5. Perchè mi sento sbagliato?

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TAEHYUNG

"Grazie di essere venuto, Yoongi. Avevo l'assoluto bisogno di parlare con qualcuno che potesse capire" dissi a quel ragazzo così timido e così comprensivo.
"Che potesse capire cosa?" mi chiese lui dopo aver bevuto un sorso dal bicchiere d'acqua che gli avevo dato.

Lo guardai con aria quasi sconsolata, ringraziandolo mentalmente per il fatto che fosse mio amico nonostante non potesse saperlo nessuno.
La prima volta che ci siamo rivolti la parola è stata quando, qualche mese prima, decisi di andare a trovare i miei nonni a Seoul e mi sedetti casualmente di fronte a lui in treno.
Per un po' di tempo rimanemmo entrambi in silenzio, sapendo chi era l'altro ma senza avere il coraggio di iniziare la conversazione per primi.

Solo dopo un po' lui si sporse verso di me e mi chiese sussurrando: "Devo far finta di non sapere chi sei ancora per quanto?".
Io lo guardai con aria stranita, mettendomi a ridere qualche secondo più tardi.

Fu in questo modo che la mia amicizia con Yoongi iniziò.

Mentre ero a Seoul lui iniziò a seguirmi su Instagram e, poche ore dopo, eravamo già che conversavamo in direct, rendendoci conto che saremmo anche tornati a casa lo stesso giorno.
Quel giorno arrivò in fretta e facemmo il viaggio di ritorno insieme, scambiandoci i rispettivi numeri di telefono ed accennando a vederci anche a Busan ogni tanto.

Solo quando posai la valigia sul pavimento della mia camera mi resi conto che, sebbene quel ragazzo fosse simpatico da morire, nessuno poteva sapere che eravamo amici, altrimenti Jin avrebbe dato di matto.
Fu per questo che ignorai i suoi messaggi, le sue chiamate ed i suoi sguardi all'università, fino a quando lui non si presentò davanti a casa mia, chiedendomi spiegazioni.
Spiegazioni che io gli diedi. Mi sono sentito uno schifo a dovergli dire che la nostra amicizia doveva rimanere una cosa segreta perchè Jin lo odiava. O, meglio, odiava il fatto che fosse gay.

Mi aspettavo di ricevere insulti come risposta, ma, invece, Yoongi mi guardò con aria comprensiva e disse che non era un problema mantenere la nostra amicizia una cosa segreta, ma che, almeno, avrei dovuto dirgli subito la verità.
E così il mio rapporto con Yoongi iniziò a limitarsi ad un ignorarci completamente in pubblico ed un gran divertirsi quando sapevamo che nessuno ci poteva vedere. 

Eppure non sarei potuto essere più grato a quel ragazzo per aver capito tutta la situazione, decidendo di restare mio amico lo stesso.

"Ehy, ci sei? Dalla tua faccia sembra che sia qualcosa di terribile" mi chiese lui all'improvviso risvegliandomi dai miei pensieri.
Io lo guardai con un'espressione non ben codificabile in volto, fin quando non mi feci forza ed iniziai a parlare.

"Allora...è da un paio di mesi che sento di provare una cosa, ma non l'ho detto a nessuno perchè da un lato volevo essere sicuro che fosse una cosa reale, mentre dall'altro volevo credere che non lo fosse.
Non appena mi sono accorto di questa cosa mi sono sentito malissimo, e continuavo a ripetermi che non era vero e che non poteva succedere a me.
Ma ora, a distanza di mesi, mi sono reso conto che la cosa che provo è reale...e questo comporta parecchi problemi".

Mi fermai per un secondo, ma questa pausa fu un motivo sufficiente per Yoongi per prendere parola. "Di chi ti sei innamorato, Tae?" mi chiese velocemente e senza smettere di fissarmi negli occhi.
"Di...Jungkook" risposi io abbassando lo sguardo e guardandomi le scarpe da ginnastica che avevo ai piedi fino a quando non lo sentii parlare di nuovo.
"E quale sarebbe il problema?" mi domandò alzando le spalle e facendo una faccia confusa.
"Beh, tanto per cominciare Jungkook è etero" gli dissi come se la risposta a quella domanda fosse ovvia.
"Su questo non ci conterei troppo...comunque, vai avanti".
"Non lo so, sento che quello che provo è...sbagliato" gli risposi ignorando la prima parte di quello che mi aveva detto.

Lui si alzò dalla sedia della mia cucina, si avvicinò a me e mi disse: "Non provare mai più a dire una cosa del genere. Io ho convissuto per anni con questa convinzione, e questo non ha fatto altro che peggiorarmi la vita. Solo quando ho capito che amare una persona del tuo stesso sesso è una cosa naturale le cose hanno iniziato a migliorare. E non ti lascerò credere che quello che provi sia sbagliato come hanno fatto i miei genitori con me".
"Ma, allora, se questa cosa è così tanto naturale perchè mi sento sbagliato ogni volta che mi guardo allo specchio?" gli chiesi con la voce che si stava per rompere.

