XIV

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Colin mi definisce uno "zombie ambulante" in questi giorni perché mi aggiro come quelli per i corridoi della Formey. Sono stanco mentalmente, non fisicamente. Ho un continuo bisogno di tenermi occupato con un qualocosa (ho persino cominciato l'Amleto e per tutto il cipiglio che avevo al momento non ho capito nulla per dieci pagine) per non pensare ai miei problemi.

Oggi mi libero prima dal mio lavoro alla palestra della scuola, chiarendo con orgoglio che Jesse dirigerà i lavori di allestimento al posto mio. Non vedo l'ora di vederla finita.

Mi dirigo al mio armadietto, ci scarico i libri e tiro un profondo sospiro di sollievo. Un'altra giornata andata, mi dico dentro la testa, chiudendo con forza l'anta dura di metallo.

Faccio appena tre passi che qualcuno mi chiama da dietro. Non mi volto e continuo a camminare. Logan mi raggiunge a buon passo e io non lo guardo, sistemandomi la cartella su una sola spalla.

«Ehi, Doppia R...» mi dice e io accelero. Mi afferra un polso e mi fa fermare in mezzo al corridoio, in mezzo a tutti. Lo guardo in cagnesco e mi libero, facendo per andarmene per la mia strada quando lui mi blocca di nuovo. «Dannazione, ti vuoi fermare?»

«Si può sapere che vuoi?» dico con stizzo, sbattendo le braccia sui fianchi.

Lui non fa nulla in particolare. «Niente, volevo sapere come stavi.»

«Bene» rispondo brusco. «Ora ciao.»

Io cammino e lui mi viene dietro. Per un po' lo ignoro, ma dopo la sua presenza diventa fastidiosa e fatico a essere indifferente. Lui mi viene vicino e camminiamo in mezzo alla grossa massa di studenti che si affrettano a correre ai loro rispettivi autobus.

«Quindi con Nick ci parli ancora.»

Non capisco se la sua è un'affermazione o una domanda, in ogni caso alzo le spalle.

«Come fai a saperlo?» gli chiedo e lui fa un grugnito curioso.

«Non hai risposto alla mia domanda» replica lui.

«Quindi era una domanda?»

«Sì.»

«Ah.»

«Allora?»

«Sì, ci parlo ancora. Perché?»

«Nulla.»

«Se mi hai fatto questa domanda non è nulla. Ti da fastidio?»

«Sì.»

Mi fermo e lo fisso. Lui fa altrettanto. Non lo capisco. Davvero.

«Perché ti darebbe fastidio?» lo correggo e lui si affretta a spostare lo sguardo altrove, imbarazzato.

«Non lo so.»

«Contento tu» dico.

«Ricordo» afferma lui. «Ora mi vuoi parlare?»

No, Logan, non voglio, okay? Perché sono fottutamente confuso e tu non fai altro che peggiorare le cose.

«No» tuono e me ne vado per la mia strada mentre lui mi rincorre. Mi tira per lo zaino e io quasi cado. «Smettila!» urlo, spingendolo e lui si sorprende. Non lo sopporto quando gioca con me in questo modo. «Non ti degni nemmeno di dirmi un "ciao" in tutti questi giorni e poi ti aspetti che io ricominci a parlare con te come se niente fosse?»

Lui sbatte gli occhi. «Ciao» mi fa allora, sorridendomi. Trovo così strana e infantile la sua reazione che sorrido. «Veramente, credevo che tu mi ignorassi.» Lo guardo e da come pare, almeno, è afflitto. Forse è la mia mente che vuole vedere quello che vuole e non come stanno vermente le cose. «Mi eviti.»

NicotineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora