II

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(Reginald Rebley)

Aspetto sotto il palo della bandiera della scuola. Non so che cavolo sto aspettando, eppure, vestito con la mia camicia bianca migliore, stirata da me personalmente (e questo spiega perché un orlo della manica è bruciacchiato) e poi da Henry per sicurezza, mi sento come se stessi aspettando qualcuno.

Trascorro buona parte del mio tempo a scaldarmi nel mio giubbotto, mi tiro su il cappuccio e inizio ad ascoltare la musica dal mio vecchio e indemoniato mp3, il quale qualche volta alza il volume per conto suo o si spegne senza motivo. Due esorcismi e ancora funziona.

Henry mi ha svegliato prima questa mattina, credendo come al solito che la mia velocità alla mattina di ultra-bradipo mi avesse contagiato da subito. In realtà da qualche giorno a questa parte ho smesso di dormire per l'emozione e ho sostituito il sangue nelle vene con una buona dose di caffè con panna. Entrare alla Formey mi pare ancora un sogno lontano, oltre il cancello non oso fare un passo per paura di scoprire che in verità mi sono immaginato tutto.

Stringo i pugni. Alzo una mano e saluto qualcuno a caso, prendendo di mira gente sempre più lontana pur di allontanarmi, facendo credere di essere "uno di loro". Appena raggiungo l'angolo della scuola, corro all'ingresso.

C'è una calca immensa fin nei primi corridoi e la cosa di stare spiaccicato al muro non mi piace per niente. Tento comunque di tenere alto il mio entusiasmo iniziale e inquadro i primi ambienti riconosciuti da quando sono venuto per l'audizione, due settimane prima. I ragazzi più grandi si riconoscono subito, sono più alti e spediti nelle giuste direzioni, con l'orario e i libri in mano corrono con i loro amici per rifugiarsi in qualche aula silenziosa. La segreteria e l'atrio principale sono intasati, gli studenti spingono per arrivare a destinazione senza cadere con il naso a terra.

Io mi limito a stare in disparte e aspettare che gli studenti comincino a scemare in varie direzioni. A nessuna matricola piace essere in ritardo, specie quelli con gli strumenti più ingombranti.

Una ragazza con un sassofono si sposta vicino alle macchinette e si mette a leggere il suo orario di lezioni. Alza gli occhi per capire in che corridoio è e per caso incrocia il mio sguardo. È una figura imbarazzante, da stalker, perciò devio immediatamente lo sguardo e faccio finta di essere interessato alle Nike bianche di un ragazzo.

Si dice che se ti fai un amico il primo giorno di scuola l'anno andrà sempre in positivo, ma non so cosa mi trattenga esattamente dall'andare da lei, scherzare sulla confusione e aiutarla.

Alzo una mano e la saluto. Lei non mi guarda, persa ad orientarsi. Non ho affatto idea se mi sta deliberatamente ignorando o non sa che sto provando a farci amicizia, però quando solleva il collo e fissa verso di me, raddrizzo la postura in stile esercito. Solleva una mano e la agita, sollevando le labbra in un sorriso rassicurato. A questo punto un'altra ragazza mi supera e si avvicina a lei, abbracciandola forte.

Poteva andare peggio.

Prima che qualcuno possa ridere di me, mi sistemo lo zaino sulla spalla e mi intrufolo in segreteria, sgattaiolando verso la sezione di studi dedicati agli studenti di musica. Mi becco solamente due gomitate sulle costole e tre spinte.

Ci sono moltissime materie di specializzazione musicale, oltre quelle base, tra cui: composizione, educazione musicale, buisness musicale, canto, coreografia e produzione e design. Leggo il numero del mio armadietto e cerco di orientarmi tra i corridoi, sperando di trovarmi in un posto più libero.

Con metà libri nello zaino e metà tra le braccia, deambulo all'infinita ricerca del mio armadietto, disperso in qualche anfratto solitario. Raggiungo quasi la mensa quando mi fermo e sollevo gli occhi su un mega poster dei miei due cantanti preferiti, Black e White.

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