28. Non ti farò mai del male

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JUNGKOOK

Inutile dire che meno di un'ora dopo dall'invio di quel messaggio sentii il campanello di casa mia suonare.
Andai ad aprire la porta, con le lacrime ancora che scendevano dagli occhi.

Esatto, sono rimasto un'ora a piangere, rendendomi conto che facevo talmente schifo ad uno dei miei migliori amici che mi aveva gettato per terra come se fossi un sacco dell'immondizia.

Il volto di Jimin mi si parò davanti, quasi preoccupato quanto il mio.
Mi guardò per qualche secondo, abbracciandomi ed iniziando ad accarezzarmi la nuca poco dopo.
"Non pretendevo che venissi qui subito. Hai saltato lezione così" mormorai mentre mi lasciavo cullare dalle sue braccia.
"Non l'hai ancora capito che sei più importante tu delle lezioni di economia?" mi rispose lui in tono quasi scocciato.

Io mi slegai dall'abbraccio, guardandolo con aria malinconica per più di qualche secondo.
"Che hai fatto alla mano?" mi domandò in tono preoccupato lui poco dopo, spostando il suo sguardo sulla mia mano sinistra.
"Niente" risposi io in tono confuso non sapendo a cosa di riferisse, fino a quando non sollevai la mano davanti ai miei occhi e vidi che era piena di graffi e di una ferita che, se non medicata, avrebbe potuto farmi infezione.
Il dolore che avevo dentro al petto era così forte che non mi fece nemmeno notare, in un'ora intera, una ferita, che, solo in quel momento, mi resi conto mi bruciava da impazzire.
"Oh" esclamai in tono sorpreso. "Non me ne ero nemmeno accorto" aggiunsi abbassando lo sguardo verso il pavimento, sperando che così non avrei dovuto dirgli come me l'ero procurato.

Ma Jimin non era stupido e, sicuramente, non avrebbe lasciato perdere.
Infatti, mi alzò il mento con due dita, come faceva sempre, e mi chiese di nuovo cosa avevo fatto a quella mano.
Io rimasi in silenzio per qualche secondo, guardandomi intorno per evitare il più possibile di dire quello che era successo.
Ma, dopo un po', lo sguardo allo stesso tempo duro e ferito di Jimin mi fece cambiare idea, ed iniziai a raccontargli quello che era successo, concludendo dicendo che probabilmente la ferita me l'ero fatta quando Jin mi aveva spinto sull'asfalto.

"Che ha fatto?" mi chiese lui in tono arrabbiato quasi urlando.
"Mi ha...spinto" dissi di nuovo io con il tono di voce più basso che credevo di avere.
"Ti stai rendendo conto che quello sbagliato non sei tu ma è lui, vero?".
Io non risposi...perchè, in quel momento, non sarei stato in grado di mentirgli.

"Kook, lui ti ha buttato per terra, sull'asfalto di una strada. Come fai a pensare che abbia ragione?" mi domandò lui stringendo i pugni.
"Non lo so" mormorai io iniziando a scuotere la testa e passandomi le mani tra i capelli con insistenza.

Jimin, in tutta risposta, mi prese per un braccio e mi tirò di nuovo verso di sè, circondandomi con le sue braccia.
Avrei pensato a quanto era ironico l'effetto considerando che era più basso di me in qualche altro momento, ma, in quello, riuscivo solo a pensare a quanto stessi bene racchiuso tra le sue braccia.

Mi calmai quasi all'istante, alzando la testa e dandogli un leggero bacio sulle labbra poco dopo.
"Devo medicarti la ferita" mi disse lui non appena le nostre labbra si staccarono le une dalle altre.
Io annuii con la testa, dicendogli che le bende erano nel cassetto in cucina.
Non chiedetemi perchè avevo le bende in cucina e non in bagno come tutti, perchè non lo so nemmeno io.

Jimin, allora, si diresse in cucina, mentre io mi sedetti sul divano.
"Qual è dei due cassetti?" gli sentii dire dopo qualche secondo.
Io strabuzzai gli occhi, rendendomi conto di cosa avevo messo nel primo cassetto più di un mese prima.
"Aspetta" mormorai alzandomi di scatto e raggiungendolo.

