo dopo! Gin mi spinse nel buco del ritratto che intanto si era aperto. Scesi le scale velocemente, non avevo neanche la bacchetta. La cosa mi metteva agitazione così iniziai a correre, sperando che nessuno fosse ancora in giro per il castello. Passai davanti le grandi vetrate, accanto alla Sala Grande, notai che fuori il cielo si stava appena schiarendo. Continuai a correre, con il cervello in loop, non riuscendo a pensare a nulla, nemmeno a cosa gli avrei detto quando gli sarei piombata in camera alle 5 e mezza di mattina. Arrivai con il fiatone davanti alla porta del suo ufficio ancora correndo, mentre una forte sensazione di ansia mi attanagliava le budella, afferrai di slancio la maniglia abbassandola, aprendo di botto la porta. L'ufficio era immerso nel buio, la libreria aperta e dal corridoio si intravedeva una luce tenue, chiusi la porta dietro di me con una spinta del tallone. Feci un paio di passi avanti verso la libreria e da lontano sentii la porta del bagno spalancarsi di fretta, sbattendo contro la parete. Le fiaccole si accesero immediatamente in tutti gli ambienti, facendomi socchiudere un attimo le palpebre. Quando riaprii gli occhi, dopo una frazione di secondo, vidi Severus uscire dal corridoio camminando velocemente, con un asciugamano bianco legato in vita, i capelli bagnati che gli ricadevano sulle spalle, la bacchetta stretta nella mano destra, il petto nudo che si alzava ed abbassava velocemente e sul viso un'espressione mista tra preoccupazione, spavento e perplessità. Hermione!! Lo sentii parlare, fermandosi davanti a me, guardandomi allarmato. Io non risposi, percependo tutto ovattato, nelle mie orecchie solo il rimbombo del mio cuore. Probabilmente avevo un'espressione terrorizzata. Per Salazar, sono le cinque e mezza di mattina, che cazzo succede? Lo vidi avvicinarsi con un passo a me, imprecando per il mio mutismo, infilando la bacchetta nell'asciugamano legato in vita. Io per tutta risposta, indietreggiai di un passo, sentendomi tremare da capo a piedi. Io...io... Abbassai la testa. Il mio cervello si rifiutava di formulare frasi di senso compiuto e, sicuramente, stavo facendo una enorme, colossale, figura di merda. Fortunatamente la leonessa dentro di me, che in quel momento sembrava fosse andata a farsi una passeggiata chissà dove tornò, ruggendo, dandomi una scrollata. Alzai la testa vedendo che sul suo volto erano stampate una miriade di emozioni mentre mi fissava con le pupille dilatate e gli occhi leggermente sgranati. Cosa siamo noi? Quella frase finalmente uscì dalle mie labbra, come un sussurro. Lo vidi rilassare la schiena, rilasciando anche gli addominali che, solo in quel momento, mi accorsi, erano rigidi di tensione. Si passò una mano sulla faccia, tirandosi indietro i capelli bagnati, lasciandola per qualche secondo sugli occhi, come a voler scacciare la sensazione di un qualche peso, di una forte agitazione appena passata. Lo sentii sbuffare l'aria dalle narici, esasperato. Quando abbassò la mano il suo volto era una maschera indecifrabile. La prima pugnalata mi arrivò dritta dritta al centro del petto, li dove fino a poche ore prima stazionava da mesi ormai quella sensazione di calore. Primo passo indietro. Infilò gli occhi nei miei e non ci lessi nulla, NULLA. La seconda pugnalata mi arrivò dritta dritta all'altezza della pancia. Secondo passo indietro, sempre più vicino alla porta. Hermione io... Il suo tono era piatto, afono, quasi minaccioso. La terza pugnalata mi colpì direttamente il cuore e l'unico rumore che sentii da li in avanti furono i cocci infranti di un sentimento scomodo, ma immenso. Terzo passo indietro. Mi girai afferrando la maniglia della porta, non dandogli il tempo di finire la frase. Inizia a correre per il corridoio, sentendo in lontananza qualcosa... una parola, forse una frase, non saprei dire. Il ruggito del sangue che mi scalpitava nelle vene era talmente forte da avermi resa sorda. Mentre correvo lacrime amare iniziarono a colare dalle mie guance, mute testimoni della mia condizione emotiva. Sbattei con forza allo spigolo del muro di pietra, nel girare per imboccare le scale della torre, la mia spalla protestò, ma la mia corsa disperata non si arrestò, la sentii bruciare forte ed iniziare a gonfiarsi mentre a due a due salivo la rampa di scale che mi avrebbe portata alla mia camera. Entrai dal buco del ritratto, oltrepassando velocemente lo sguardo di compassione e pietà che mi lanciò la signora grassa, aprendo la porta di scatto gettandomi sul letto. Non so esattamente quanto tempo passò, probabilmente sfinita dal pianto mi addormentai. Mi girai di scatto, tirando un pugno all'oggetto infernale che non voleva finirla di suonare, facendolo cadere a terra con un tonfo. Aprii gli occhi ancora gonfi e con una rapida occhiata al comodino notai che erano le 7 e 40. In una frazione di secondo la realtà di poche ore prima mi ripiombò addosso, facendo uscire ancora qualche lacrima che prontamente asciugai con il lenzuolo. Gli occhi mi bruciavano terribilmente, il naso era arrossato per la quantità di volte che era stato soffiato. Con un movimento molle sostai le coperte, tirando fuori la testa e per un poco non mi venne un infarto. GINNY!! Urlai, ma la mia gola era arida e il suono uscì roco, più simile al verso di un animale morente. La mia amica era seduta sopra il mio baule, sistemato e chiuso, pronto per la partenza e mi guardava con le sopracciglia aggrottate. Mi tirai su a sedere a fatica, tremando...ma non per il freddo. Da quanto sei qui? Le chiesi, non guardandola. Da abbastanza per capire svariate cose. La vidi sospirare, alzandosi per sedersi accanto a me sul letto. Gin....non ora. Lei capì, abbracciandomi soltanto, lasciando che le mie lacrime gli infradiciassero il collo della felpa e la stoffa sulla spalla. Dopo svariati minuti ci staccammo e la vidi sollevare il volto, guardandomi, mentre con l'altra mano mi sistemava una ciocca di ricci dietro l'orecchio. Ora ti aiuto a darti una sistemata e poi andiamo a fare colazione prima di partire. Mi sussurrò dolcemente. Quella frase provocò in me un gemito di dolore, che prontamente venne compreso. Si no, hai ragione, forse meglio di no, ti porto qualcosa io mentre ti prepari, va bene? Il tuo baule è già pronto... La vidi alzarsi dal letto e camminare verso la porta. Grazie Gin. Parlai, talmente piano da non riuscire a sentirmi neanche io. Lei per tutta risposta si girò, con l'espressione più dolce che le avessi mai visto il volto. Andremo alla Tana, ti riprenderai e poi...gli faremo il culo a stelle e strisce. Ribattè, trasformando la sua espressione da dolce e perfida. Mi fice ridere per un secondo, prima di tornare a guardare il pavimento. E...non vuoi sapere ...? Lasciai la frase a metà. Non mi serve, l'unica cosa che devo sapere, e che so, è che qualcuno ha ferito la mia migliore amica, e questo qualcuno, chiunque sia la pagherà. E poi...abbiamo tutto il tempo durante le vacanze...quando e se vorrai mi racconterai. Ora lascia che io vada a prendere qualcosa da mangiare. Afferrò la maniglia ed uscì dalla stanza, mentre io di malavoglia scostavo gli ultimi residui di coperta che mi si era incastrata tra le gambe e con il passo strascicato, pesate come quello di un elefante, mi trascinavo verso il bagno. Dopo un paio d'ore ero seduta sul treno, direzione la Tana, con Ginny sempre stretta al braccio ed Harry e Ron che dormivano seduti sul sedile.

Normal Rebel, Hermione Granger-Severus PitonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora