Grace POV
Mi passo stancamente una mano sul viso mentre con l'altra lucido un tavolo sporco di birra e Dio solo sa che cosa. Il Billy's è quasi completamente vuoto, fatta eccezione per due ubriaconi al banco, Artyom e me.
Sbuffo esausta dirigendomi verso i due uomini di mezza età che continuano a ridere e biascicare cose insensate. Entrambi si liberano in una risata sguaiata quando uno decide di sporcare il pavimento appena pulito con un litro di birra. Stringo i pugni e rivolgo il viso al cielo in una preghiera silenziosa. Sforzandomi di non costringerli a lavare tutto il pavimento con la loro putrida lingua mi dirigo il più calmamente possibile alle loro spalle.
Decido di rilassare il viso che ho tenuto in un broncio per tutta la notte, il petto continua a farmi male sapendo che stanotte sarà l'ultima volta in cui metterò piede in questo posto che potrei definire una seconda casa. Non posso nemmeno arrabbiarmi con Bill, capisco, o almeno cerco di capire, la sua situazione: la sua famiglia ora è in costante pericolo per colpa... mia. Mi sento sanguinare il cuore, realizzo che tutto mi sta sfuggendo di mano, non una sola cosa sta andando per il verso giusto, tutti i miei piani, le mie aspirazione sono andate all'inferno, le persone che amo sono in pericolo ed io non riesco a fare niente per impedirlo. Sento il respiro accellerare mentre il mio corpo viene inondato da un'onda di frustrazione pura. Vorrei poter mandare al diavolo il mondo intero e sparire per sempre, vorrei non avere più una singola preoccupazione, vorrei, vorrei solamente avere qualcuno accanto.Prendo bruscamente per una spalla l'uomo che mi ha appena garantito un altra mezz'ora di lavoro e lo giro verso di me.
<Si chiude, volete che vi chiami un taxi?> Chiedo cercando di sorridere cordialmente, ma sono sicura che le mie labbra siano piegate in un ghigno per niente rassicurante.
<Dai dolcezza, facci divertire un altro po', magari vuoi unirti ai nostri festeggiamenti. Sai il mio amico Tyler ha appena avuto una promozione.> Trattengo un conato di vomito e un bel dito medio quando sento il loro sguardo lascivo percorrere tutto il mio corpo. Mi domando se si rendano conto che potrei essere loro figlia, magari l'alcol ha annebbiato il loro cervello così tanto da non permettere loro di fare due pensieri coerenti.
<Ha detto ora di chiusura.> La voce profonda di Artyom rimbomba in tutta la sala, ogni parola è accompagnata da un forte accento russo che non prova nemmeno a trattenere. Vedo i due ubriaconi girarsi verso di lui con una lentezza e goffezza quasi irritante.
<Nessuno ha chiesto la tua opinione russo di merda.> Il mio amico non sembra minimamente toccato dalle sue parole, si passa velocemente una mano tra i capelli scuri scoprendo i suoi occhi freddi come il ghiaccio. I due uomini si irrigidiscono sugli sgabelli mentre Artyom li raggiunge in tutta la sua grandezza. Un metro e novantasette di muscoli e freddezza.
<Andate via.> Nemmeno il tempo di sbattere gli occhi che gettano una banconota da venti sul balcone e si trascinano a vicenda verso l'uscita.
Sorrido piacevolmente colpita mentre vado a prendere lo straccio per pulire il casino sul pavimento.
<оставь это мне> Mi giro verso Artyom scontrandomi con le sue iridi azzurre scuotendo la testa.
<Non preoccuparti ce la faccio.> Lo vedo crucciarsi sporgendosi verso di me e strappandomi di mano la roba per pulire. Gli lancio un'occhiataccia che lui ignora egregiamente.
<Иди готовься, я отвезу тебя домой.>
<Ti aspetto fuori allora.> Come mi ha ordinato l'armadio accanto a me vado a cambiarmi negli spogliatoi angusti del locale. Sbadiglio esausta accasciandomi sulla panca in legno quasi del tutto scassata. Stancamente mi spoglio rabbrividendo per il gelo, nonostante sia solo il 15 Ottobre New York sta già diventando una distesa di gelo. Poco più di cinque minuti dopo sono coperta, ma ancora puzzolente di birra scadente e cibo fritto. Curvo le spalle come se un grandissimo peso si fosse posato su di esse, penso ad Ash e al suo piccolo corpicino disteso sul letto bianco e asettico dell'ospedale, questa settimana non sono riuscita nemmeno ad andare a fargli visita, gli orari ospedalieri sono tremendi. Sento gli occhi inumidirsi per lo strazio che sento, ma che nessuno può vedere.
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JUDGE ME
RomanceUna ragazza cresciuta nel ghetto che per salvare la sua famiglia si macchia di una colpa più grande di lei. Per scampare al riformatorio e alla probabile galera, lo stato le propone un accordo. Deve frequentare la scuola più rinomata e famosa di Ne...