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Una nube di fumo mi impedisce di vedere chiaramente. Tutto intorno a me sembra sfocato e a stento riesco a riconoscere la sagoma di un uomo. Quest'ultima si avvicina pericolosamente verso di me, si abbassa alla mia altezza e sorride perfidamente. Mi alza il mento con due dita, il tocco mi fa gelare le vene. Le dita sono fredde, ma il suo tocco è delicato. Mi guarda dritto negli occhi e mi tira la testa all'indietro. Vorrei urlare, ma le parole nemmeno arrivano alla bocca. Sono sola, l'unica cosa che potrei fare è abbandonarmi al mio destino. Tutto ormai sembra giunto al termine, quando d'un tratto, quel viso perfido è lontano dal mio e le sue dita giacciono ora su una ferita sul suo addome.
Mi volto verso la direzione dello sparo, ma ahimè,non vedo nessuno. Chi aveva sparato a quell'uomo salvandomi? È tutto molto confuso e le figure sbiadiscono sempre di più, finché,non vedo soltanto buio e percepisco il mio corpo giacere sul terreno freddo. L'ultima cosa che vedo prima di chiudere gli occhi è la sagoma di un ragazzo con un braccio proteso in avanti e la pistola ferma nella sua mano destra.

Un miscuglio di voci mi fanno aprire gli occhi e la prima cosa che riesco a sentire è soltanto un'assordante macchina e la voce di una donna. Solo dopo qualche secondo comprendo che si tratta della voce di mia madre.

<<Hei>> biascico tossendo immediatamente. Lei mi guarda con gli occhi pieni di lacrime e successivamente mi getta le braccia al collo scoppiando a piangere.
<<È tutto okay>> le dico con voce flebile tossendo di colpo.
<< No che non va bene Alex. Avrebbero potuto ucciderti!>> urla lei e io alzo gli occhi al cielo.
<<Come se fosse la prima volta>> ribatto e mi fulmina con lo sguardo.
Resta aggrappata al mio corpo per un po' come se avesse bisogno di avere la certezza che io stessi realmente bene. Quando si stacca si siede sulla sedia accanto al letto sospirando.

Mia madre è sempre stata una donna che si preoccupa sempre per tutto, e che dopo tredici anni,continua a preoccuparsi per la mia incolumità. Di certo non potrei biasimarla,  nessuno vorrebbe che la propria figlia diciassette rischi la propria vita per una missione, ma a sedici anni ho pronunciato un giuramento e lo rispetterò fino alla morte.

Mia madre  continua a guardarmi senza dire una parola provando a trasmettere le  emozioni attraverso il suo sguardo color ghiaccio che sfortunatamente non ho ereditato. Maledetti geni.

Un dottore entra nella stanza seguito da un ragazzo vestito di nero. Ci metto un po' a capire di chi si tratta, ma quando capisco, dalla mia bocca fuoriesce un gridolino di gioia.

<<Alex, sai che odio questi gridolini da ragazzina isterica, sei grande ormai>> mi rimprovera Matt e alzo gli occhi al cielo.
<<Sempre simpatico>> rispondo e lui sorride.

<<La ragazza sta bene, a parte qualche livido sul corpo, può tornare a casa senza problemi>> afferma il medico e noi annuiamo. Finalmente, iniziavo ad odiare questo letto d'ospedale così scomodo.
Quando la porta si richiude, mia madre mi aiuta ad indossare la felpa seppur sporca di sangue e terriccio, e Matt mi aiuta ad alzarmi dal letto. La testa vortica e sono piuttosto debolr, ma nulla che non possa essere risolto con una bella dormita.

<<Cosa hai detto questa volta quando sono arrivata qui?>> Chiedo a Matt mentre siamo in auto per tornare al dipartimento.
<<Ho detto che sei stata derubata ,che hai fatto resistenza e il ladro si era infuriato>> risponde e io sorrido.

Matt è sempre stato bravo ad inventare storie, ma infondo, il nostro lavoro implica tutto ciò.
<<Sempre molto creativo>> lo canzono e lui alza gli occhi al cielo.
Matthew è lo stratega del gruppo. Escogita piani  ed elaborare storie così reali, che talvolta ci crediamo anche noi.

Mia madre guida fino al parcheggio del dipartimento e una volta parcheggiato, scendiamo dirigendoci alla sala centrale. Matt mi aiuta a camminare siccome sono ancora molto debole, ma nulla di grave.
Giungiamo al dipartimento e veniamo subito accolti da Jasmine e James, i quali, appena ci vedono, corrono ad abbracciarmi.

<<Ragazzi sto bene>> li tranquillizzo  con una voce strozzata a causa del dolore dei lividi.
<<Sapevo che non eri pronta a ciò>> afferma James ricevendo uno schiaffo da parte di Jasmine.
<<Jas è tutto ok, James ha ragione, non ero pronta>>
<<Se io affido una missione a qualcuno, è perché sono certo possa superarla>> interviene una voce e tutti ci voltiamo verso essa. Ed ecco che sulle scale in tutta la sua bellezza c'è mio fratello Arthur. Benchè sia davvero molto giovane, soltanto con la sua presenza riesce ad intimorire chiunque, perfino me, ma poi ricordo quanto lui in realtà sia completamente diverso a casa e abozzo un sorriso.

Scende mostrando la sua eleganza e il suo atteggiamento da capo. Abbottona la giacca nera e continua ad avere uno sguardo fiero che suscita ilarità.
Si avvicina al nostro gruppo fermando accanto a Matt, il quale, terrorizzato, guarda il pavimento come se fosse la cosa più bella di questo mondo. Mi avvicino a mio fratello e lo abbraccio nonostante sia a conoscenza lui non è esattamente tipo da effusioni.

<<Alex come ti senti?>> Chiede.
<<Bene>> rispondo e lui annuisce. Ci fa spostare tutti nella sala riunioni e una volta entrati ci accomodiamo.
La sala riunioni è una sala particolarmente grande. Al centro è posizionata una lavagna bianca dove di solito scriviamo con i pennarelli se abbiamo bisogno di ricordare eventi o nomi importanti per i casi.
Prendo posto in fondo alla sala come d'abitudine mentre Jasmine, James e Matt, si siedono ai loro posti in prima fila. Lancio uno sguardo verso l'esterno e osservo gli agenti spostarsi avanti ed indietro frettolosi di risolvere dei casi o semplicemente di tornare a casa. Molti agenti sono della mia stessa età, e principalmente sono affiancati ad agenti adulti che svolgono ruoli più importanti.

Arthur è sempre stato considerato un ragazzo pieno di talento. All'età di 20 anni si ritrova a capo di un istituto importante e ben noto per l'America, ma sono così fiera di lui.

Arthur dopo aver scambiato qualche parola con un suo amico, richiude la porta e riporta l'attenzione su di noi. Si avvicina alla lavagna e scrive l'indirizzo dove è stato trovato il corpo del mio aggressore morto, l'ora del decesso, e conclude il tutto con un enorme punto interrogativo.

<<Allora ragazzi, Alex non è riuscita a portare al termine la missione, ma in fondo, lo sapevamo dal principio>> esordisce e la mia faccia si trasforma in un'espressione di disapprovazione, Arthur lo nota, ma prosegue il suo discorso. <<Tuttavia, grazie a lei, posso dirvi che c'è qualcuno che è dalla nostra parte. Non sappiamo ancora chi sia, ma l'unica cosa che sappiamo per ora è che si tratta di un ragazzo di 19 anni e che vive qui. Questo è ciò che sono riuscito ad ottenere, ma continueremo a cercare e scopriremo la sua identità>> comunica  e tutti noi approviamo. Se sono viva e sono con la mia famiglia e i miei amici, è grazie a quel ragazzo, e farò tutto ciò che è in mio potere per trovarlo.
Siamo noti per essere gli agenti più giovani del dipartimento con più numeri di casi risolti. La nostra squadra è ben equilibrata, e inoltre, non temiamo per le conseguenze, proprio come gli adolescenti, ci buttiamo nelle situazioni senza calcolare quanto potrebbe essere in realtà rischioso.
Quando Arthur mi aveva proposto della missione, non avevo esitato nemmeno per un secondo ad accettare, troppo presa dall'euforia di andare in missione per conto mio. Ció che però mi ha riservato, naturalmente non era previsto, ma tutto è filato per il meglio, quel giovane ragazzo ha ucciso il mio aggressore salvandomi la vita, ed ora io scoprirò di chi si tratta per porre fine a questa breve, ma intensa missione.

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