Anche Drago vuota il sacco

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Quando Louisa tornò lucida e trovò sua figlia in casa con quattro ore di anticipo, Luna dovette confessarle di essersi fatta buttare fuori per aver steso una compagna in corridoio. Il risultato fu che, quella sera, Luna fu relegata nel suo soppalco lasciando Louisa e Drago a cenare da soli.

A differenza di quello che credeva la preside Beaufort, Louisa non pensò nemmeno per un attimo che in qualche modo fosse colpa di Drago. Evidentemente, non era la prima rissa di Luna.

- Adolescenti – sospirò sparecchiando.

- Quella non è una ragazza – affermò Drago, alzandosi per aiutarla. – È un terremoto.

Louisa rise. – Oh, sì. Ha le potenzialità distruttive di un tornado in una rimessa di roulottes.

- Si metterà nei guai.

- Si mette sempre nei guai -. Louisa gli sorrise. – Viene spontaneo, vero?

- Cosa?

- Preoccuparsi.

Drago alzò le spalle in un gesto poco compromettente, sulla difensiva, come se quella di preoccuparsi per Luna fosse un'accusa.

- Non è particolarmente ribelle, ma...È il tipo che prima agisce e poi pensa. Se pensa – continuò Louisa.

-L'ho notato – disse Drago.

Louisa lo guardò con curiosità. – Tu sei piuttosto giovane, Ivan. Dov'è la tua famiglia? In Russia?

Drago s'irrigidì. Annuì.

Louisa capì immediatamente che Drago non aveva voglia di parlarne e gli sorrise con aria comprensiva. Luna, invece, si materializzò all'istante con una tale velocità che si sarebbe pensato fosse saltata dal soppalco in salotto, invece di scendere le scale. Forse era così. Luna era agitata e impaziente. Non aveva tempo per le scale.

-Come sono i tuoi genitori? – chiese, piazzandosi su una sedia proprio di fronte a Drago.

- Luna! Torna subito da dove sei venuta, tu sei in punizione! – esclamò Louisa.

- Che differenza fa? Questa casa è così piccola che sento tutto lo stesso -. Luna appoggiò i gomiti sul tavolo.

Drago cercò di cavarsela con un: - Sono cresciuto nell'Unione Sovietica.

- E allora?

- Non immagini come sia crescere nell'Unione Sovietica?

- Non proprio.

- Non è come qui. Non è così...Libero. Non ti rende una persona morbida – disse Drago.

- Questo lo vedo – disse Luna.

- Luna! – sibilò Louisa.

Drago sorrise appena. Era rarissimo che lo facesse. – Mio padre...Ha fatto in modo che io non diventassi una persona morbida.

Non entrò nei dettagli. Non disse che il ricordo che conservava di suo padre, un ufficiale dell'Armata Rossa, era di un uomo squadrato, duro come la pietra, sempre avvolto in una nuvola di fumo di sigaretta. Drago ne sentiva ancora l'odore. Non disse come reagiva quando suo figlio manifestava i propri sentimenti. L'affetto veniva respinto, le lacrime punite. Nessuna debolezza era tollerata. Aveva impiegato poco a estirpare del tutto le emozioni da Ivan, poi aveva coltivato con cura aggressività e attitudine alla violenza. A dieci anni, l'aveva affidato a un suo amico perché lo iniziasse al pugilato. Ivan era alto e forte e aveva un talento naturale. A diciassette anni, aveva vinto l'oro alle Olimpiadi. A diciotto, era entrato nell'esercito e poi era diventato capitano di fanteria. A venti, il suo comandante aveva notato la tecnica raffinata con cui aveva massacrato di botte un commilitone e l'aveva segnalato a Koloff, in cerca di un atleta da rendere una macchina da guerra e spedire negli Stati Uniti come una bomba a orologeria. Koloff ne aveva già una così: era Ludmilla. A ventidue anni, Drago e Ludmilla, entrambi ormai famosi professionisti nelle rispettive discipline, si erano sposati. Per Drago, c'erano stati altri due anni di incontri, tutti vinti – più simili a pestaggi da manuale da parte sua su malcapitati avversari – finché Koloff non aveva ritenuto che fosse il momento di sguinzagliare Drago sul suolo americano. Dove lui aveva fallito miseramente. Ragion per cui adesso era nella cucina di una hippie a raccontare a una ragazzina la storia della sua vita per sommi capi.