Ma era troppo tardi: Jimin era lì in piedi, con un pezzo della tazza che avevo rotto, quando lui non si era presentato al cinema, in mano.
"Cos'è questa?" mi chiese in tono ironico.
Ma io avevo ben poco da ridere. Non so perchè, ma tutte le sensazioni che avevo provato dal singolo istante in cui avevo rotto quella tazza fino ad un secondo prima mi si riversarono di nuovo addosso, come un'onda che si infrange sulla sabbia, facendomi scoppiare in un altro pianto disperato.

Jimin rimise all'istante il pezzo di tazza che aveva in mano nel cassetto, correndo verso di me poco dopo.
"Ehy, che succede?" mi chiese in tono dolce e preoccupato.
"Quella tazza era quella che mi aveva regalato mia madre poco prima di morire. Io l'ho rotta quando non ti sei presentato al cinema, in preda dalla rabbia e dalla delusione. Vederla di nuovo a pezzi mi ha fatto realizzare come sto sul serio in questo momento.
Non ho più nessuno tranne te Jimin. Mia sorella non mi parla nemmeno più e non c'è verso di verso di farle cambiare idea, Tae è innamorato di me ed io non me ne sono mai accorto, e non sai che messaggio mi ha mandato prima quando gli ho scritto che avevo raccontato tutto a Jin, e Jin non appena ha saputo mi ha spinto con due mani facendomi cadere e se n'è andato senza dire una parola. Ho solo te adesso...e ho una paura immensa perché se perdo anche te poi sarò completamente solo" gli dissi con voce rotta e le lacrime che iniziavano a colarmi sul viso.

"Ehy, guardami" mi disse Jimin prendendomi il volto tra le mani.
Io alzai gli occhi verso di lui, vedendo la stessa sofferenza che credevo di avere nei miei.
"Lo so che adesso stai male e credi che nulla ritornerà più come prima, ma...ti prometto che io non ti farò mai del male. Hai perso tutti quelli che ti sono sempre stati vicino per stare con me. Non permetterò che tu soffra ancora".
"Non fare promesse che non sai se sarai in grado di mantenere" gli risposi con lo stesso tono usato nelle parole che avevo detto precedentemente.
"Te l'ho detto che per me le promesse sono importanti. Io non dico delle cose a caso perchè credo che starai meglio se le dico. Io dico delle cose solo se sono sicuro di quello che sto dicendo" mi disse lui iniziando a togliermi le lacrime dalla faccia con le maniche della felpa.

Io annuii, rimanendo a guardarlo in silenzio.
"Non devi sentirti in colpa per Jin. Quello che ti ha trattato male è lui. Quello che non ti ha accettato per quello che sei è lui, non tu" mi disse poi, spostandomi qualche ciocca di capelli da davanti agli occhi.
"Lo so" gli risposi cercando di convincermene.
"E le cose con Tae riusciremo a metterle apposto" aggiunse continuando a guardarmi.
Io annuii, anche se non ero convinto di quello che mi aveva appena detto.
"E la stessa cosa vale per tua sorella".

Io rimasi fermo a guardarlo, pensando dentro di me che quel ragazzo era una benedizione scesa dal cielo.
Rimanemmo in silenzio per molto tempo, dopo il quale lui mi medicò la ferita. Ci spostammo, poi, sul mio letto, dove rimanemmo abbracciati dicendoci qualche parola ogni tanto.

Solo qualche ora dopo Jimin si alzò dicendo che doveva tornare a casa da sua madre.
Io annuii, dicendogli che ci saremmo visti il giorno dopo o quando era libero, insomma.
Lui mi fece un sorriso di circostanza, dirigendosi verso la porta d'ingresso di casa mia.

Aprì la porta, ma, poco prima di andarsene, mi disse le seguenti parole: "Ah, lunedì, comunque, all'università ci vieni insieme a me. Ti passo a prendere in macchina. Ed entreremo mano nella mano, mostrando a tutti che non ce ne frega niente di quello che pensano".
Un sorriso sincero mi spuntò sul volto all'istante al solo pensiero di quel momento.
"Va bene. Ciao" aggiunsi in tono sereno.
"Ciao, Kook" rispose lui prima di uscire dalla porta e chiuderla dietro di sè.

Non appena rimasi da solo presi un grande respiro e tornai a distendermi sul letto, consapevole del fatto che mi era rimasta una sola persona su cui poter fare affidamento.
Ero parecchio spaventato. Ma, allo stesso tempo, ero così felice che questa persona fosse Jimin che non riuscivo a smettere di essere almeno un po' contento.

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