Marzo

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Marzo

Ormai, Drago si era più o meno abituato alla routine della sua nuova vita americana. Adesso che Luna era a casa per via delle vacanze di primavera, le aveva aumentato le sessioni di allenamento.

La mattina era lui a svegliarla. La chiamava un paio di volte dal salotto e, se lei impiegava troppo tempo a reagire, le tirava qualcosa addosso fin nel soppalco, con mira infallibile. Luna sobbalzava nel letto e scendeva, mugugnando e facendo ben attenzione a non passare troppo vicino a Drago per paura che lui le lanciasse qualcos'altro. Poi, Drago la faceva correre fino alla palestra, mentre lui ci andava in macchina, e continuava l'allenamento lì.

Quando Louisa spediva Luna in giro a fare commissioni, Drago aveva preso l'abitudine di andare con lei, seguendola come una gigantesca e taciturna guardia del corpo e prendendo al suo posto le cose dagli scaffali alti al supermercato. Luna gli trotterellava a fianco chiacchierando come una gazza, senza curarsi che Drago le rispondesse raramente e a monosillabi. Aveva imparato a interpretare il suo sguardo e capiva cosa lui stesse pensando senza bisogno che Drago lo dicesse, anche se a volte fingeva di non cogliere: come quando, in macchina, accendeva la radio, alzava il volume al massimo e cantava, ignorando deliberatamente le occhiate della serie "giuro – che - ti - ammazzo" che le lanciava Drago, al quale faceva ghiacciare il sangue il pop americano che piaceva tanto Luna. Guidava sempre lui, perché Luna – come gli confessò – in realtà non li aveva ancora compiuti, sedici anni, e non aveva ancora la patente.

- Si può sapere perché mi hai detto che avevi sedici anni se non era vero?

- Li compio a giugno. Mi manca solo qualche mese. Non è un crimine arrotondare, no?

Drago sospettò che avesse voluto sembrare più grande per non dargli un altro motivo di rifiutarsi di allenarla.

Nel frattempo, si era arreso al fatto che un lavoro non gli sarebbe piovuto dal cielo e che doveva cercarselo lui. Girava per Boston, con Luna perennemente alle costole per aiutarlo con l'inglese e mitigare, con la propria rassicurante presenza, quella terrificante di Drago quando si presentava dai suoi potenziali datori di lavoro. Purtroppo non ebbe fortuna: l'unica cosa che sapeva fare era combattere, e perfino quando andava nei locali e nei negozi per offrirsi come buttafuori veniva rifiutato. L'ultimo da cui provarono gli suggerì di rivolgersi alla mafia russa, che sicuramente avrebbe apprezzato uno come lui. Luna cercò di scavalcare il bancone e Drago dovette passarle un braccio intorno alla vita, staccarla da lì e trascinarla via in tutta fretta. Il fatto era che nessuno voleva assumere Ivan Drago, nemico pubblico dell'America.

Alla fine, Luna non aveva riportato danni alla testa, ma la costola incrinata la costrinse a star ferma per tre settimane. Quando poté riprendere l'allenamento, era marzo inoltrato, la temperatura si stava alzando, sbocciava la primavera in tutto il suo colore, e Drago aspettava Luna al varco per darle una lezione in merito alla sconfitta.

In genere, Drago non combatteva contro Luna perché non nutriva troppa fiducia sulle proprie capacità di controllo, ma in casi speciali poteva fare un'eccezione. Scaraventò Luna sul ring e le mostrò, uno per uno, quali fossero stati i suoi errori durante l'incontro con Willow Clark, in modo piuttosto doloroso per far sì che la lezione penetrasse meglio. Luna si ritrovò schiena a terra svariate volte, e ogni volta Drago le ordinava di alzarsi e la sfidava a restare in piedi e ad attaccarlo. Luna si rialzava, partiva e Drago la sbatteva giù di nuovo.

Mentre Luna annaspava a terra, lui indicò la sua gamba sinistra. – C'è qualcosa che non va nel tuo ginocchio, krapivnik.

Luna arrossì. – Niente affatto, è esattamente come l'altro. O almeno, lo era prima che tu decidessi di uccidermi.

-Eto ne pravda. Non è vero. Vedo che senti dolore quando ti giri troppo bruscamente a sinistra. E se avessi deciso di ucciderti, saresti morta. Cos'ha il tuo ginocchio?