-E tua madre? – chiese la ragazzina in questione.

Louisa dava loro le spalle, ma Drago sapeva che stava ascoltando.

Drago aggrottò la fronte. – Lei era...Molto buona. Troppo. Mio padre aveva paura che mi rovinasse. L'ha allontanata quando avevo...sei anni? Sette? Non ricordo. Non l'ho più vista da allora.

- Tuo padre, invece, lo senti ancora?

- Mi telefonava, ogni tanto. Non l'ha più fatto da quando Balboa mi ha battuto -. E come dargli torto? Aveva investito venticinque anni di lavoro e un sacco di soldi su di lui, e Drago aveva buttato tutto alle ortiche. Era per questo che l'avevano abbandonato tutti. Era per questo che Ludmilla se n'era andata.

Luna espresse a voce alta la propria opinione sul padre di Drago. Louisa alzò le mani e disse: - Ci rinuncio.

Drago non poteva dire di essere d'accordo con Luna, perché si trattava di suo padre. Ma il fatto che non potesse dirlo, non voleva dire che non lo fosse.

-Penso che sia solo merito di tua madre se non sei del tutto anaffettivo – continuò Luna.

Drago aggrottò la fronte. Non conosceva la parola.

- "Anaffettivo" significa che non provi sentimenti – disse Luna.

- Ti assicuro che li provo, Luna – ribatté Drago – anche se non vengo a dirlo a te.

- E infatti io ho detto che non lo sei del tutto – replicò Luna. – Anche se all'inizio lo pensavo.

Drago si limitò a uno dei suoi sguardi raggelanti, che però su Luna facevano sempre meno effetto. Era lei che si stava abituando, o lui che si stava ammorbidendo? No, no. Lui? No. Impossibile. Mai. Non doveva permetterlo. Ci mancava solo questo.

Aveva fallito. Non significava che fosse debole.

Quello, non lo sarebbe mai stato.

Si chinò verso Luna con un'aria così sinistra che Luna spinse indietro la sedia. – Ho pensato a un nuovo esercizio per migliorare la velocità – mormorò.

Luna rabbrividì.

***

-Stai scherzando – disse Luna, in piedi in mezzo alla strada, davanti alla macchina di sua madre.

Era l'alba di domenica. Non c'era in giro nessuno. Al volante, Drago girò la chiave nel quadro, fissando Luna. – Inizia a correre.

- Ma...

- Corri, o t'investo -. Mise la prima. – Per me è uguale.

A Luna bastò guardarlo in faccia per capire che faceva sul serio. Si voltò e scappò. Sentì il rombo del motore dietro di lei e scattò in avanti.

Drago aumentò gradatamente la velocità, costringendo Luna a imitarlo, facendo ben attenzione a mantenere la distanza che bastava per far pensare a Luna che le sarebbe finito addosso se lei avesse rallentato. Abbassò il finestrino e le gridò: – Più veloce!

Luna obbedì, ma era già al massimo della sua velocità. Alla fine fu costretta a rallentare e Drago inchiodò appena un attimo prima di colpirla. Luna strillò e saltò sul marciapiede. Arretrò in fretta quando Drago scese sbattendo la portiera e venne a grandi passi verso di lei. Luna indietreggiò, inciampò nel coperchio di un bidone della spazzatura e finì con le spalle contro un muretto. Non fece in tempo a evitare la manata dietro la testa.

- Kogda ya govoryu tebe bezhat' bystreye, ty bezhish' bystreye!

- In inglese, per favore! – squittì Luna cercando di sottrarsi. – Se parli in russo, fai ancora più paura del solito.

- Quando ti dico di correre più veloce, tu corri più veloce – mugghiò Drago.

- Stavi per investirmi. Non credi che l'avrei fatto, se avessi potuto?

- Torna in strada. Lo scopriamo subito.

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