Yoongi si mise entrambe le mani nei capelli, iniziando a spostarsi il ciuffo da una parte all'altra della testa mentre sbuffava.
"Io e te dobbiamo fare un bel discorso, adesso" mi disse dopo qualche secondo, facendomi sedere sulla sedia di fronte a quella dove era seduto lui.
"Ti ho fatto venire qui per questo. Sapevo che mi avresti aiutato in qualche modo" gli risposi rivolgendogli il sorriso più vero che riuscivo a fare sebbene le lacrime minacciassero di scendermi dagli occhi.

Lui si sedette di fronte a me, guardandomi fisso negli occhi. "Ho capito che non mi piacevano le ragazze a quattordici anni. I miei l'avevano già capito da un pezzo, ma quando si accorsero che l'avevo capito anche io si adoperarono per farmi sentire inadeguato e sbagliato, come dici tu, in modo che tornassi "normale". Sei mesi dopo, stanco di tutto quello che facevano per farmi sentire un rifiuto umano, mi misi con una ragazza. E lei non fu nemmeno l'unica con cui andai a letto. Ce ne furono molte altre. Andavo a letto con loro perché credevo che così sarei tornato "normale" per davvero, e finalmente i miei genitori mi avrebbero accettato. Ma, per quanto cercassi di tenere i miei veri sentimenti chiusi a chiave dentro di me, le cose, giorno dopo giorno, diventarono sempre più insostenibili, fino a quando, a diciotto anni, mi resi conto che non aveva senso fingere di essere chi non ero. Iniziai a rendermi veramente conto del fatto che sono gay e capii, inoltre, che una volta accettata la cosa ci si sente talmente bene con se stessi che non si pensa più di essere sbagliati.
Così, andai dai miei genitori con tutte le mie nuove convinzioni e feci coming-out, aggiungendo anche che si dovevano vergognare per come mi avevano fatto sentire solo perché amavo qualcuno del mio stesso sesso. Mia madre capì ed iniziò ad accettarmi per com'ero, mentre mio padre non mi voleva nemmeno più vedere. Ma non mi importava, perché almeno potevo essere me stesso e non una mia copia fasulla che esisteva solo per compiacerlo.
Tae, amare non è mai sbagliato, ricordatelo. Rubare è sbagliato. Uccidere è sbagliato. Mentire è sbagliato. Ma amare è sempre giusto, in qualunque modo ed in qualsiasi situazione. Devi solo imparare ad accettarti e capire che non sei "diverso", ma sei "normale" come tutti gli etero in giro per il mondo".

Lo guardai per svariati secondi in silenzio, cercando di metabolizzare tutto quello che mi aveva detto senza mettermi a piangere per quello che aveva dovuto passare.
"Non sapevo che ti fosse successo tutto questo nella vita...".
"Di solito "tutto questo" succede ad ogni persona gay o bisessuale che ha paura di essere giudicata, insultata o picchiata per quello che è".
"Non è giusto" mormorai al nulla, rendendomi conto che persone come...me e Yoongi dovevano sperare ogni giorno di non essere picchiate per chi avevano scelto di amare.
"Lo so, ma il mondo è pieno di omofobi che credono che noi siamo la feccia della terra...come il tuo amico Jin, ad esempio".

Io rimasi in silenzio, rendendomi conto che non avrei mai potuto raccontare quello che provavo a nessuno dei miei due migliori amici: ad uno perché era di lui che ero innamorato (ovviamente senza essere corrisposto) ed all'altro perché non ne avrebbe più voluto sapere di me nemmeno dopo un milione di anni.
"Non glielo dirai mai, vero?" mi chiese Yoongi in tono allo stesso tempo deluso e comprensivo.
"Stai parlando di Jungkook o di Jin?" gli chiesi cercando di non pensarci.
"Di tutti e due in realtà".
"Non credo" gli risposi abbassando lo sguardo e sentendomi così solo.
"Sappi che se hai bisogno di una mano o di un po' di conforto per questa cosa io sono sempre qui. Devi solo chiamarmi" aggiunse lui mentre si alzava dalla sedia e mi metteva una mano sulla spalla.
"Hai già fatto abbastanza".
"In questi casi nulla è mai abbastanza. Certo, magari la mia storia ti ha aiutato a capire che quello che provi potrebbe essere giusto, ma per arrivare ad accettarti ci vorrà un po'. Ed io voglio aiutarti a farlo, perché nessuno ha aiutato me ed è stato difficilissimo farlo da solo".

Misi la mia mano sopra la sua e gli rivolsi lo sguardo più colmo di gratitudine che avevo.
In quel momento ancora non lo sapevo, ma quel ragazzo mi avrebbe cambiato la vita.

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