Luna stava per rispondere, quando udirono qualcuno schiarirsi la voce dalla soglia. Si girarono entrambi e si accorsero che sulla soglia c'era un eterogeneo gruppetto, composto da alcuni membri del fight club clandestino da cui Luna era uscita così malconcia, compresa Alice.

Drago si limitò a fissarli, senza smettere di torreggiare su Luna. - Posso aiutarvi?

Fu Andy, il ragazzo con gli occhiali, a prendere la parola. – In effetti sì. Be', vede, dopo l'incontro di Willow e Luna...Ti chiami Luna, giusto? ...Siamo rimasti molto impressionati.

- Luna ha perso – disse Drago con disapprovazione.

- Sì, ma ha fatto un match piuttosto spettacolare. Così ne abbiamo parlato e ...Insomma, noi siamo tutti autodidatti. Avremmo bisogno di un allenatore vero. E abbiamo pensato a lei.

Drago fu colto alla sprovvista. – Ma anch'io ho perso il mio ultimo incontro. Adesso, tecnicamente, sono un gatekeeper. Volete davvero essere allenati da un gatekeeper?

-Sì – affermò Alice.

Drago la guardò. – Tu non hai bisogno di lezioni.

Alice sorrise. – Grazie, ma mi farebbe piacere allenarmi lo stesso con te. Ovviamente, siamo disposti a pagarti. Cinquanta dollari al mese, a testa, possono andare bene?

Drago rifletté. In effetti, cominciava a sentirsi un parassita a casa Russell. Forse non era nella posizione di rifiutare un lavoro.

Fece un cenno con la testa per indicare il locale fatiscente. – Questo posto non va bene per tenere un corso. E comunque prima devo chiedere il permesso a Max.

Era un sì. La ragazza con i denti storti s'illuminò. – Oh, ci abbiamo già parlato noi. Dice che per lui va bene, se va bene a lei. E che se rimettiamo in sesto questo posto, non gli deve pagare l'affitto.

Lavorarono sodo per tutto il weekend. Cacciarono via i ragni che si annidavano negli angoli e fecero sparire ragnatele e polvere; pulirono il pavimento fino a farlo lucidare e ritinteggiarono le pareti. Fecero una colletta e comprarono lampadine nuove, un sacco nuovo e fecero tornare il ring alla sua antica gloria. Oliarono i cardini della porta e lavarono i vetri delle finestre.

Martedì sera, Drago raccolse i primi cinquecento dollari che avrebbe dato a Louisa e inaugurò il corso. Luna, Alice ed Eveline erano le uniche ragazze; poi, oltre Andy e Jonathan – che per altro andava a scuola con Luna -, c'erano Bertrand, Gabriel, Henry e Brian, che erano quasi della stazza di Drago, il che gli permetteva, ogni tanto, di fare qualche dimostrazione senza troppi rischi per il malcapitato che gli finiva tra le mani.

Fu Brian a dire a Luna: - Tu partecipi a quel torneo che parte a settembre, vero? Anche Willow Clark.

- Spero di incontrarla – borbottò Luna. – Ho una rivincita da prendermi.

- Scherzi! – esclamò Jonathan. – Sfidare ufficialmente Willow Clark? Lei è un'istituzione a scuola. Sarebbe come bruciare la bandiera americana.

Luna ora poteva combattere contro nove avversari diversi, che lottavano in nove modi diversi, e iniziò a migliorare rapidamente.

Invitavano spesso Drago a salire sul ring con loro, ma lui rifiutava. Rimaneva seduto su una panca e li guardava combattere tra loro, o lasciava che un allievo lo sostituisse nel dare consigli e si limitava a correggere o integrare.

Quei ragazzi lo stupivano. Non erano ricchi, non erano famosi. Non biasimavano i compagni che perdevano. E non biasimavano lui per aver perso l'incontro decisivo della sua carriera. Anzi, ammiravano il lavoro che stava facendo su Luna. A nessuno importava che fosse russo e, se avevano qualche problema col fatto che avesse ucciso Apollo Creed, non lo davano a vedere. Lo rispettavano senza avere paura di lui (non troppa, almeno) e senza cercare di usarlo come avevano fatto tutti fino a quel momento.

Era una sensazione nuova. Drago scoprì che non gli dispiaceva.

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