VI

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Mi chiedo veramente se sto bene e poi, con la stessa furia di come ho potuto piangere per l'intera notte, la risposta è arriva singola e appassiva in un No.

Mi maniera orrenda, per gli attimi in cui ho atteso il messaggio di Logan, la realtà è diventata meno terribile. Più sopportabile. Più bella.

Ultimamente mi sento piuttosto strano, me ne rendo conto da solo e, parallelamente, anche i miei comportamenti sono mutati in qualche modo che non saprei definire esattamente. Mi sono guardato allo specchio diverse volte per capire cosa ci fosse di sbagliato; nulla, ecco cosa. Eppure so per certo che questo nulla in verità non è tale.

Mi sento un idiota.

Logan, sta benone e, seppure solamente da un mese, lo conosco bene. Lui non si farebbe di certo domande, lui sopprimerebbe tutto e questo, come molti lo definirebbero, sarebbe "da uomini". Io, al contrario, non mi arrangio di queste stupide definizioni e lui torna prepotente e dispotico come nella realtà a tormentarmi nella mente. Anche dopo aver spento il PC, le sue parole mi riecheggiano nella mente e ho dovuto tenermi occupato per non abbandonarmi a quella folle voglia di rileggere la nostra più lunga e banale conversazione.

Mi consolerebbe se mi sapesse in questo stato? Ne dubito. Le cose, domani, torneranno al loro legittimo posto: vittima e carnefice, non altri.

Nel momento in cui riapro gli occhi, tutto è penosamente uguale a come lo era la sera precedente. La luce di un disgiunto sole colpisce le finestre e, nella posizione in cui sono, un raggio mi colpisce dritto agli occhi, distraendomi dal mio sonno e svegliandomi con tanta drammaticità da irritarmi ancor prima di sedermi. Mi bruciano gli occhi. Fanculo al sole. Fanculo a questa casa di merda, vuota e fredda da gelarmi il fondo schiena. Fanculo Henry e il suo lavoro e, sopra ogni tutto, fanculo anche a Logan. Per colpa sua, rannicchiandomi nel divano non ho fatto altro che pensare a lui e a mio fratello, di come, in questo stupido appartamento non ci sia nessuno a tenermi compagnia.

La sveglia non ha suonato. Non credo neppure di averla impostata. Mi stropiccio gli occhi con la mano e sbadiglio assonnato, massaggiandomi la schiena per la posizione in cui ho dormito. Non mi sono reso conto, da quanto stanco e pensieroso ero stato ieri sera, di essermi addormentato.

È mattina, il sole non è ancora alto ma splende di già. Non ho forza di spirito per controllare che ore sono e, in ogni caso, dubito mi importi qualcosa. Non mi frega nemmeno della scuola, tuttavia mi alzo comunque e mi infilo le mani dentro le tasche del mio maglione bianco.

Cammino verso la mia stanza con fatica, mi vesto e faccio del mio meglio per apparire come uno che non ha dormito avvinghiato a un cucino e sopra il divano del salotto. Sono così stanco e avvilito che ci impiego molto più del tempo che ho calcolato all'inizio. Nel deambulare su e giù per la casa non sono da meno. Vorrei sdraiarmi sul mio letto e restarci, magari per sempre, in quello che molti considerano la pace dei morti o il premio dei vivi, smettere di pensare a cose che mi fanno stare male e vedere le cose da un'altra prospettiva.

Esco e mi dirigo a scuola. Sono in ritardo. Fanculo pure quello. Non mi spiccio, sembra che lo faccia apposta a comportarmi così. Ci rifletto.

Davanti al portone della scuola mi fermo, fissando l'imponente edificio e ponderando se davvero sto facendo la scelta giusta. Magari un giorno di pausa mi farebbe bene, tuttavia cominciare a saltare le lezioni a inizio scuola potrebbe divenire una brutta abitudine e senza saperlo assomiglierei maggiormente a Logan, seppure negando.

Sto per entrare nel momento in cui una mano mi issa per un braccio e mi trattiene. Sebbene l'istinto di girarmi e colpire, sobbalzo e mi tiro indietro. Lo zaino mi scivola dalla spalla e mi piomba pesantemente nell'incavo del gomito. Mi piego.

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