XVII

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La luce proveniente dalla finestra mi sveglia definitivamente dal mio piccolo sonnellino in classe. Non stavo davvero dormendo, non so come certa gente può riuscirci udendo le voci e a volte le urla che ci possono essere in un'aula, ma a quando pare Flinn Deen ci riesce benissimo, nell'ultimo banco. A volte ancora odio il professor Alaric per avermi fatto spostare dall'ultima fila a davanti, sapendo certo che laggiù ci sono i termosifoni accesi.

Alaric sa benissimo rendere le sue lezioni avvincenti con le sue spiegazioni, accavallate qualche volta con domande o battute, ma a volte, proprio come questo giorno, il suo animo sembra smorzarsi alla pesantezza del circolo vizioso del mondo: le giornate.

Per lo più legge dal libro senza aggiungere niente, così almeno posso starmene tranquillo a pensare all'universo o a escogitare qualche stratagemma per far cessare la fame del mondo, tuttavia penso più che altro alla mia vita.

Mi smuovo un po'. Devo stare attento, ma a giudicare dall'espressione di Colin, anche lui ha la testa che vaga felice nel mondo dei sogni. Quasi nessuno si accorge del suono della campanella che preannuncia la ricreazione. Io sono uno di quelli.

Per tenermi sveglio, decido di andarmi a comprare qualche bibita frizzante ai distributori e dato che Colin si è ufficialmente amalgamato con il banco, non provo nemmeno a smuoverlo. Seppure io abbia solo dieci minuti a disposizione, mi bastano. Non faccio mai molto nella pausa delle lezioni ed è meglio che non faccia uscire il mio cervello dalla modalità-trance in cui è: Alaric parlerà ancora per un'ora e mezza.

Finisco per sbattere contro la macchinetta automatica. Qualcuno mi ha urtato e non mi sorprendo molto quando scopro che è Marcus.

Mi sposto leggermente e in quel momento, due braccia mi impediscono di andare via. Per la paura quasi verso la mia bevanda per terra. Guardo alla mia destra e c'è Logan. Ha uno sguardo buio e mi sta facendo decisamente male.

«Ehi, Logan, hai deciso di finire quella pulce?» lo chiama Marcus, mettendo le mani a coppa vicino la bocca.

Corrugo la fronte per un momento e sono deciso a rispondergli a tono, anche se le mie risposte a volte possono essere molto infantili. Logan reagisce prima di me, sfoderando il suo miglior sorriso. Spero che lo stia facendo apposta.

«Hai ragione, Marcus.» Io deglutisco un sapore amaro. «Certa gente non sa proprio quando è il momento giusto per tacere» spiega e io mi acciglio, guardandolo storto.

Si avvicina.

La gente sa che oramai Logan non fa più del male ad una mosca, ma non per certo ha dimenticato con quanta furia io e lui ci siamo odiati. Il lato buffo della cosa è che siamo l'esatto opposto di come ci vedono.

Anche se non me lo aspettavo proprio, Logan mi afferra i capelli e li tira in alto. La gente si sposta e grida mormora per avere di nuovo tra le mani il vecchio e robusto Logan. Però mi sta facendo male e non è per niente finzione. Logan fa uno scatto e con solo mezzo passo mi è accanto, allunga le mani, mi prende per le spalle e mi tira verso di sé. Allora mi bacia. Sconvolto, non mi muovo, anche se la mia bevanda finisce tutta per terra. Le mani di Logan trovano le mie guance, impedendomi di andarmene e guardandomi.

Un urlo ci fa girare. C'è Elly.

«Con lui?» strilla, stringendo i pugni, mentre le sue mani si serrano in due pugni. Anche se non voglio guardarla, pare proprio sia in grado di sfondare un camion rinforzato in questo momento. «È per lui che mi hai lasciata?» I suoi occhi ora sono umidi, ma stranamente l'espressione è dura.

«Smettila di fare così, merda» borbotta Logan al mio orecchio.

«Di fare cosa?»

«Di guardarmi in quella maniera.»

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