Capitolo 28

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Due ore. Cento venti minuti, o se preferite settemiladuecento esilaranti secondi passati su una a dir poco scomoda sedia in plastica del " Saint Mary hospital".

Le gambe, ormai doloranti, erano allungate verso i distribitori automatici ricolmi di merendine, e la schiena leggermente ricurva.

Le ore sembravano non passare mai. Le lancette sembravano come incollate all'orologio.

Passai per l' ennesima volta una mano fra i miei capelli biondi, tirandoli via del viso.

Ero molto preoccupata per Harry, senza saperne il perché.

Ero sola nella sala d' attesa di un ospedale, non di un ospedale qualunque. Quell' ospedale.

Da quando avevo messo piede in questo edificio ogni secondo era stato infernale.

Ogni secondo passati quí per Nick e papà era riaffiorato da qualche parte del cervello, senza pietà, facendomi tremare.

Avevo ripercorso tutto, ogni attimo, ogni piccolo istante. Le urla, il dolore, la voglia di farla finita. Tutto.

Sentivo ogni parte del mio corpo lacerarsi, al solo pensiero che mancavano solo sette settimane, quarantanove giorni al giorno della gloria o della fine.

Davanto ai miei occhi troneggiava un futuro incerto, abbandonato nelle mani del destino.

In questi anni non ero mai più riuscita a rivedergli e per questo mi odiavo.

Una parte di me voleva correre da loro, ma la mancanza di coraggio, o davvero non so quale sentimento mi trascinava giù, negli abissi dell' anima, ricolmi di paura.

Mi fermavo sempre davanti alla porta della loro stanza, rimanendo impietrita, ferma, come una statua.

La mano riusciva a malapena a sfiorare la gelida maniglia grigiastra della porta.

Non sarei riuscita a vederli distesi du due letti, di un biancore lacerante, in una stanza altrettanto bianca.

Non avevo il coraggio di vedere i loro volti pallidi, di un nitore pauroso, spenti, senza alcuna emozione, privi di quella fprza e vitalità per cui tanto erano conosciuti.

E, ripeto, mi odiavo per questo. Per la mia mancanza di coraggio.

Per tutto.

Sospirai profondamente scuotendo la testa cercando di scacciare via i ricordi.

Sentivo gli occhi bruciarmi, a causa della pallida luce neon che illuminava la stanzetta.

Sbattei leggermente le ciglia, spalancando poi gli occhi.

Massaggiai lentamente la zona delle tempie, nella speranza di reprimere il dolore dritto e pulsante che sentivo.

<< Signorina mi scusi?>> disse una voce flebile poggiando una mano sulla mia spalla facendomi tornare alla realtà, lasciando da soli i miei pensieri.

<< Si?>> chiesi voltandomi verso la voce.

Una donna alta, sulla cinquantina, mi guardava negli occhi con uno sguardo preoccupato, quasi timoroso.

<< Parente del signorino Styles?>>

<< Si. Mi dica>> chiesi speranziosa

<< Il ragazzo è pieno di ematomi nella zona del busto. Ha riportato varie lesioni esterne e una frattura al braccio sinistro. Se vuole può visitarlo. Il padre è dovuto scappare per motovo personali. Mi segua>> disse la donna facendomi poi segno di seguirla.

Life goes on [h.s]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora