Capitolo 12

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ZAYN

Il medico mi puntò la luce in un occhio e per poco non gli azzannai la gola.

In quei giorni ero ipersensibile a tutto!
Per non parlare del fatto che i miei occhi erano costantemente rossi e con la pupilla allungata, di conseguenza vedevo meglio rispetto al solito e le luci intense mi davano fastidio.

Ringhiai mostrando i canini, anch'essi costantemente allungati.

Il dottore si allontanò e guardò mio padre implorante.

Quell'uomo sapeva che eravamo vampiri e studiava la nostra fisionomia, ma non aveva mai fronteggiato qualcuno di noi quando eravamo nella nostra vera forma.

Il sangue che bevevo non placava la mia fame, ma mi ci sarei dovuto abituare anche a costo di avere la forma di un mostro per sempre.

I miei genitori mi facevano visitare per essere sicuri che non impazzissi del tutto, sarebbe stato più semplice però se il medico in questione non sudava freddo ogni volta che mi si avvicinava e non gli tremava la mano quando doveva toccarmi.

Mio padre scosse il capo.

- Allora, dottore? - chiese lui.

- Pazzia non credo, ma non è rassicurante il fatto che ha sempre gli occhi rossi e i canini troppo fuori dalle gengive - rispose il medico.

- Questo lo sappiamo già. Ma ciò che mi preme è sapere se impazzirà - ribatté papà.

Il dottore mi lanciò un'occhiata.
Probabilmente si stava chiedendo se era il caso di far incazzare due vampiri di casata reale come noi.

Io al posto suo mi sarei già lincenziato.

- Non mi serve che un medico me lo dica. Ho tanta sete ma non mi sta venendo la voglia di fare strage di essere umani - dissi.

- Un pazzo nega di esserlo - ribatté mio padre.

Alzai gli occhi al cielo e mi alzai dalla sedia.

- Fa come vuoi - borbottai - Io vado in cantina -

Detto questo me la svignai davvero.

Mi sarei attaccato a tutte le bottiglie di sangue che avevamo come scorta.
Prima o poi la mia sete si sarebbe placata.

                               ***

- Zayn Jacob! - esclamò mia madre quando, un paio d'ore dopo venne a cercarmi.

Scrollai le spalle e sollevai la bottiglia mezza vuota che tenevo in mano. L'ennesima.
Ai miei piedi ne giacevano quattro o cinque, tutte rigorosamente vuote.

Mamma sospiró e si sedette al mio fianco.

- Almeno le torce si sono spente - disse.

- Già. Sarebbe meglio se si placasse anche la nausea adesso -

La sete di sangue mi era passata, ma adesso avevo voglia di vomitare.
Comunque avevo notato che più il sangue era vecchio e meno mi sentivo male.

Buttai un'occhiata alle bottiglie.
Mio padre mi avrebbe ucciso: quelle bottiglie erano lì da più di ottanta anni.
E io me le ero scolate tutte.

Mia madre fissò le bottiglie.

- Dobbiamo farle sparire - annunciò - Tuo padre si berrà il tuo sangue quando lo scoprirà -

- Concordo -

Poi mi guardò, mi strappò la bottiglia di mano e se la portò alla bocca, mandando giù diversi sorsi.

Il battito del tuo cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora