III

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(Hailey Bedford)

Il giorno dopo ho una voglia di alzarmi dal letto uguale a zero, uguale alle speranze che Henry saprà un giorno distinguere il telecomando della radio da quello del condizionatore. Zero assoluto.

Di norma vado a letto abbastanza tardi e l'altra notte ancora di più, poiché io e Hailey abbiamo passato quasi tutta la serata a scriverci e a inviarci link di canzoni. Alla fine mi ha rivelato il suo colore preferito. È il giallo.

Mi sfrego una guancia sul cuscino e il pensiero di Hailey mi fa sorridere. Mi piace parlare con lei, è spontanea, divertente e ottimista, un po' come Henry. Me lo ricorda, ma in meglio. Stillo a mente una breve lista sui pro e sui contro sull'opzione di gettare la sveglia dalla finestra e rimettermi a dormire. In primo punto potrei colpire qualcuno e beccarmi una bella accusa di omicidio, però c'è la prospettiva di dormire qualche minuto in più, giusto il tempo da far entrare Henry in camera mia come un carro armato e gettare tutte le coperte all'aria.

Mi strofino la mano sul volto e mi alzo. Oggi è il mio turno di preparare la colazione. Mi vesto in tutta fretta, cercando in giro per la mia stanza dei vestiti che non siano puzzolenti o troppo rovinati. Alla fine opto per t-shirt poco originale e gli stessi jeans di ieri.

Tiro la giacca sul divano e vado in cucina, prendendo la lista dei cibi consigliati dal post-it sul frigo. Henry ha ereditato un problema al cuore da nostro padre, soffre di insufficienza mitralica ed è una specie di malfunzionamento di una valvola cardiaca. Non è molto grave, ma deve seguire una dieta molto salutare, non bere alcolici e fumare per sicurezza. Questo significa anche niente cibi grassi o fritti per lui. Un bello schifo per conto mio.

Metto le tovagliette, prendo la sua amata dose di frutta giornaliera, tra cui albicocche e ciliegie, uno yogurt magro e una bella tazza di tè verde. Io opto per qualcosa di poco salutare, come due grossi krapfen al cioccolato.

Starnutisco e mi scaldo le dita vicino al bollitore del tè, stringendomi nelle spalle. Henry entra in cucina con i piedi scalzi e i capelli spettinati. Ha un aspetto orrendo la mattina, specie prima di farsi la doccia.

«Dio, Reginald, sai che odio il tè verde» mi rimprovera e io mormoro un qualcosa di poco specifico, specialmente già sovrappensiero.

Con mia sorpresa si siede e non proferisce più parola. Gli piace il caffè, a tutti piace, ma lui non può berne molto e sono io quello che deve nascondergli il cacao da qualche parte per impedirgli di ingurgitare tre tazze alla mattina.

«Il dottore dice che fa bene il tè alla mattina» persisto.

«Perché tu non lo bevi, allora?»

«Perché non mi piace» gongolo e lui mi getta un'occhiataccia.

La teiera sul fuoco fischia e tolgo il tè bollente per mio fratello, versandolo in una tazza di ceramica rossa, addolcendo il tutto con dello zucchero di canna. Lui sorride teneramente, bevendo a sorsetti il liquido, dopodiché lo lascio svegliarsi in santa pace.

«Vuoi del latte?» mi fa e lo versa comunque nel mio bicchiere di Spiderman.

«Grazie» la mia voce è un sussurro, impegnato a mangiare il dolce.

Quando finisco lascio a lui l'onore di mettere a posto, mentre io vado velocemente a lavarmi i denti e pettinarmi. Mi infilo la sciarpa, lo zaino su una spalla e cerco di sfrecciare via. Henry mi afferra per la cinghia dello zaino, mi infila una bottiglietta d'acqua dentro e poi scuote la testa.

«Stai attento quando attraversi la strada, evita di metterti le cuffiette.»

«Sì, sì!» affermo scocciato e marcio per andarmene, ma Henry non mi molla affatto ed è un bel problema perché rimango letteralmente piegato in avanti. «Devo andare!»

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