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Grace POV

<Mamma, possiamo fare dei cupcake per il mio compleanno?>
<Come mai?> La sua voce è fredda mentre i suoi occhi guardano la televisione senza vederla veramente, mi dondolo lentamente sui piedi guardandomi le ballerine rosa usurate. Sono le più belle che ho anche se mi fanno male ai piedi, le avevo trovate accanto a un cassonetto davanti alla mia scuola un paio di mesi fa.
<In classe mia i miei compagni portano dei dolci quando compiono gli anni.> Rispondo facendo cadere lo sguardo sulla pancia gonfia di mamma. Mi ha detto che tra poco avrò un fratellino, non sono sicura di volerlo... Non vorrei che assistesse alle litigate di mamma e papà e poi la nostra casa non è abbastanza grande, eppure non riesco a non sentirmi emozionata per il suo arrivo. Non sarò più sola, avrò qualcuno con cui giocare, qualcuno con cui lamentarmi e piangere.
<Quando sarebbe il tuo compleanno?>
<Domani> La vedo annuire, i suoi movimenti sono lenti, goffi. Gli occhi sono iniettati di sangue e non osano mai incontrare il mio sguardo. Guardo il suo profilo perfetto, le labbra carnose il naso piccolo, i lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri offuscati da una nebbia perenne, sembra proprio una principessa, come quelle delle fiabe.
<Quanti anni fai? sei?> Sorrido con tristezza mentre stringo con le mani l'orlo della mia maglietta.
<Otto, ne faccio otto.>
<Ah> Si gira completamente verso di me continuando a non guardarmi negli occhi, sussulto quando vedo un lato del suo viso completamente tumefatto. La guancia non ha il solito colorito pallido, ma ha assunto i toni del viola e del giallo ocra. L'occhio è quasi completamente chiuso da quanto è gonfio, indietreggio d'un passo.
<Grace, mamma è tanto stanca, non riesco a farti i biscotti. Puoi provare a farli da sola, oppure potresti prenderli dalla pasticceria.> I suoi occhi incontrano i miei per la prima volti in giorni. Una sensazione di disagio mi attanaglia lo stomaco mentre tutto quello che sento è tristezza, rabbia e tanta, tantissima delusione. Il suo sguardo non è dolce, non  pieno d'amore, non è come quello delle mamme dei miei compagni. Deglutisco sentendo un dolore acuto lacerarmi il petto. Mi vuole bene, è mia mamma, certo che mi vuole bene, io le voglio bene.
<Posso avere delle monete per prendere i biscotti?> Chiedo sussurrando. Ho sentito mamma e papà litigare troppe volte per via di pezzi di carta verdi e monete argentate, non voglio che incomincino ad urlare di nuovo. Odio quando lo fanno, quando dormo, quando cammino per strada e anche quando cerco di fare i compiti tutto quello che sento sono le loro urla, anche quando non sono veramente con me. Il rumore degli schiaffi che mia mamma prende di continuo e l'odore soffocante del dolore e delle lacrime versate mi accompagnano, sempre .
Penso a mio papà e tutto quello che provo è rancore, il bisogno di fargli male e di mandarlo il più possibile lontano da noi. Ma la mamma non vuole, quando le dico che staremmo meglio senza di lui si mette a piangere urlandomi che è solo colpa mia se è siamo in questa situazione, e io ci credo, non posso fare altro, è per questo che cerco sempre di aiutarla, di farla sorridere. Ho scoperto che quando le porto i pezzi di carta verdi  o delle cose sbrilluccicose diventa felice, esce di corsa fuori di casa e torna ore, giorni dopo più rilassata e più felice.

<Posso darti solo pochi soldi, servono più a me mocciosa.> La sua voce si scaglia freddamente contro di me, sono abituata a questi suoi cambi di umore, ma domani è il mio compleanno e credevo sarebbe stata felice per me.
<A chi è che devi dare dei soldi?> Irrigidisco le spalle mentre milioni di brividi mi scorrono lungo la schiena, pianto le unghie corte delle mie mani nelle mie piccole cosce e mi costringo a restare immobile. Se non faccio rumore non si accorge di me, se sto zitta mi ignora, se faccio finta di non esistere per lui scompaio veramente. Chiudo gli occhi abbassando la testa.
<A nessuno tesoro, com'è andata l'uscita con i tuoi amici?> La voce di mia madre è calorosa e... piena di affetto.
<Andiamo in cucina che ti preparo il tuo piatto preferito.>
<Sta a sedere puttana che non sai fare nemmeno una frittata decente.> Le ringhia contro mio padre avvicinandosi traballante.
Non è vero, bugiardo vorrei urlargli, la mamma cucina bene, è lui che si lamenta sempre eppure finisce sempre tutto quello che ha nel piatto. Lo dice solo per ferirla, lo dice perchè l'unica soddisfazione della sua vita è vedere altre persone soffrire.
<Hai ragione amore, ma mi sono allenata e ora ho imparato a farla come piace a te.> Guardo mia madre alzarsi a fatica tenendosi la pancia gonfia con una mano.
<Ti ho detto di stare seduta!> Il suono di uno schiaffo rimbomba nella stanza facendomi sussultare. Guardo il corpo della mamma afflosciarsi per terra, vorrei correre da lei, ma ho come i piedi incatenati per terra, e mi odio per questo. Vorrei proteggerla, ma non ho il coraggio, non ce l'ho mai avuto.
<Cristo, non impari mai eh? Ti ho detto che devi sempre fare quello che ti dico io! Stupida cagna.>
<Mi dispiace.> Il suo tono lamentoso fa sorridere l'uomo che dovrebbe proteggerci, il suo ghigno sparisce quando nota diverse buste sul tavolino davanti alla mamma.
<Altre bollette? Ti avevo detto di andarle a pagare!> Ecco che iniziano ad urlare, mi piego su me stessa coprendomi le orecchie con le mani. Singhiozzi violenti mi sconquassano il corpo facendomi tremare.
<Ti avevo dato i soldi amore, dovevi andarle a pagare tu.>
<Stai cercando di dirmi che sto mentendo? Guarda come siamo coraggiose, non ti è bastata la ripassata di ieri sera?>
<No amore, hai ragione è colpa mia, le vado a pagare domani mattina, te lo prometto.> Comprendo a malapena quello che la mamma sta cercando di dire, la sua frase è spezzata dai singhiozzi.
<Ti conviene stronza, e ora dimmi perchè stavi parlando di soldi, non è che ti sei indebitata ancora? In quel caso stai sicura che li ripagherai a forza di pompini e scopate!> Sussulto lanciando un'occhiata alla mamma che ha iniziato a tremare violentemente,
<Amore, sono incinta, non posso...>
<Allora dimmi a chi cazzo dovevi dare i soldi!> La mamma si mette a urlare quando papà la prende per i capelli avvicinando il suo viso al suo. Mi dondolo su me stessa, ora finisce tutto, ora finisce tutto.
<Ti prego, ti prego smettila.> I rumori di singhiozzi riempie l'aria facendomi rabbrividire. Ora finisce tutto.
<Dimmelo o giuro che non vedrai un domani!> La sua mano grossa e pelosa si alza pronta a colpirla ancora.
<A lei! A lei! Mi ha chiesto dei soldi, non è colpa mia, non è colpa mia.> Alzo la testa di scatto, lo stomaco mi si stringe. Non l'ha detto veramente, non l'ha detto. La mamma mi protegge, mamma deve proteggermi. Ma io non l'ho fatto, mi ricordo, io non merito di essere protetta.
<Ovviamente è stata quella ingrata di tua figlia.> I miei occhi si scontrano con quelli scuri di mio padre. Striscio di un paio di centimetri indietro pregando qualcuno, chiunque di venirmi a salvare.
Lo vedo lasciare mia madre che con fatica si rimette seduta sulla poltrona il suo sguardo si spegne di nuovo mentre inizia a fissare la televisione che ci ha fatto da sottofondo fino ad ora.

JUDGE MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora